Storia di un'anima. Ambrogio Bazzero
che un giorno rileggeremo insieme queste annotazioni, e saremo contenti, e pregheremo Iddio, sento che la castità e la mia vita ritirata non sono un castigo per me, sono un voto, una preparazione… O Lidia, mi inganno? E allora che cosa è della mia vita? Ho già 27 anni! E sento tanto bisogno d'avere al mio fianco una donna, una giovane, una sorella, una vergine! I miei anni passano! Io spero, spero, o Lidia, spero.
Che importa se per quattro anni Tu non hai risposto al mio amore: Mi hai amato, quando Ti dichiarai: «Siate felice!» e avrai cominciato ad amarmi dopo l'addio.
Oh! se sono derivate a Te sventure, io dico: «benedette sventure se possono farti ricordare di me e potessi io un giorno farti dimenticare le sventure che hai avuto e rifarti con me una vita nuova, tranquilla, anche nella nostra età matura!»
Quale incertezza!—Oh spero, e sento che Dio mi vede… Vorrei andare al Santuario di Saronno, e là affisandomi in quei due angioli purissimi di Gaudenzio che ho tanto amato, là aprire la busta e leggere il suo Nome. Così nel 1877 ho letto la sua lettera: in faccia a Dio, nella quiete, nell'ombra, nella poesia santa di un sacrario antico!—Lontano dagli amici che ridono!
Senz'aprire la busta ho voluto spiare mettendola su un vetro della finestra quello ci fosse scritto sul biglietto. C'è l'indirizzo suo… gli auguri.
Mi sento triste—Le scriverò? Uscirò dall'incertezza? Oh s'io fossi libero della mia volontà che cosa Le scriverei!—Mi viene in mente di far stampare dei pensieri, e mandarli a Lei,—E poi?—Quale tormento!
7 gennaio 1879.—Imparare una lingua difficilissima, come la tedesca, per far sentire a una fanciulla tedesca le note di un suo grande poeta (note piene di religione e di amore di patria) è un pensiero che non sarebbe venuto in capo a due su mille innamorati nel mio caso. Oh che dico?—Darle una speranza o un addio con voce dignitosa, con sì faticosa costanza, con sì nobile poesia! Mi accingerei con fiducia e lavorerei anche cinque ore al giorno, per un anno, se sapessi…. Ma in queste incertezze!
Piuttosto che vivere così combattuto desidero morire e desidero che queste mie memorie tutte siano lette da mio padre e da mia madre.
Tarsis e Ricci sono morti giovani. Oh che darebbero i loro genitori per farli rivivere? E come tutto diventa santo dopo la nostra morte!—E i miei desideri, che sono santissimi ora, diverrebbero una religione di memorie sulla mia tomba. O mia vergine, come io ho sentito l'amore puro, nobile, felice! Oh! come io ho bisogno di Iddio.
10 gennaio.—Quali incertezze sempre! Ieri sera ero deciso a mandarle il Tintoretto—quel Tintoretto che ho tanto amato!—E come mi spaventa il giudizio del mondo!
Ah potessi essere egoista e avere i mezzi di esserlo con i fatti! Essere egoista, osceno, pigro, poltrone, ghiotto, e consumare il cervello coi vizî, non coi pensieri nobili—Ma che faccio infine?—Ho riletto il mio Tintoretto e sono mestissimo! Quante illusioni e quanto amore!
11 gennaio.—Come mi spaventa il mondo! E chi è questo mondo?… Oh come sto meglio nella solitudine di Limbiate! dove non sento nemmeno questi nomi!? E il mondo dopo aver ciarlato una settimana, s'annoia, e cerca un nuovo pettegolezzo: e ad esso si dovrebbe sacrificare tutta una vita?—Ma perchè questi pensieri, con tanta evidenza?—O Lidia, come stanotte ho vegliato penosamente! Ho pensato al mio avvenire. Sono stanco di studiare, così, senza uno scopo. Eppure quando a teatro sento qualche bella cosa, santa, morale, scritta coll'anima e col cuore, mi dico:—Mi sento anch'io chiamato a fare del bene? Sì, e bene!—Bisogna combattere la nuova letteratura da postribolo. Ho pensato a fare pratica di notaio o di avvocato, e fare gli esami. Ma che carriera sarebbe per me?—Oh che tormento! E che cosa faccio?—Da un poco di giorni penso seriamente di parlare al Parravicini e farmi da lui occupare nella Congregazione di Carità. Almeno fare un po' di bene! giacchè non posso essere egoista!—Che faccio? Che farò?—Studio, studio, mi occupo a leggere operone e non elzevir, riconduco il mio pensiero al grande, al bello, al dignitoso. Ma mi annoio anche! Non ho una parola gentile che mi aiuti!
13 gennaio.—Mio Dio! come veglio penosamente la notte! Perchè questo strazio? Amo quella vergine, e sento la vita de' miei ventisette anni, vita ribollente, immensa, condensata, perchè non l'ho mai sfogata colle tremende voluttà della carne.—Amo! e devo reprimere tutto in me: e sperare, sperare vagamente, sperare…. È ben tristo quello che io penso.
No, no, non mi sento creato per questa vita nulla che conduco! no, no, no, non mi seducono le scettiche prospettive di una vita negli anni venturi… no, no!
Io amo come Dio vuole che alla mia età si ami. Io amo come la
Natura vuole che con un viscere che si chiama cuore l'uomo ami.
Una donna! un bambino!—Ecco il sogno del poeta, del credente, dell'artista, del felice, dell'infelice… dell'uomo!—Che importa a me della filosofia, di Iddio!—ammetto i bisogni della terra, e di questi bisogni faccio un tesoro di religione, una filosofia contro cui non si può lottare, un Dio che non è in cielo nè in chiesa, ma è un Dio—Amore!
* * *
—No, non sono pazzo: sono infelice, giacchè lo studio accresce i miei dolori, mi crea sempre nuove speranze che diventano sempre nuove illusioni e poi sempre nuove delusioni, giacchè non posso essere egoista come i giovani ricchi e eleganti, giacchè, coll'anima mia d'amante e col mio cuore di poeta, non potrò fare mai una carriera seria,—voglio provare a fare il bene colla mano, voglio entrare nella Congregazione di Carità, e vedere le vere miserie della folla, e soccorrerle forse anche co' miei denari! Sì, il bene!
Io mi tormento; ma ecco sento una calma, una fiducia, una speranza;—mi inginocchio….
Mio Dio! perchè mi arrabbatto tanto? Tu forse hai già preparato tutto il mio avvenire nella Tua Bontà; mi vedesti! mi vedi! mi vedrai! Io so nulla e Tu sai tutto! Io bestemmio e Tu sei e mi perdoni! O santa fiducia! Chi sa le tua fila, o Dio? E mia madre Ti prega? Che Ti dice? E Tu la ascolti? Ed io sarò felice? O Dio, io leggo il tuo Vangelo e sento che se i miei pensieri non si conformano alle sciocchezze del mondo, si accordano co' tuoi precetti santi,—io sento la gioia di amare coll'anima e d'essere casto!—E, se vuoi, fammi pure morire… morire casto, tranquillo, pensando al mio cimitero di Limbiate, alle mie soavi speranze di vita che mi lusingavano un giorno, e alla placida certezza di riposo che avrò sotterra: Oh io mi sento buono!—Sai, ho sempre pensato a Lidia davanti a quel cimitero: era un cattivo augurio o un buon augurio? Ma che volevo? che voglio? La pace!
Come ho vergogna, in faccia a mio padre, di non avere una carriera seria!
La mia vita in sei anni fu eterna e brevissima, felicissima e infelicissima: speranze, scoraggiamenti, voli, cadute a precipizio: certezze, febbri, languori, tormenti… chi può dire? oblio, anche oblio! deliri, pazzie nei sogni, nei desideri: e santa castità, e santìssimi, rossori! O Dio! ma un solo il voto: quando, febbrile, crudele, briaco, promettevo a me stesso di gettarmi fra le braccia di una femmina qualunque, e di raccontarle i miei dolori, per farmi almeno deridere da lei, per istigarmi, per istigarla, quando… No! no! «Avrai dei figli da guardare negli occhi» mi diceva una voce segreta… e sentivo che ancora al mondo c'è mia madre, e forse lei, la mia vergine!
Rileggo la lettera di Lidia! «Aimons! c'est le bonheur suprème que l'amour et j'ai aimé plusieurs fois dans ma vie avec une telle exaltation, un tel transport que j'aurais peut-étre été capable de tout sacrifier pour des personnes qui maintenant m'ont déjà oubliées!—J'ai senti en moi un besoin profond d'amour et de sacrifice! oh combien j'ai souffert quelquefois de n'avoir reçu une nature ardente!»
* * *
Torno adesso dalla Pretura. Mio Dio! Come mi spaventa il mondo reale, il mondo della prosa, dei bisogni, degli affari.—E mi chiudo nel mio studiolo: apro il mobiletto…. Oh mondo delle mie illusioni, della mia poesia, del mio cuore! Come mi sento felice!
Leggo la mia lettera a Lidia! Non è un affare, no, ma per me decide della vita nel futuro! Come sono contento d'avere espresso le mie idee, i miei cari tormenti.—Rileggerà Ella la mia lettera? E penserà?—Et