Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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viene certamente a fornirmi qualche particolare, che mi sarà prezioso. Non si può intuire tutto! Occorre sapere. E lei sa, perché ha veduto. Mi dica quel che ha veduto».

      «Meraviglioso!» mormorò Patt, con ammirazione; poi scosse la testa. «Che magnifico detective americano sarebbe lei!».

      «Crede? Io dico di no. Non so neppure fumare!».

      E rise.

      «Segga e racconti miss… Patt. Mi permette, adesso, di chiamarla così?».

      «Naturalmente. Glielo permisi fin dalla prima volta, che mi parlò. Ma lei allora… era disposto a credermi addirittura l’assassina!».

      «Non ho mai pensato una cosa simile! E neppure che fosse la complice dell’assassino…».

      «Oh! Questo avrebbe avuto il diritto di sospettarlo! Ma, dunque, le dico subito che è stato Edoardo a volere che venissi da lei. Egli, quella sera che le raccontammo quanto era accaduto al Sempioncino e dopo, tacque l’episodio di Norina, per una delicatezza verso la fanciulla e verso il morto, che lei può facilmente capire. E, quando lei ci annunzio la morte di Norina, fummo troppo sconvolti tutti e due, per parlare. Ma il dottor Verga voleva venir qui subito il giorno dopo e lo avrebbe fatto, se non si fosse ammalato. Ieri, che lei lo mandò a chiamare e poi non volle vederlo, le avrebbe certamente detto tutto».

      «Capisco».

      «Sì, è semplice. Dunque, fu verso la una e mezza che Norina uscì…».

      «Prima o dopo, di quando lei e il dottore videro… o credettero vedere il senatore avviarsi verso casa in compagnia di un altro uomo?».

      «Dopo. Subito dopo».

      «Naturalmente».

      «Come?».

      «La ragazza senza dubbio stava attendendo il professore alla finestra. Lo vide arrivare… Vide che tornava in dietro… non seppe vincere la propria impazienza… e forse aveva qualche altra ragione che ignoriamo… e scese in istrada per seguirlo, e per raggiungerlo e parlargli, non appena fosse stato solo…».

      «È probabile che sia stato così. Certo è che Norina uscì dalla casa del professore poco dopo l’una e mezza… le ore le sentivamo suonare e le contavamo… e non tornò che verso le due… Fu anzi appunto, perché l’avevamo veduta tornare dopo appena mezz’ora, che io e Edoardo ci trattenemmo ancora ad aspettare per la strada fin quasi alle cinque, sicuri che il senatore rincasasse, dal momento che la ragazza era tornata…».

      «E invece non rincasò… perché lo avevano ucciso!… Ma Norina doveva aver veduto chi era l’uomo, che accompagnava il senatore e molto probabilmente vide anche il luogo dov’essi entrarono… la libreria di via Corridoni… Sì, tutto questo era chiaro nel mio spirito, anche prima; ma io ringrazio lei e il dottor Verga, per aver voluto darmene la conferma».

      «Allora, posso andarmene?» disse la giovane, che, quasi liberata da un peso, aveva ritrovato la sua sicurezza.

      «Se vuole… A rivederci domani sera».

      «Domani sera?».

      «Già. Ho bisogno che lei e il dottor Verga si trovino domani sera alle nove in via Broletto, al Circolo di Studi Psichici… L’avrei avvertita domani, ma dal momento che lei è venuta da me, glielo dico ora. Verranno?».

      «Certo verremo. Non ci ha detto, forse, lei stesso di tenerci a disposizione della Giustizia?… E non è per questo che fa piantonare la casa del mio fidanzato?».

      «Oh! Miss Drury!».

      «… Patt…».

      «Miss Patt! Grazie!».

      «Grazie a lei!».

      E l’americana uscì, sorridendo con blanda ironia.

      R

      La seduta

      Chirico era fremente.

      Il volto pallido gli si era fatto livido. Neppure se fossero andati ad annunziargli che tutti i suoi debitori erano falliti, avrebbe perduto il sangue dal viso a quel modo.

      Tutto quanto gli era stato umanamente possibile d’inventare e di opporre, per schermirsi dall’obbligo di presenziare a quella seduta, lui lo aveva inventato e obbiettato.

      Per sino d’avere la moglie gravemente ammalata.

      Ma De Vincenzi non aveva voluto sentir ragioni. «Per un paio d’ore, sua moglie potrà stare senza di lei. Mentre se non fa quanto desidero io, le faccio spiccare un mandato di cattura e, prima di sera, l’accompagno a San Vittore. Procuri di sceglier bene tra queste due alternative». Naturalmente, Chirico aveva scelto la seduta spiritica e adesso camminava concitatamente su e giù per la vasta sala di lettura del Circolo di Studi Psichici, in preda a un vero orgasmo.

      Erano le otto e mezza e la sala era vuota.

      Chirico aveva fatto in modo che lo fosse per tutta la serata. E non gli era stato difficile, del resto. Pochi era no i soci che vi convenivano e vi si attardavano e lui, che li conosceva uno a uno, aveva potuto avvertirli di astenersi dall’andare al Circolo, per quella sera.

      E alla sera, senza essere riuscito a ingoiare neppure una cucchiaiata di minestra e un boccone di carne, con grande e preoccupata meraviglia di sua moglie — la quale godeva del suo consueto ottimo appetito — era scappato in via Broletto, che non erano ancora le otto, e s’era messo ad aspettare, passeggiando pel salone.

      Il Circolo di Studi Psichici, se aveva un segretario, non aveva né fattorino, né custode. La pulizia delle quattro stanzette e del salone veniva fatta dalla portinaia detentrice altresì delle chiavi, quando il Circolo era chiuso.

      Sicché Chirico aveva aperto da sé le porte delle quattro stanzette — quella d’ingresso e le tre interne, una delle quali era il suo ufficio — che davano sul salone; aveva acceso tutte le luci e… s’era messo ad attendere uomini e avvenimenti.

      Con quel cadavere, la maledizione s’era abbattuta su lui e sopra i suoi libri. Il negozio di via Corridoni era diventato l’antro dei misteri.

      E poteva esser vero che quella sera il mistero si sarebbe squarciato e dallo spacco di esso — come di tra i due lembi di un velario, sopra un palcoscenico — avrebbe fatto la sua apparizione l’assassino?

      Chirico credeva alla materializzazione, alla trasfigurazione, alla ideoplastia, che non è altro se non il modellamento della materia vivente per opera dell’Idea. Ma si trattava di credenze teoriche, di una forma di credo spirituale. Si crede in Dio, ma se Iddio ci apparisse, materializzato, si cadrebbe a terra di colpo, uccisi da un aneurisma, che il volgo chiama accidente secco…

      Era appunto l’accidente secco, che Chirico temeva per sé quella sera, dato il caso che la signora Sorbelli fosse riuscita a far tornare nel mondo dei viventi lo spirito visibile — ectoplasma, lui poteva anche permettersi il lusso d’adoperare termini scientifici — del defunto senatore Magni.

      Ricordava uno studio dell’illustre Bozzano, del quale aveva appreso a memoria persino le parole: «Il subcosciente del medium è capacissimo di creare fluidicamente o di materializzare fantasmi animati e intelligenti di defunti a lui sconosciuti in vita, ma conosciuti da qualcuno dei presenti».

      E alla Sorbelli, per di più, lo spirito, che stava per evocare, era perfettamente conosciuto in vita!

      L’ometto si agitava. Aveva deposto il cappello, si era tolto quel suo pastrano troppo lungo. In giacca appariva ancora più miserello. Il vero tipo del gestore di un’agenzia di pegni, in un ghetto d’ebrei romano o veneziano.

      Questa volta l’avventura era tanto più grande di lui da schiacciarlo.

      Alzò le mani al soffitto e ne fermò poi una sulla testa per grattarsela.

      Che cosa avrebbe


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