Al di là. Alfredo Oriani

Al di là - Alfredo Oriani


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comprendo il mio.

      E rise.

      Il giovane le porse il taccuino.

      — Sempre scettico?

      — Sempre.

      — Offritemi il braccio, se non vi rincresce, e camminiamo.

      — Bene! ella esclamò.

      — Che cosa?

      Indi:

      — Sicchè rinunciate all'arte?

      — Non vi pare che le mie Memorie inutili mi diano ragione?

      — Sarò sincera: alcune pagine le saltai, molte mi annoiarono, certe mi divertirono. In quel romanzo si sentiva un convulso, una smania di malato: poi qua e là sfuriate poetiche e ridicole, motti potenti e schifosi: sopratutto mi ripugnava l'affettazione del pessimismo.

      — Dunque?

      — Avanti! come scrivete: parmi che vi debba essere un certo gusto a fare un romanzo.

      — Forse: ma non a scriverlo. La felicità nell'arte è come l'amore nel matrimonio. A venti anni noi sogniamo una commedia, un romanzo come le ragazze un marito, ma queste se ne pentono appena accalappiatolo, e noi scritto il primo ci accorgiamo che il secondo sarebbe ancora più imperdonabile. Brutta malattia sognare l'immortalità sentendosi continuamente mortale, moribondo e talvolta morto per giunta!

      — L'immortalità? ecco un voto modesto...

      — Vi stupisce? eppure nulla di più comune. Non vi è donna così onesta, la quale nel suo segreto non brami di essere agognata dall'uomo che l'avvicina per quanto brutto, non artista che bene o male scrivendo non sogni l'eternità. Voltaire diceva: che se quella gente, la quale piangeva alle sue tragedie, gliele vedesse scrivere calmo e qualche volta annoiato sulla sua poltrona, le fischierebbe indispettita: se potessero conoscersi i sogni fatti sui libri che appaiono, si leggerebbe forse di più. D'altronde i romanzi sono la gran volgarità.

      — Quelli che escono in Italia?

       — Oh! di questi non parliamo, ma gli altri tutti che ci vengono dall'estero, benchè infinitamente migliori, valgono ben poco. Il giardino dell'arte, frase officiale, si è isterilito da un pezzo: i grandi vi colsero i fiori, gli altri le erbe odorose, e adesso non restano nemmeno le ortiche. Guardate, per parlare dei romanzi: tutti i generi sono esauriti, storico, intimo, di costumi, fantastico, religioso, sociale: tutte le passioni anatomizzate, disseccate che se ne potrebbe comporre un museo. Dai castelli del Medioevo ai palazzi del Risorgimento, dalle capanne delle pastorelle ai salotti delle cortigiane, tutto fu rivelato e discusso: un giorno corsari misteriosi, l'altro galeotti pentiti: ieri si voleva guarire la società, oggi la famiglia. Si è cominciato dalle donne di vita perduta, poi si è venuto a quelle di vita facile — prima è toccata alla... mi sfugge la parola, adesso si esorcizza l'adulterio: i mariti applaudono benchè un po' tardi, le signore...

      — Le signore?...

      — Le signore si annoiano e il mondo seguita innanzi. Scrivere per scrivere è fatica; per moralizzare, oltre la noia che si dà, vi è quella che si prova, e non è poca. Davvero non so come si possano leggere romanzi che si rassomigliano tutti come i racconti dei cacciatori: scappa un uccello; sparo, o casca morto o tira dritto. Due si amano — o arenano nelle secche della virtù, o affogano, direbbe un morale appendicista, nella gora della sensualità. Convenitene, contessa: è noioso.

      — Oh! e sbadigliò leggermente.

      — E poi sempre quell'uomo e quella donna.

      — Che cosa ci vorreste? Per fare all'amore come per ballare bisogna ben essere in due.

      — Ma che necessità di un uomo e di una donna? Se si balla, siamo al solito uomo stecchito dentro l'abito nero, egli stesso quasi inamidato quanto i solini che gli corazzano il collo, e alla solita donna che perde gli abiti a mezzo la vita, ambedue esemplarmente composti: se si fa all'amore, eccoci ai soliti mustacchi neri che si specchiano negli occhi azzurri.

      — Mettete dunque due uomini.

      — Due uomini! Giocheranno all'ecarté se hanno quattrini, se no si diranno delle insolenze, per fingere dello spirito.

      — Allora due donne.

      — Me lo consigliate sul serio?

      — Non vi comprendo.

      — Pur troppo non è la prima volta. E il giovane le strinse il braccio guardandola fisamente.

      — Spiegatevi meglio: aiutatemi a fare che sia l'ultima.

      — Subito: all'amante sostituisco una amante.

      — Il marito è in salvo.

      — Davvero!

       — Ma se mi pare che vi corrompiate, ella seguitò con gaiezza. Mi diventate morale... un amore femmineo, puro, delicato... Sarebbe mai per le critiche toccate al vostro Ugo?

      — Che! non mi arrendo già per una salva di moschetteria; anche i sovrani si salutano così. Poi il grido: All'immoralità! è un grido di guerra, e io non lo fuggo.

      — Sarete solo.

      — Ottimista!... Potrebbe anche darsi, ma coloro che mi fischieranno alla ribalta verranno a stringermi la mano fra le quinte, e se non verranno, tanto meglio! Del resto, il mio vero pubblico, il solo competente, questa volta sarebbero le signore belle, poetiche, sibaritiche come voi, e sono troppo signore per ammutinarsi colla virtuosa plebaglia della platea.

      — Ma dunque non sarà un amore puro?...

      Il giovane sorrise.

      — Così eccovi nuovamente infervorato a scrivere.

      — Chi ve lo dice?

      — Voi, mi sembra.

      — Discutiamo: sapete che sono avvocato. Voi mi chiedete un romanzo atteso che... permettetemi questi termini legali, il solo rimasuglio dei miei studii serii, ed io ve lo scrivo, ritenuto che...

      — Ne avete una gran voglia malgrado tutte le proteste.

       — Non vi affrettate: mi consentite un'ipotesi difficile sul vostro conto?

      — Veramente, siete avvezzo ad abusare...

      — Supponiamo che il mio romanzo vi piacesse.

      — Ebbene? ribattè la signora sorridendo cogli occhi.

      — Il romanziere potrebbe sperare altrettanto?

      La contessa, che durante il dialogo aveva avuto il tempo di cavarsi i guanti, si grattò con un'unghia, lunga e curva come il becco di un falco, una narice.

      — Non rispondete?

      — Se non l'ho ancora letto!

      — Lo leggerete.

      — Quando?

      — Neanche io ho preso la penna, ma invece vi piglio la mano.

      Si guardò attorno per vedere se erano soli, e suggellò il contratto con un bacio.

      Indi rialzando il capo con un'espressione d'ironia e di passione:

      — Madama, per questo bacio...

      — La monarchia è salvata, non è vero, signor Mirabeau?

      — Qualche cosa di meglio: spero di salvarmi io stesso.

       Indice

      E ciò che inspira ai generosi amanti

      La sua stessa beltà donna non pensa,

      Nè comprender potria. Non cape in quelle

      Anguste fronti ugual concetto.

      Aspasia. — Leopardi.

      —


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