Al di là. Alfredo Oriani

Al di là - Alfredo Oriani


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       Alfredo Oriani

      Al di là

      Romanzo

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066070359

       PARTE PRIMA

       PRIMA

       CAPITOLO I

       CAPITOLO II

       CAPITOLO III

       CAPITOLO IV

       CAPITOLO V

       CAPITOLO VI

       PARTE SECONDA

       Ugo ad Anselmo

       PARTE TERZA

       CAPITOLO PRIMO

       CAPITOLO II

       CAPITOLO III

       CAPITOLO IV

       CAPITOLO V

       CAPITOLO VI

       CAPITOLO VII

       CAPITOLO VIII

       CAPITOLO IX

       CAPITOLO X

       CAPITOLO XI

       CAPITOLO XII

       CAPITOLO XIII

       PARTE QUARTA

       CAPITOLO PRIMO

       CAPITOLO II

       CAPITOLO III

       CAPITOLO IV

       CAPITOLO V

       DOPO

      AL DI LÀ

       Indice

       Indice

      Une personne de ma connaissance disait: Ie vais faire une assez sotte chose, c'est mon portrait

      Pensées. — Montesquieu.

      Siamo a Bologna, una delle città più ricche e noiose d'Italia.

      In un mattino del maggio 1875 un giovane traversava la piazza d'armi, vasto quadrato chiuso da case borghesi, verso la Montagnola, che ergendosi sovra esso in largo spianato coperto di grandi alberi, è tutto il passeggio pubblico della città. Camminava affrettatamente e il suo passo non era di uomo libero in terra libera, andatura trovata da Guerrazzi e compresa da nessuno, ma di persona preoccupata; e l'aspetto signorile malgrado gli abiti negletti. Portava il cappello e la testa addietro mostrando una fronte corrugata con un volto pallido di una tale pallidezza biliosa, più viva per la barba nerissima: e il volto era maschio di lineamenti, qua e là scorretti come alla punta del naso e alla bocca, di cui le labbra piuttosto tumide, massime il superiore, avevano una espressione di sensualità e di alterigia. Gli occhi lucevano grandi e neri, la sua cosa migliore; e la persona sviluppavasi aitante con spalle larghe e petto prominente, malgrado il difetto delle gambe lievemente curve in dentro e natanti dentro calzoni larghissimi a seconda della moda.

      Presto giunse al limite della piazza, e salendone il pendio erboso si trovò sulla Montagnola. La mattinata era stupenda, il cielo limpidissimo, il sole abbagliante, ma il luogo triste malgrado la sua destinazione e l'ora. Quegli alberi densi, tutti di una famiglia, di una forma e di un'altezza, piantati con regolarità scrupolosa, hanno un'aria da cimitero: vi si sente troppo il lavoro dell'uomo e la smania della simmetria: non una linea è spezzata nel quadro, non un colore, una gradazione almeno attenua l'impressione del loro verde appannato: il piano netto, senza una pianta o un cespuglio; e solo i fusti alti, dritti, biancastri che paiono colonne. La campagna vi è assente, e la natura e l'arte vi fanno una figura egualmente goffa, senza una fontana che mormori o una spalliera che sorrida coi fiori e parli cogli odori: nessuna statua vi ferma, appena se qualche sedile vi aspetta, come le due vasche di pietra rossa ai lati del viale sulla piazza d'armi attendono l'acqua solamente dal cielo, e si riempiono solamente colla neve nei tristi inverni. Quelle due vasche sono melanconiche e forse anco pericolose pei ragazzetti che vi giocano dintorno la sera, intanto che le mamme cicaleggiano fra loro, o le serve incaricate di vegliarli si distraggono nell'ammirare la superba montura di un sergente di cavalleria, che cavalcando gloriosamente a piedi, passa loro sulla fronte come su quella di uno squadrone di coscritti. Se invece di pretenderla a bosco, la Montagnola fosse un giardino, pochi la varrebbero, ma con quegli alberoni che stando in mezzo tolgono ogni vista d'orizzonte senza offrire comodità di colloqui, senza fiori e senza acqua, è uno dei passeggi più poveri ed antipatici.

      Al di sotto corrono le mura, divise da una strada, cui si discende per un'altra parallela, ma grande e la sola ben ombreggiata da vecchi ippocastani.

      Il giovane si fermò al parapetto di una specie di balcone, che interrompe la siepe di confine, osservando le file lontane


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