Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire. Belgioioso Cristina

Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - Belgioioso Cristina


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le difficoltà saranno fors'anche maggiori; e per parlare soltanto di contrade a tutti ben note, ricorderò quanti ostacoli incontrano i costruttori delle strade che legano a Genova le sue due riviere.

      Anche in Sicilia le ferrovie in gran parte non sono costrutte; e le strade ordinarie sono in picciol numero, e senza un concetto che le leghi fra di esse e le utilizzi. — Ora però si contano in quell'isola chilometri 114,779 di strade aperte al carreggio, e se ne debbono eseguire altri 166,840. — Quanto alle ferrovie, la Sicilia già ne possiede la lunghezza di 708 chilometri: cioè 160 da Palermo a Trapani, passando per Marsala; 280 da Palermo a Catania; 145 da Messina a Catania e a Siracusa; 76 da Girgenti a Licata; e 46 da Caltanisetta a Girgenti.

      Anche le provincie napoletane posseggono a quest'ora un ricco tesoro di ferrovie; poichè queste comprendono poco meno di due mila chilometri, che si legano alle ferrovie dell'Italia centrale e settentrionale, per cui può dirsi che il problema di ravvicinare le funeste distanze che si opposero mai sempre all'unificazione d'Italia è stato sciolto nel corso degli ultimi sette anni. — Simili colossali imprese non si eseguiscono senza adequati sagrifizii; e le strade italiane, le ferrovie in ispecial modo, hanno costato e costano tuttora, in guarentigia d'interessi dei capitali impiegati dalle società, ingenti somme di denaro.

      V'ha chi biasima il nostro governo perchè si accinse senza frapporre indugio ad opere di tale immensità, ed il cui costo oltrepassava i mezzi dei quali disponeva allora. Ma vi sono delle circostanze in cui la volgare prudenza è più pericolosa della massima temerità, e coloro, che avrebbero consigliato al nostro governo di costruire lentamente ed economicamente le nuove vie di comunicazione fra le varie e distanti provincie italiane, non riflettono che tali opere dovevano necessariamente essere compite prima che si pensasse a combattere l'Austria, e a torle quella parte del nostro suolo ch'essa calpestava tuttora dopo il nostro riscatto. Chi prese parte, o fu soltanto spettatore della guerra del 66, può dire di quale vantaggio riescissero quelle ferrovie, che da una estremità della penisola all'altra portavano, in poche ore, notizie, reggimenti, artiglierìe, munizioni da guerra, ecc. ecc. — La guerra fu breve; e sebbene il successo d'ogni particolare fatto d'armi non fosse a noi favorevole, il successo finale della guerra stessa oltrepassò le nostre speranze, cosicchè non esperimentammo grandi rovesci. Ma se le cose fossero andate altrimenti, se fossimo stati costretti a ritirate forzose e rapidissime dal campo di battaglia, a cangiamenti repentini di piani, a cercare rifugio e salvezza dietro le mura delle nostre fortezze, la mancanza di strade avrebbe potuto cagionare la nostra rovina. Un governo posto a fronte di eventualità di così gran momento, deve prevedere ogni possibile accidente e star parato a combatterlo. La guerra dell'Italia contro l'Austria, fatta prima che l'Italia possedesse i mezzi di comunicazione fra le sue diverse parti, sarebbe stata una deplorabile follia, e poteva recarne incalcolabili ed irremediabili pregiudizii.

      L'Italia, sebbene abbondi di catene di altissimi monti, e possegga conseguentemente molte sorgenti, ed i vasti serbatoi che sono le nevose cime dei monti medesimi, non può comporsi un sistema conveniente di navigazione interna. — Ciò dipende in gran parte dall'altezza de' suoi monti, e dal poco spazio lasciato al declivio di essi per giungere al mare ove tendono. — Per tal modo i nostri fiumi percorrono dalla sorgente alla foce loro un breve e precipitoso cammino, spinti e risospinti di balza in balza, senza potersi mai distendere nè tranquillare le loro acque attraversando una vasta pianura, come avviene dei fiumi della Francia, dell'Inghilterra, del Belgio e di tante altre contrade; per cui questo utilissimo sostituto delle strade ordinarie e delle ferrovie, per quanto almeno concerne il trasporto delle merci, la navigazione interna dei fiumi o di canali che ne derivano, ne manca, e probabilmente ne mancherà in perpetuo. — Un parziale compenso a tanta mancanza possiamo trovarlo nella navigazione marina, detta di cabotaggio, e che ha luogo lungo le coste del nostro litorale; navigazione che presenta pochi pericoli, essendo le coste dei nostri mari piuttosto basse e piane, ed offre grandi vantaggi, per la frequenza dei porti, rade, ecc. seminati lungo le rive, che rendono l'approdo e lo sbarco dei piccoli navigli, percorrenti quei mari, facili e securi.

      Tutte le cure del nostro governo per far progredire le popolazioni italiane verso la civiltà, non furono assorte dallo stabilimento dei nuovi mezzi di comunicazione. — Le scuole popolari sono un potente istrumento di civiltà, e queste sono ora numerosissime in tutta Italia. — Già nel 1863 ne esistevano circa 30,000; e sebbene buon numero di esse fossero di creazione anteriore al 59, nelle provincie meridionali però, ed in Sicilia particolarmente, quasi tutte le scuole elementari pei due sessi sono dovute al nostro governo; e gli sono dovute in due modi: e perchè istituite da lui, e perchè sostenute quasi per intero a spese dell'erario, mentre nelle altre provincie del regno molte scuole elementari stanno a carico dei Comuni, ed altre non poche sono sostenute da doni o da lasciti privati.

      Se occorressero prove di fatto per dimostrare che tanta diffusione di luce intellettuale è cosa assai recente, basterebbe il porre a confronto di quelle 30 mila scuole il numero di analfabeti, che offuscano tanto splendore. Fra un 1,397,924 di giovinetti dai 12 ai 19 anni, cioè della età in cui dovrebbero avere terminati gli studi primarii, ed essere in grado di passare alle scuole tecniche o alle scuole secondarie, 938,637 di essi sono tuttora analfabeti, mentre 61,800 sanno leggere soltanto, e 361,725 sanno leggere e scrivere. — Speriamo che questi infelici 938,637 siano fra i nati prima del 50, ed avessero per conseguenza oltrepassata l'età in cui sogliono i fanciulli essere ammessi alle scuole primarie o comunali, quando il benefizio di codeste scuole fu largito al paese; e speriamo altresì che codesta enorme e vergognosa macchia nel nostro sole vada rapidamente impicciolendosi, e venga in breve coperta dai raggi sempre più splendidi che da esso si diffondono.

      Oltre quel numero di scuole primarie, l'Italia contava già nel 63, 81 corpi scientifici ed accademie di scienze, lettere ed arti; 200 biblioteche; 10 osservatorii astronomici; 26 osservatorii meteorologici; 13 musei di archeologia; 13 società per la conservazione e l'illustrazione dei monumenti; 12 deputazioni di storia patria; 20 istituti speciali di belle arti e di musica; 5 alte scuole di perfezionamento; 19 università col corredo di 123 licei; 452 ginnasii pubblici; 177 scuole tecniche; e 65 scuole magistrali pei due sessi; tralasciando ancora di parlare delle scuole serali e delle festive, aperte recentemente in pressochè tutti i Comuni rurali di Lombardia, alle quali concorrono spontaneamente uomini di ogni età, e dove sono loro gratuitamente insegnate dagli uomini più colti del villaggio, come sarebbero il medico, il sindaco, il maestro ed il segretario comunale, le prime nozioni di storia, di geografia, di storia naturale, ecc. ecc.

      Giova osservare che alcune delle cifre testè accennate non hanno tutta l'importanza che sembrano avere a primo aspetto. Quel gran numero di università non significa precisamente che il numero degli aspiranti all'insegnamento, che ivi si riceve, sia tale, che non bastino a contenerlo meno di 19 Università. — Questo numero, veramente smisurato, provviene dallo sminuzzamento che fece dell'Italia una agglomerazione di tanti piccoli Stati, gli uni degli altri gelosi e discordi; ognuno dei quali pretendeva di essere completo e perfetto nella sua picciolezza, possedendo ogni forma esterna di istituzioni scientifiche e letterarie, corpi insegnanti, ecc. Il Piemonte, la Liguria, la Lombardia, la Venezia, i due Ducati, il Bolognese, l'Umbria, la Toscana, e se non m'inganno il Principato di Lucca, la Sardegna, il Napoletano, la Sicilia, e non so se la repubblica di S. Marino, avevano ciascuna non meno di una Università; ed i riguardi con che il governo nostro nazionale ha creduto di dover trattare i pregiudizii autonomici delle provincie italiane sono tali, che non si è peranco accinto a ridurre questo superfluo numero di Università. — Lo stesso può dirsi verosimilmente di alcuni degli osservatorii astronomici e delle accademie letterarie, che erano considerate come un adornamento distintivo di una capitale; ed ora non si tolgono per non far sentire agli abitanti di coteste già capitali ch'essi sono decaduti da ciò che ad essi o ad alcuno di essi può sembrare una situazione assai elevata. Ma tali riguardi eccessivi non possono essere perpetuati, ed il numero degli istituti scientifici o insegnanti sarà messo in armonia coi bisogni del paese, cioè col numero degli studenti di esso.

       Certo è però che se quel prodigioso numero di Università non ha tutto il favorevole significato che gli si potrebbe attribuire, ciò non significa per nulla che debba o possa farne arrossire; e se il numero dei nostri corpi insegnanti oltrepassa i nostri bisogni, questo difetto di proporzione non è cagionato dal recente scemarsi del numero degli studenti, bensì dalle cangiate circostanze del paese, dal concentramento nazionale, dalla


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