Le seduzioni - Le vergini folli. Guglielminetti Amalia

Le seduzioni - Le vergini folli - Guglielminetti Amalia


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      Mi baleni negli occhi un riso eguale

      al tremore d'argento d'una stella,

      meravigliando d'ogni mio gran male.

      Tenti la lode e mormori: — Sei bella!

      e scherzi: — Hai sui capelli una corona...

      E m'accarezzi come una sorella

      finch'io non ti sorrida: — E tu sei buona!

       Indice

      l'antico pianto

      Quindi prosegua per cammini ombrosi,

      a fior di labbro modulando un canto

      che per me l'altra notte mi composi.

      Poichè talor non piango io il mio pianto,

      lo canto, e qualche mia triste canzone

      fu come il sangue del mio cuore infranto.

      Tempo fu che le mie forze più buone

      stremai in canti a' piedi d'un Signore

      che m'arse di ben vana passïone.

      Io piangevo così note d'amore,

      come la cieca in sul quadrivio, volta

      al sole, canta il suo buio dolore

      e non s'avvede che nessun l'ascolta.

      l'antico desiderio

      Seduzïone più d'ogni altra forte,

      prima d'ogni altra e più cruda fu quella

      per cui l'invito io ti sorrisi, o Morte.

      Per cui il desiderio che flagella

      la prima volta, sgomentò di muto

      stupor la mia verginità novella.

      E mi conobbi mani di velluto

      per le carezze lunghe, e per i nomi

      cari una voce dolce di lïuto.

      E sentii nella mia bocca gli aromi

      d'un frutto al morso cupido maturo.

      Ma l'acre impurità de' sensi indomi

      mortificai con il mio orgoglio puro.

      l'antico male

      Mortificai la mia anima schiava,

      ma sotto cruda sferza di sarcasmi

      l'incatenata più s'umilïava,

      più inseguiva per vane ombre fantasmi

      dolci d'amore, come chi per sete

      succosi frutti col desio si plasmi.

      E fatta a me nemica, con inquete

      pupille e voce roca e gesto asprigno

      snudavo l'ansie e le viltà segrete.

      Freddo disdegno chiuso in freddo ghigno

      m'oppose: — Donde vieni? E chi sei tu?

      Ed io invocai gemendo quel benigno

      sonno per cui non v'ha risveglio più.

      la guarigione

      Ma alle porte del ciel spiò il domani

      madonna Primavera, vïolette

      sciolte recando nelle cave mani.

      E colei che soffriva si godette

      un poco di quel riso mattinale

      che vestiva di fior tutte le vette.

      E un'erba o un fiore buono pel suo male,

      mossa a pietà, la bella maliarda

      forse le insinuò sotto il guanciale.

      Come un'inferma in cui vita riarda

      a poco a poco, io errai quasi leggiera

      per gli orti rosa, quasi già gagliarda

      cantando: — Grazie, monna Primavera!

      incertezze

      Pure, ancora di qualche trafittura

      tremavo, a guisa di convalescente

      ch'ogni indizio del suo male impaura.

      Non ben certa di me, trepidamente,

      il mio silenzio intimo ascoltando,

      mi premevo sul cuor le mani intente.

      M'indagai, mi scrutai, mi dolsi, e quando

      m'avvidi in qual tenacità d'affanno

      esasperavo un dubitar sì blando,

      scossi da me l'antico e il nuovo danno

      e balzai, folle di desii fugaci,

      incontro al riso d'ogni bell'inganno,

      gli risi coi notturni occhi: — Mi piaci!

       Indice

      l'ingannatore

      Bevvi a piccoli sorsi la menzogna,

      come un filtro che induce fantasie

      fascinatoci al cuore di chi sogna.

      In ogni cosa io scoprii malie

      nuove. Talvolta perseguii la traccia

      di un dolce incanto per malcerte vie.

      Non riguardai l'ingannatore in faccia,

      per non tremar di oscura diffidenza

      nell'amoroso cerchio di sue braccia.

      Quegli blandiva: — Niuna sapienza

      che insegni vale un bel gioco che finga.

      E mi versava in cuore una sua essenza

      fatta d'ombra, d'amore e di lusinga.

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