Le seduzioni - Le vergini folli. Guglielminetti Amalia

Le seduzioni - Le vergini folli - Guglielminetti Amalia


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ripeteva negli angoli ogni scena.

       L'amata emersa dalle trine a spume

       e l'amante a' suoi piedi, ebbro di lei,

       si sprigionavan molli dal volume.

       Illanguidiva i suoi grand'occhi rei

       smaniosa d'amar la Bovary,

       o con la barba a punta e con i bei

       denti rideva fatuo Bel-Ami.

       Ed ecco la lettrice si trasfigura in protagonista. Che cos'è la donna vera e vivente? Una costola strappata dal fianco di Adamo. Essa è la materia plastica, nella quale la volontà mascolina si foggia la figura visibile del suo desiderio. Ester, Medea, Alceste, Lalage. Beatrice, Laura, Francesca. Ogni grande poeta ha fabbricato nella solitudine del suo sogno il simulacro dell'amore e della bellezza, perchè le donne viventi gli s'affollassero con ansia dintorno imitandone le fogge ed i modi. Sanguinaria e frodolenta affermatrice del sesso e della razza nei libri biblici, crudele dominatrice, “urna di tutti i mali„, nella primitiva immaginazione greca, sale o decade alla funzione di schiava domestica in Roma, che fila la lana incuriosa degli intellettuali splendori in cui folgoreggiano le venali nipoti di Aspasia. Le figure contraddittorie della superdonna, della sposa e della cortigiana s'incrociano ancora indecise nell'antica poesia, ma le letterature moderne si dividono nettamente il còmpito. Sorge in Italia la donna angelicata, la radiosa creatura di perfezione che “al ciel conduce„, e si chiama Beatrice, ma subito dopo s'umanizza alquanto in madonna Laura. Rimane ai tedeschi l'eredità di Giuditta, di Medea, perchè l'indomabile e perfida eroina rinasca nella Crimilde dei Nibelunghi e seicent'anni dopo generi un'intera prosapia di meravigliose criminali nell'opera di Hebbel è di Ibsen, cui non da lontano somiglia quella di Wagner. La pura e devota compagna dell'uomo soffre tessendo corone di disperata fedeltà nel dramma e nel romanzo inglese; mentre la letteratura francese, sviluppando l'esile germe che Catullo aveva deposto nelle sue tenere ed irose odicine a Lesbia civetta e bugiarda, dimentica le sottili smancerie di Gianfredo Rudel, seppellisce le taciturne e pazienti compagne dei paladini, ed elabora alla perfezione quella che per antonomasia si chiama la donna moderna: quella che Molière inventò in Climena per vendicarsi della moglie, quella che si chiama Jacqueline in De Musset e Michelle de Burne in Maupassant, che percorre col nefasto fruscìo delle sue sete la scena di mille drammi e di mille romanzi e strappa come gocce di sangue le rime al cuore di venti poeti lirici. Questa donna non ha ancora trent'anni, ma li ha quasi, è ricca ed ha un marito ricco, non è bella, ma splende di una grazia irregolare e capricciosa, non ama, ma si dà; non abbandona, ma tradisce. Non sposa e non cortigiana, non dominatrice nè schiava, ma semplicemente anarchica, essa è la donna libera nella famiglia costituita, la creazione più singolare della Francia, un incomparabile strumento di piacere, un inimitabile oggetto di lusso, un detestabile arnese di tortura. Bergeret l'ha chiamata “la parigina„. Essa è parigina di nascita ed è il segreto e palese tormento di tutte le provinciali, francesi od italiane che siano.

       Quando le donne si riconobbero in madonna Laura, ne vennero fuori i sonetti di Vittoria Colonna e di Gaspara Stampa; quando si riconobbero nelle candide spose shakespeariane, germogliarono le rime di Elisabetta Barret-Browning. Ma nessuna ebbe il coraggio di proclamarsi l'eguale di Beatrice Portinari. Ci voleva troppo orgoglio. E nessuna fin'oggi aveva osato di foggiare la sua femminilità secondo il modello della Parigina di Becque. Era anche più arduo, perchè l'orgoglio non bastava senza un'inconcepibile dose di umiltà, essendo la donna francese una creatura dell'amore e del disprezzo degli uomini.

       Ecco ora Amalia Guglielminetti. La protagonista di Notre Cœur, ma più sensuale ed ardente, è uscita dalle pagine del romanzo, è divenuta poetessa, si canta e si confessa da sè, quale Guy de Maupassant invano l'amò. Poetessa di qual valore? Evitatemi la pena di tentare una comparazione. Costei è un'artista di tale strepitosa forza che bisogna lasciarla sola.

       Le Seduzioni sono il romanzo autobiografico di questo tipo ideale di donna moderna. Romanzo senza intreccio; tutto quanto di momenti psichici, fissati in una settantina di strofe, ciascheduna di tredici versi ordinati in terzine.

       La protagonista vive nel suo sogno di folle giovinezza, solitaria e superba, senz'altra gioia fuor di quelle che ad ogni ora le finge la sua voluttuosa immaginazione. Non vale piangere, v'è la Giovinezza, sua unica amica che l'accompagna e la consola.

       Tenti la lode e mormori: — Sei bella!

       e scherzi: — Hai sui capelli una corona...

       e m'accarezzi come una sorella

       finch'io non ti sorrida: — E tu sei buona!

       Altre volte ella ha cantato pene d'amore, nei Canti della Giovinezza, nelle Vergini Folli, che attraverso l'aspra fatica del sonetto, in cui l'alunna di Vittoria Alfieri tormentava la sua cocciuta libertà subalpina desiderosa di classici freni, trasparivano i primi segni della futura perfezione. Aveva cantato la sua pura passione.

       Io piangevo così note d'amore

       come la cieca in sul quadrivio, volta

       al sole, canta il suo buio dolore

       e non s'avvede che nessun l'ascolta.

       Ora non più; non più l'amore, ma l'indifferente ed ostile desiderio. La Primavera l'ha guarita:

       Scossi da me l'antico e il nuovo danno

       e balzai, folle di desii fugaci,

       incontro al riso d'ogni bell'inganno:

       gli risi coi notturni occhi: — Mi piaci!

       Conosce ora il fascino degli occhi ignoti, che abbagliano con un vorace sguardo, conosce la gioia di mutare il vecchio laccio corroso con un nuovo laccio di fiori, e gli sguardi che son “come mani d'amanti, indugianti ignude entro un tesoro di feminee chiome„ e il silenzio adescante dei parchi solitarii e la tentazione delle gemme esposte nelle vetrine abbarbaglianti. Conosce la mano virile “lenta in ogni suo gesto, ma febbrile nella carezza quasi da far male„ e l'ebrietà dei profumi e la mollezza dei frutti rari e la frenesia del lusso e la soavità delle morbide stoffe iridate:

       So l'ombra delle piume in cui la faccia

       s'imbianca d'un languor di passione

       in cui la bocca bella, benchè taccia,

       parla parole di seduzione.

       Sente il calore soffocato delle voci che chiamano dall'ombra, l'oscura nostalgia delle sere cittadine, il piacere di sferzare l'orgoglio dell'amante, l'impura gioia di concedersi per carità. Ecco, una donna incrocia col passo lento dei due amanti la sua rapidità leggera, e li saetta di sotto il ciglio basso. Egli segue con l'occhio e col desiderio la passante, ed esclama: Com'è bella! Essa lo lascia di scatto con un gran riso “d'ilare odio e di pietà beffarda„. Conversazioni astiose, congedi improvvisi, paci torbide, gelosie iraconde, menzogne voluttuose, capricci malvagi, avventure sans lendemain, ansie per la giovinezza che fugge, ricordi trepidi della purità conventuale, convegni notturni e letture proibite, desiderii dell'ignoto e languide convalescenze, segreti intimi e sogni inconfessabili: tutto il triste ed arido ed infecondo arrovellio d'una bella donna senza religione e senza cuore passa fissato in quadri di un'accecante intensità e d'una stupefacente bellezza d'arte:

       Io non so chi tu sia: so che una sera

       noi ci gettammo l'anima negli occhi

       con l'impeto di chi brama e non spera.

       La ripigliammo cauti, quasi tocchi

       da un dubbio, e ancora la scagliammo a segno


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