Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire. Belgioioso Cristina

Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - Belgioioso Cristina


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ed i catturati erano pressochè tutti assassini di molte vittime, esseri che dell'umana natura conservavano appena l'aspetto, e questo ancora corrotto e degradato. — Non parlerò della strana ostinazione colla quale i Messinesi inviarono per tre volte al Parlamento il contumace Mazzini sebbene dal Parlamento stesso avvertiti della illegalità di tale elezione. — Non parlerò degli ultimi fatti di Palermo in cui un popolo ferocemente fanatico ed istigato dallo spirito di vendetta che disonora pur troppo una gran parte di quel clero ignorante e sensuale, commise delle atrocità che non mi regge il cuore di descrivere; ma osserverò soltanto che un popolo il quale si vale della recentemente acquistata libertà, per assimilarsi alle fiere, ha bisogno di una rigorosa tutela, e di severe repressioni.

      Pure anche in mezzo a sì luttuose scene, ed a così colpevoli eccessi, il naturale facile al progresso, e l'ingegno aperto agli insegnamenti morali e civili, si scorge chiaramente nel popolo Siciliano. — La vigliaccheria non è un vizio in cui lo trascinano gli altri molti vizii di cui è preda. — Tutti gli uffiziali che ebbero sotto gli ordini loro dei soldati Siciliani, li dichiarano valorosi, e riconoscono altresì che l'indole loro, cupa dissimulata e crudele, si dirada e si emenda sotto l'influenza della militare disciplina. — Dicono essi che il soldato Siciliano tornando alle proprie case vi porta dei germi fecondi di moralità, ed una certa quale inclinazione al bene a cui era affatto estraneo quando rivestiva per la prima volta la divisa militare.

      I soldati licenziati potranno diventare i primi maestri del vivere civile pei loro concittadini, ma se ad essi è lasciata esclusivamente la missione di civilizzare la Sicilia, l'ardua impresa non sarà compita in un secolo. — Un uomo si è distinto in Sicilia per l'ingegno, l'operosità, la moralità ed il patriottismo, e quest'uomo è oggi Prefetto di Palermo. — Ciò dimostra che il governo è ansioso di impiegare gli strumenti di civiltà che gli fornisce il paese. — Ma desso non può crearli. — Ora spetta a tutti coloro che si sentono superiori alle basse passioni del volgo e capaci di cooperare fosse pure menomamente alla riforma di uno stato sociale così miserabile e vergognoso, il concertarsi fra di essi, ed il dedicarsi a sì nobile e così sacrosanta impresa.

      Fondare delle scuole non solo pei fanciulli, ma per gli adulti altresì, ed ivi invitarli colla seduzione di insegnamenti variati e dilettevoli a cui non rimarranno a lungo indifferenti quelle nature curiose, e quelle menti accessibili ad ogni raggio di luce. — Stabilire dei piccoli centri di industrie, ove, sì gli uomini come le donne, trovino delle occupazioni poco faticose ed un guadagno equamente ripartito. — Aprire dei magazzini così detti cooperativi, in cui il compratore venga messo a parte dei profitti del venditore, e che rendino impossibile le congiure fra questi ultimi per ispogliare i primi, raddoppiando e triplicando il prezzo degli oggetti di prima necessità. — Nè vorrei si trascurasse o si sdegnasse di procurare a quelle popolazioni qualche opportuno divertimento che avesse per effetto di rasserenarne gli animi, e di ammansarne i costumi. — Insegnerei loro un po' di musica e le addestrerei a cantare dei cori, che il pubblico si recherebbe volontieri ad udire quando anche non si ammettesse se non pagando una frazione qualunque di franco, che verrebbe poi distribuita ai cantanti. — Questi tentativi, queste misure, debbono essere modificate in modo da adattarle ai variati caratteri delle popolazioni; ma qualunque istituzione avente per iscopo di occupare quelle genti, e di addolcirne i costumi senza aggiungere nuovi vizii agli antichi, sarebbe benefica, e la esperienza indicherebbe presto quali modificazioni convenisse introdurre nel piano primitivo. — Vediamo ora quali sono i progressi già eseguiti in Italia, dal 60 in poi, e quali mezzi impiegava il nostro governo per realizzarli.

      I due principali strumenti di civiltà, di cui dispone un governo posto nelle condizioni in cui trovasi il nostro, sono la costruzione di nuove strade e lo stabilimento di scuole popolari. — I governi che lo precedettero, e che avevano per unico oggetto degli atti loro il mantenersi nella autorità di cui facevano così deplorabile uso, trascuravano di proposito quei due elementi del nazionale incivilimento, e perchè avrebbero voluto circondare i loro Stati di un muro inaccessibile come quello della China, e perchè tanto la costruzione di nuove strade come lo stabilimento di nuove scuole popolari costano molto denaro. — Nelle provincie meridionali del Napoletano, siccome nella Sicilia, le strade esistevano soltanto nei conti del Ministero dei lavori pubblici; ma in fatto, il percorrere la pittoresca Calabria, era altrettanto difficile, faticoso e pericoloso, quanto il percorrere il centro dell'Affrica o dell'Asia. — Nelle parti centrali e settentrionali d'Italia la stessa condizione di cose non era possibile, e perchè non poche strade vi erano state costrutte dai precedenti governi, ed in ispecie dal Napoleonico, e perchè l'incessante concorso di forestieri, che visitano ogni anno quelle contrade, avrebbe reso impraticabile l'abbandono dei mezzi di comunicazione dai paesi loro all'Italia, o per lo meno avrebbero trasformato quell'abbandono in uno scandalo europeo. — Fu dunque mestieri che l'Austriaco si rassegnasse a lasciare alle sue provincie d'Italia il benefizio che dalle opere dei suoi predecessori ricavavano; e lo stesso fece per le scuole comunali, ch'erano istituzioni dell'imperatrice Maria Teresa, e che ebbero per effetto di mantenere i contadini lombardi in una condizione morale ed intellettuale assai meschina per vero dire, ma superiore a quella delle popolazioni rurali del rimanente d'Italia, tranne però delle toscane.

      Le ragioni medesime, che avevano indotto i sovrani assoluti d'Italia a non costruire nuove strade, e a non aprire nuove scuole, traevano il governo nostro a dotare senza frapporre indugio il paese così delle une come delle altre.

      Una circostanza speciale rendeva vie più importante pel paese nostro, che le lacune lasciate espressamente dall'Austriaco nel sistema delle nostre strade fossero colme. — Voglio dire delle strade ferrate, che cangiarono radicalmente la condizione materiale, morale, intellettuale ed economica di tutte le nazioni che le adottarono, e di cui avevano soltanto alcuni stralci, ed alcuni progetti, contro la cui esecuzione tanti ostacoli andavano mano mano sorgendo, che un secolo non sarebbe bastato ad appianarli. — La ferrovia da Milano a Venezia era terminata nel 59, ma eransi impiegati più di venti anni a costruirla. — Del rimanente, alcuni chilometri da Milano a Monza, a cui si erano aggiunti coll'andar dei tempo altri non molti chilometri che mettono a Como: ecco in che consistevano in quel tempo le ferrovie lombarde. — Il Piemonte n'era assai meglio fornito; e la toscana, anch'essa, sebbene le sue ferrovie fossero esclusivamente destinate a facilitare le relazioni e le comunicazioni dall'una all'altra città toscana, e non importasse di congiungerle con altre ferrovie delle varie provincie italiane. — Egli è bensì vero che le ferrovie toscane avrebbero potuto congiungersi soltanto con quelle dell'Italia settentrionale, o per meglio dire con quelle del Piemonte; poichè nelle provincie situate al mezzodì della Toscana le ferrovie erano tuttora limitate a pochi chilometri, i dintorni di Napoli e gli Stati pontificii serbandosi mondi da quelle abbominevoli invenzioni della scienza moderna.

      Nel 1859 tutte le provincie che formarono il regno d'Italia possedevano complessivamente 1,472 chilometri di strade ferrate, e fra queste erano comprese le ferrovie del Piemonte che ammontavano ad una gran parte di quella intera cifra. — Nel 1863 si erano aggiunti 1,287 chilometri di nuove strade ai 1,472 del 59; e noverando quelle allora in via di esecuzione, ammontavano a 4,464 chilometri; e quelle che debbono essere terminate nel 1869 non saranno al di sotto di 8,057 chilometri, cioè un terzo di più che non ne possiede la Francia e circa il triplo dell'Austria, proporzionalmente alla estensione del loro e del nostro territorio.

      Giova poi osservare che la configurazione fisica dell'Italia presenta molti ostacoli alla costruzione di ciò che chiamasi una rete di strade di ferro. — Nelle vaste pianure del Belgio e dell'Olanda, come pure in quelle della Francia, segnate unicamente da leggiere ineguaglianze del terreno, i bisogni e la convenienza delle popolazioni sono le sole circostanze che si debbono prendere in considerazione per volgere in quella o in questa direzione una ferrovia. — Ma nella Italia, ossia su quella sterminata catena di monti che si chiamano l'Apennino, e che s'estendono sino a' suoi tre litorali, difficilissima riesce l'introduzione di una ferrovia fra quelle cime e quelli abissi. — Prova ne siano le strade da Torino e da Milano a Firenze, nella costruzione delle quali, sebbene si arrischiassero salite e discese come nessuna altra ferrovia le aveva prima tentate, si dovette percorrere per lungo tratto il letto di un fiume o torrente che sia, di modo che i costruttori medesimi confessavano, che le riparazioni della ferrovia la toglierebbero per gran parte d'ogni anno alla pubblica circolazione.

      Per le strade ferrate del Napoletano, per quelle principalmente


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