Al di là. Alfredo Oriani

Al di là - Alfredo Oriani


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di sentimento: mentre Giorgio doveva sentire tutto intensamente; nervoso, delicato, eccessivo.

      Scomparso il falco, Giorgio tornò a sdraiarsi, e deposto il fucile sull'erba stette considerando il compagno.

      Questi si mosse.

      — Ci pensi sempre?

      — Dicevamo? rispose col tono di chi sprofondatosi in un'idea vuole rifarne il corso senza smarrire il punto cui è arrivato.

      — Ah! esclamò Giorgio sogghignando: che sei alla vigilia di scoprire la donna. Non mi hai detto che la marchesa ti è un mistero? Saperla un mistero è già qualche cosa.

      — Ma non saperne altro...

      — Massime per un innamorato.

      — Non lo sono, ribattè con asprezza.

      — Lo diventerai; si è sempre abbastanza giovani per commettere una sciocchezza; poi a quarant'anni se l'amore è più difficile in compenso è più pericoloso.

      Quegli abbassò il capo.

      — Credi, domandò dopo una pausa, che ci sia qualche cosa sotto questo invito? Quella donna vorrei capirla...

      — Non so se ti sarebbe un bene o un male. Sei alla vigilia, se già forse non l'hai scoperta, di scoprire la tua donna: comprenderla è un altro affare. Ti ho paragonato a Colombo, e insisto nel mio paragone. Invece che qui, a un miglio forse da San Mammolo, sovra una collina di Bologna, ti suppongo sopra una costa del nuovo mondo: bada che invento perchè non ci sono stato: il terreno arido ed ineguale non presenta ancora nulla di strano, di magnificamente lussurioso, di tropicale; nè alberi, nè fiori, nè animali. Il cielo è azzurro, il mare verde come in Europa; eppure nella terra, nel mare e nel cielo si sente una inesprimibile diversità di un altro mondo. A fronte ti si alza un poggio, sulla cima del quale il vento soffiando ribatte le rose di un gazuma... e al di là? ecco il mistero: l'amore. Sei alle falde, ti senti attirato e dubiti di salire: monta dunque e guarda.

      — È presto detto! monta e guarda... ma bisogna essere giovane per salire la collina, o se vi mancano le forze non rimane altro tentativo che di una corsa disperata... come di un cacciatore dietro un lepre ferito. Si potrebbe forse arrivare sulla vetta...

      — E una volta sulla vetta, se invece di un giardino ti si affacciasse una palude?

      L'altro non rispose ed egli seguitò quasi fantasticando:

      — Allora guai! perchè ridiscendere la collina sarebbe rinunciare all'orizzonte ed al sole...

      Rimasero entrambi pensierosi, ma probabilmente assorti in opposti pensieri. Giorgio guardando il cielo sembrava quasi sognare, mentre Carlo colla fronte aggrottata, il labbro inferiore fra i denti, s'agitava nella soluzione impossibile di un inevitabile problema.

      Il sole si chinava sulla collina e giù nella pianura l'ombre si allungavano bizzarramente.

      — Ci andrò, proruppe alla fine discorrendo seco stesso: non sono già un ragazzo da avere paura, nè ella è tanto dotta da confondermi. È bella, ma se ne veggono di più belle; non è vero, tu, Giorgio?

      — Che cosa?

      — Sei intrattabile colle tue distrazioni.

      — Lo so: dunque?

      — Domani ci vado.

      — Ne ero sicuro.

      — Perchè?

      — Ti ho veduto riflettere, e gli innamorati non sono mai più sicuri di cedere alla passione che quando vogliono assoggettarla.

      — Ma se ti dico di no, che non l'amo, che non è vero! ribattè l'altro indispettito.

      — Che cosa m'importa quello che dici? Tu ci pensi a questa donna, ci pensi come non pensasti mai a nessuna delle cause che ti hanno fruttato maggiormente riputazione e danaro. Che vale dissimularlo? Ti comprendo: il tuo carattere freddo, positivo si rivolta all'idea dell'amore alla tua età, nella tua posizione, ammogliato da poco, con una bella moglie e una suocera assidua (qui Giorgio sogghignò e Carlo sorrise), dell'amore con una straniera stravagante, alla quale basterà forse di fermarsi due mesi a Bologna per essere gridata un mostro da tutte le signore oneste senza virtù, disoneste senza spirito. Tu hai paura dell'amore come dell'ignoto... e vuoi sapere perchè domani andrai a pranzo dalla marchesa di Monero? per provare a te stesso che non l'ami, che la puoi sedurre a sangue freddo, e che giovandoti della tua superiorità di dotto la sedurrai — e sai ancora come si chiama questa maniera di attacco? una fuga in avanti. Ebbene, vai, Carlo: provati a lottare; una gentildonna e un avvocato, ecco un duello interessante... e poi ascoltami: se non vai domani a pranzo, ti converrà andarci posdomani a presentare le tue scuse dell'invito ricusato e a riceverne un altro.

       — Tu approvi dunque?

      — Io? no, non faccio che constatare un fatto. E tu pure, proseguì animandosi, non sfuggirai all'amore: ti si è svegliato tardi, ma pure si è svegliato. Eterna malattia della vita! amare una donna senza saperne la ragione e senza riuscire a farsi amare, perchè fra questi due mondi non vi è ponte e nessuno è stato, nè sarà mai così forte da gittarlo... Che cosa ami tu in quella donna, che ti confessi un mistero? La bellezza delle sue forme, la voluttà di tale bellezza, ma la sua anima, la sua vita no, perchè questo è appunto il mistero. Non amare di più; amala come la nave corre sul mare sempre sulla superficie, e quando la stringerai fra le braccia e la vedrai sorridere, non ti chiedere per chi sia quel sorriso: tu sarai forse per lei uno strumento, ella per te — non vi è ponte. L'amore è un solitario che abita in noi stessi, e di cui la poesia è un soliloquio: non la conosciamo, e tutti gli sforzi per indurlo a parlare o per gettarlo nelle braccia di chi chiamiamo amante costano a noi e a lui una inutile tortura. Non chiedere alle donne che ti amino e non amarle, ma sii poeta ed ama l'amore. L'arpa non sente la musica, e non ti parrebbe pazzo chi, innamorato della musica, stringesse l'arpa sul cuore? Quelli che amano una donna sono appunto così, e sono ancora più infelici che pazzi... Musica, odori, voluttà: un'arpa che ha suoni migliori, un fiore che ubbriaca col profumo, una voluttà che accarezzando il corpo solleva l'anima e addormenta l'amore in un sogno inenarrabile, ecco tutto... ma bada a non innamorarti, per Dio! innamorarsi mai.

      E rafforzò questa ultima parola con un colpo di fucile addosso ad un povero passero che passava assai fuori di tiro.

      Carlo, che vide l'uccello così lontano, non potè frenare un atto d'impazienza.

       Indice

      E avvenne una sera che Davide, levatosi in sul suo letto e passeggiando sopra il tetto della casa reale vide d'in sul tetto una donna che si lavava, la quale era bellissima di aspetto. Ed egli mandò a dimandare di quella donna.

      L. II. Samuele, C. XI.

      Un levriero dal pelo bianco e arruffato che spuntò correndo alla svolta della strada attrasse l'attenzione dei due cacciatori.

      — Bello! esclamò subito Giorgio, e lo chiamava; ma il cane, cui forse la fucilata aveva messo in orgasmo, scorrazzava guatando e cercando da ogni lato, e a un tratto s'accostò a Carlo, dimenando la coda quasi all'incontro di una vecchia conoscenza, non però tanto vicino che sembrasse stretta: e lo fissava con due occhi sfolgoranti di curiosità.

       Questi impallidì e si levò.

      Poco stante s'intese il calpestio di due cavalli al passo: il levriero scomparve d'un balzo latrando festosamente: indi ritornò, ma una donna lo seguiva tenendo un cavallo per le redini; ella si arrestò, fe' un gesto di stupore: l'avvocato impallidì, e mentre Giorgio meravigliato li guardava, comparve, una figura nera sopra un cavallo bianchissimo.

      Sarebbe stato un bel quadro: di fronte i due cacciatori col capo scoperto, ella in mezzo alta e bianca, vestita di un'amazzone nera che stringendole la vita con un corsetto dei più attillati scendeva in gonna a pieghe folte e minute da una forte ampiezza di fianchi sopra due stivali graziosi nella forma, quanto erano stupendi i piedini che calzavano: in testa invece


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