Il Guerriero Sfregiato. Brenda Trim
di un antidoto. Quando l’avevano soccorsa, Jessie stava avendo le convulsioni dal dolore causato del morso di un Arcidemone, e solo qualche giorno dopo avevano capito che era stata trasformata da umana a qualcos’altro che il Reame non aveva mai visto. Si era soprannominata un Dhampiro.
“Ne dubito” commentò Gerrick. “Erano all’oscuro del nostro arrivo, e non ci avrebbero mai permesso di liberare le prigioniere senza agire se avessero saputo che saremmo venuti a salvarle. Era chiaro che non avessero intenzione di rinunciare ai loro giochini”.
“Sono d’accordo” commentò Zander posando il proprio drink. “Gli Arcidemoni erano convinti che il loro covo fosse irrintracciabile. Ad ogni modo non sarebbe una brutta idea controllare le ragazze. Il sistema di protezione di Zeum avrebbe disattivato i dispositivi, quindi sicuramente non ci troveranno, ma saranno a rischio quando se ne andranno da qui. La vera preoccupazione è il loro comportamento. Non è saggio lasciare che si aggirino liberamente per il Reame con tutta l’ira che hanno in corpo. Spero che il loro sangue ci fornisca le risposte che ci servono. La differenza tra Jessie e loro è chiara, e voglio saperne di più. Sembra che Kadir si sia accanito su Shae, e voglio parlarle per capire se sa qualcosa circa il suo piano”.
“Non riesco a immaginare che atrocità abbiano vissuto quelle ragazze”. A Jessie venne la pelle d’oca e si cinse la vita con le braccia. “Avete visto i loro colli? È come se alcune di loro siano state i loro giochini da masticare. Mi ricordo il dolore di quando mi ha morsa Azazel; bruciava come se fossi stata all’Inferno. Odio pensare che abbiano sofferto più di una volta. Per una volta vorrei essere l’unico Dhampiro al mondo”.
Gerrick strinse i pugni al petto. Il lato sinistro del collo di Shae era disseminato di cicatrici spesse. Zander aveva ragione, era chiaro che la poveretta fosse l’obiettivo frequente dei demoni, il che fece venire sete di sangue a Gerrick. Non sapeva niente di quella donna, ma non riusciva a credere che avesse fatto qualcosa per meritarsi quel tipo di trattamento.
“Jessie, non so che cos’abbiamo per le mani, ma non sei mai stata sola” la rassicurò Zander. “Ciò che mi colpisce è il fatto che nonostante l’esposizione continua al veleno dell’Arcidemone non si siano mai trasformate in Skirm”.
Gerrick ne era grato. Gli Skirm eliminavano tutto ciò che era stato l’essere umano, diventando dei tirapiedi decerebrati. E nonostante l’ira che la pervadeva, non sembrava che Shae fosse controllata da qualcuno. Ne erano una dimostrazione il suo rifiutarsi con ostinazione di arrendersi e la sua determinazione di fare appello a tutto ciò che restava di sé.
Zander proseguì. “Le ferite e la sua reazione feroce sono un’indicazione del fatto che Shae ha sofferto più di tutte, quindi potrebbe avere le risposte che cerchiamo. Dobbiamo trovare il modo di ridurre al minimo la sua rabbia e fare in modo che riesca a controllarla; è una delle mie e mi rifiuto di perderla per mano di quei bastardi”. Nemmeno Gerrick avrebbe fatto in modo che ciò succedesse.
“Zander, come vuoi che gestisca le famiglie delle umane? Non posso informarle che le loro care sono state salvate dalla prigionia solo per essere limitate nelle nostre segrete” esordì Orlando. Questi era un altro Guerriero Oscuro, ed era il loro collegamento con il mondo umano tramite il Dipartimento di Polizia di Seattle; spesso gli capitava di dover informare le famiglie circa gli sviluppi delle indagini.
“Non diremo niente fino a quando non avremo le risposte che ci servono. Non sappiamo nemmeno se sia saggio lasciarle interagire con le loro famiglie. La protezione del Reame è la priorità. L’ultima cosa che ci serve è che delle umane e delle Arpie si aggirino liberamente per la città in cerca di vendetta. Orlando, tu e Santiago procuratevi tutte le informazioni disponibili sulle loro famiglie. A proposito, dov’è Santiago?” Domandò Zander guardandosi attorno nella cucina affollata.
Gerrick si chiedeva la stessa cosa. Il Guerriero era sempre meno presente ultimamente. Attribuì la sua assenza al fatto che il muta-forma sembrava inquieto nei tempi recenti, e forse aveva bisogno di un po’ di privacy per esprimere in sicurezza il proprio lupo.
“Non lo so, se n’è andato senza dire una parola quando siamo risaliti dai sotterranei” rispose Orlando. Gerrick si accorse del modo in cui Hayden sembrava stizzito allo scambio, e si chiese se fosse tornata in atto la vecchia dinamica di potere. In passato Hayden aveva tentato di far uscire i suoi muta-forma dai Guerrieri Oscuri in quanto dimostravano lealtà a Zander piuttosto che al loro Omega.
“Non ti preoccupare per lui, Zander. Dopo la battaglia il suo lupo aveva bisogno di uscire, quindi è andato a fare una corsa” commentò Hayden, confermando il sospetto di Gerrick. Sicuramente c’era di più dietro al comportamento dei muta-forma, qualcosa di cui Gerrick era all’oscuro, ma non voleva sprecare delle energie per comprenderlo. Lo faceva infuriare il fatto che la propria mente continuasse a tornare alla rossa nelle segrete che si sarebbe svegliata dall’incantesimo da un momento all’altro.
CAPITOLO QUATTRO
Shae si svegliò; era fiacca e la sua mente era come annebbiata. Era passato fin troppo tempo da quando i demoni l’avevano nutrita con il sangue, e ne avrebbe avuto bisogno in fretta. Le avevano negato il sostentamento al punto da farla diventare feroce, e quando le avevano fornito le vittime le aveva attaccate con voracità fino a prosciugarle. I demoni e i loro tirapiedi si erano goduti lo spettacolo.
Non c’era nulla che potesse fare per modificare e controllare il proprio appetito. Tutte le volte in cui si tratteneva sentiva la spinta di Azazel nella propria testa che la sforzava a dare il peggio di sé. Prima del rapimento non avrebbe fatto del male a una mosca, mentre ora uccideva degli esseri umani innocenti.
Quando si voltò si rese immediatamente conto che c’era qualcosa di diverso. Era bello non trovarsi a tremare dal freddo ed era fantastico essere vestita. Sotto di sé non aveva il pavimento di cemento, al contrario giaceva su un materasso morbido come una nuvola. Era forse la cosa più morbida su cui si fosse mai coricata. La Dea aveva finalmente ascoltato le sue preghiere e l’aveva mandata ad Annwyn?
Quando aprì gli occhi vide un soffitto di pietra. Non era a Annwyn, ma nemmeno nella sua cella. Nell’aria non aleggiava la puzza di zolfo e di morte, né si odorava il marciume dei corpi in decomposizione. Si passò una mano tra i capelli, restando scioccata quando si rese conto che le dita scorrevano perfettamente nelle proprie ciocche setose.
Si mise immediatamente a sedere e si toccò una spalla, rendendosi conto che non era più sporca. Non aveva idea di chi l’avesse lavata, e la metteva a disagio sapere che qualcuno l’avesse toccata in modo talmente intimo mentre era addormentata; era però troppo grata di essere pulita per arrabbiarsi. Si portò una ciocca di capelli al naso e inalò il profumo fresco di shampoo floreale che ricordava il suo preferito.
Dea, si era persa il semplice lusso di farsi una doccia. I sette mesi precedenti di cattività e torture le avevano fatto dimenticare il piacere di qualcosa di talmente semplice come il lavarsi. Non era mai stata il tipo di donna a cui piacevano i caldi bagni lunghi, ma in quel momento si sarebbe immersa in una vasca per una settimana.
Il bagno avrebbe dovuto aspettare, almeno fino a quando non avrebbe capito dove diavolo si trovava e chi avrebbe ucciso per aver osato imprigionarla ancora. Quando si guardò attorno nella cella vide un muro, quindi si alzò su gambe tremanti e attraversò la stanza. Il pavimento di pietra grigia era morbido e di gran lunga più pulito dell’inferno dove era stata confinata. Notò la presenza di una doccia e di un gabinetto così come di un lavabo fornito di sapone, dentifricio e spazzolino da denti. Si affrettò a spalmare il dentifricio sullo spazzolino prima di lavarsi i denti. Chiunque l’avesse lavata non si era preoccupato di pulirle i denti e i canini, e quanto era bello farlo. Un altro lusso che le era stato negato.
Nello spazzolarsi i denti le tornarono in mente i ricordi di quando il Re e i suoi Guerrieri Oscuri avevano salvato lei e le altre. Le vennero le lacrime agli occhi quando le tornò in mente il combattimento che ne era conseguito; non era un sogno, era veramente libera dalle grinfie del demone. Aveva ormai perso le speranze di uscire viva da quella cella, e il sollievo di essersi liberata dei demoni era la sensazione più appagante che avesse mai provato.