Al di là. Alfredo Oriani
verso la finestra con un braccio alla cintura.
Così Giorgio perdeva la vista dei loro volti: la notte era bruna e il doppiere rimaneva nel mezzo della camera dietro di loro.
S'intese un grosso bacio.
— Maledizione! ruggì Giorgio agitandosi sul suo ramo; ma è un'insolenza! almeno rispettassero la sensibilità dei vicini.
Ma la scena peggiorava.
— No, no, proruppe vedendoli abbandonare la finestra: bada, Carlo, che lo avrai voluto! E lasciandosi cadere penzoloni dal ramo, da quello su di un altro, senza badar al fruscio delle foglie sensibile mentre taceva il vento, scese dalla forcata e scivolò lungo il tronco. A terra si fermò, incerto di presentarsi coll'amorino o di uscire pel cancello; si decise per questo. In due salti lo toccò: era chiuso; tese l'orecchio, nessuno. Allora si mise a scavalcarlo, e come lo inforcava, si arrestò colpito da un'idea.
— Ah! la marchesa di Monero! la rivincita di Carlo!: balzò dall'altro lato e sparve nell'ombra.
Il lume brillava sempre alla finestra e il lettore può, se gli piace, risalire sull'ippocastano.
CAPITOLO III
«Caro amico,
«Ti scrivo: perchè? veramente non lo so, ma giungendo alla fine della lettera forse non lo saprai tu pure e ripetendoti questa domanda non avrai più ragione di me adesso. La testa mi gorgoglia, i miei sensi fremono ancora.
«Che penseresti tu, superiore anche nella virtù alla plebaglia borghese e che scherzi talvolta colla tua fantasia come Pericle con Aspasia, di una visione notturna, di una donna, la quale ti apparisse solamente vestita di luce e bianca, bionda, sublime si ammirasse nello specchio con tacita e solitaria voluttà; se la sua voluttà si fosse prima alzata in lamento e il lamento fosse poi scoppiato in un inno? Che penseresti, vedendola allungarsi sopra una poltrona bruna, cogli occhi socchiusi come nell'abbarbaglio di una visione fuggente e le mani tese per dirle: cedo allo splendore della tua divinità, abbasso le palpebre e schiudo le braccia, scendi e dammi un bacio? Se il petto le si sollevasse mollemente e i capelli corsi da brividi luminosi le ripiegassero la testa quasi nello spasimo di una ebbrezza insufficiente ed eccessiva?
«Questa donna mi è apparsa: mi sapresti dire che cosa ne penso, perchè l'ignoro ancora e mi è d'uopo saperlo? Stavo a cavalcioni sopra un ramo, ella in una stanza chiusa a chiave. Contemplandola ho sentito ridestarmisi nell'animo la gioventù addormentata da tanti anni.
«Una donna giovane e bella, che viene a rinchiudersi nella sua stanza solo per vagheggiarsi nuda allo specchio, prodigandosi carezze mestamente e timidamente lascive; così raffinata nella voluttà da compiacersi a coglierne le più fuggevoli espressioni sulla propria immagine e così innamorata della bellezza da adorarla per ore in sè stessa; una donna che assetata d'amore s'ubbriaca bevendo al proprio calice... ecco davvero una donna e una prepotente seduzione. Ella è innamorata di sè stessa: però questa passione deve aver deviato. Verso chi spingevasi prorompendo la prima volta dall'anima? Quale ideale conteneva, giacchè ogni passione deve avere il proprio ideale, il proprio germe di felicità, che non si svela o non scoppia se non nel suo cielo, nella sua regione?
«Ecco quanto non so.
«Tu conosci, amico, la mia opinione sulle donne; bisogna dunque che sia bella colei sulla quale deve posarsi il mio pensiero, e che brilli, perchè simile alla farfalla esso non s'innamora che della fiamma. Byron non ammetteva le donne a tavola; io le voglio solo ad istanti e che dileguino appena tramonta il sole ond'erano belle, o la stanchezza mi si appesantisce sugli occhi e sul cuore. Davvero non comprendo come si possa, nonchè la vita, trascorrere tutta una giornata con una di loro; come dopo essere salito sopra una barca soffice di fiori, abbandonandosi alla corrente di un fiume incantato, stringendosi fra le braccia un fantasma divino, per mezzo ad isole paradisiache, con dietro un palazzo di nuvole, con un vento di profumi nei capelli e un vento di poesia nell'anima: come si possa, ritornando da quelle regioni del sogno e trovandosi sopra un divano non sempre di seta, in una camera spesso plebea, in faccia ad una donna imbecille, non sentirsi tentato di fuggire e fuggire dalla finestra se chiusa la porta: non capisco come libato il vino si possa annusare la tazza, strappati i fiori odorare il fusto del mazzo. E non intendo nemmeno come bruciando dall'amore si possa andare marito in camera della moglie, amante a casa dell'amante, disoccupato nel mezzanino della cortigiana alla stessa maniera che al caffè per un gelato o alla tabaccheria per un sigaro, così accettando un'altra forma da quella che vi ha commosso e transigendo coll'ideale quando nell'ideale solamente sta il piacere, patteggiando col tempo nell'aspettare che la moglie abbia finito di pettinarsi, l'amante siasi liberata da una visita importuna e la cortigiana vi dichiari che è arrivato il vostro turno. Quando il fumo della voluttà mi sale al cervello e la febbre mi gitta addosso il suo caldo mantello, se per disgrazia sono solo corro a serrarmi nel gabinetto, socchiudo le finestre, abbasso le tende così che si faccia una tenebria indecisa, e stendendomi sul divano mi avviluppo nella mia passione, e sogno. Allora mi sento intorno un aereo fruscìo di vesti, un sibilar di capelli: e le forme stupende dei sogni mi passano davanti coprendomi di lunghi sguardi, gettandomi ineffabili sorrisi, salutandomi con gesti intraducibili. Non mi muovo: mi circondano, mi si aggirano a cerchio, mi passeggiano sul capo, s'intrecciano, compongono quadri che mai genio di artista compose più belli; si atteggiano, m'inebbriano, mi straziano. E vorrei che una forma reale fra quelle vacue s'insinuasse; vorrei udire un rumore più distinto; discernere la voluttuosa pesantezza delle carni, e mentre un alito infiammato mi lambirebbe la fronte e due braccia rotonde mi cingerebbero il collo, adagiare il capo sul guanciale di un seno. Oh! il piacere è una religione e pochi gli iniziati a' suoi santi misteri! Colui che prostituisce il momento dell'amore con una donna fredda o sconosciuta, che se la stringe fra le braccia prima che il petto minacci scoppiargli, è un infame come il poeta che vende la propria inspirazione, come la bella che discute il salario delle sue compiacenze. Siate innamorati amando; aspettate che la marea monti, il vento si levi, irrompa la tempesta e il sole la illumini, se volete godere le angoscie divine della passione. Il mio amore è un oceano, e io sono come quell'audace che salpava solo quando lo vedeva burrascoso...
«Ogni piacere deve essere in noi essenzialmente d'immaginazione: gli orientali fumano l'oppio.
«Che una donna mi commuova e la voglio subito, lei con quell'abito, con quella espressione, atteggiata di quella gioia, di quel dolore: non si schermisca, non dilazioni: via le oscenità del pudore, le goffaggini della capitolazione; o mi lasci prenderle la vita o prenda i guanti e se ne vada, o si esalti meco o si irrigidisca come il marmo, sicchè debba fuggirla come Pigmalione la statua, se Giove non si fosse per lui intenerito al miracolo. Perchè sillabare grottescamente la pagina più bella della vita invece di declamarla con entusiasmo? Perchè affibbiarsi il piviale della religione o il lucco della legge, mentre l'amore l'invoca nuda, e il pensiero le si insinua sotto le vesti e glie le slaccia, glie le strappa?
«Greco in ciò, come nel resto, voglio la bellezza nuda, ma più spiritualista del paganesimo greco, voglio nuda la nudità — vi è sempre un velo sulle carni quando tutti gli altri sono tolti: vi è un pudore che non ha d'uopo che di sè stesso per coprirsi e non arrossire più; e colei, che ho sorpresa allo specchio, era più nuda che fra le braccia di un amante, nuda come si può esserlo davanti a sè stesso in un'ora di voluttà delirante. Se ella fosse mia, io, tanto superbo, me le butterei alle ginocchia colle mani in croce, perchè mi si mostrasse un'altra volta così, e, se nol volesse, la ucciderei, e, se nol potesse, credo che la prostituirei per renderglielo più facile. No, Anselmo: finchè quel velo è fra loro, i corpi non si combaciano e le anime non si fondono: strappatelo e la passione, come Mefistofele, ve ne farà un mantello, sul quale posando i piedi veleggerete nell'infinito...
«E, profondamente scettico, quando ti scrivo non so parlarti che di donne e di amore! Tutto è inutile, filosofia, religione, incredulità: finchè la gioventù tresca col cuore e civetta colla fantasia, non cessiamo di compiacerci nelle meschinità sensuali della donna. Che giova se la ragione, appartandosi dal tumulto dei sensi e dei sogni, ripari sopra un dirupo e di là sogghignando sulle figure folleggianti pel prato dichiari la musica