Il Guerriero Sfregiato. Brenda Trim

Il Guerriero Sfregiato - Brenda Trim


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Shae non sapeva che cosa le fosse preso; era esplosa quando avevano detto che le avrebbero rinchiuse ancora.

      La rabbia era ancora presente, ma era qualcosa che la accompagnava da mesi. Senza contare la vibrazione nelle vene che non cessava mai. Era come sentire delle unghie grattare una lavagna, e la faceva impazzire. Aveva fatto di tutto per cercare di porvi fine, ma non aveva trovato tregua dal tormento. Aveva persino cercato di raschiarsi le braccia per liberarsi dalla sensazione, ed era stata un’infinitesima parte di ciò che aveva dovuto subire.

      Si distrasse dai pensieri inquietanti, chiedendosi cosa fosse stato delle altre donne. Sputò il dentifricio e si sciacquò la bocca prima di affrettarsi alle sbarre dove attirò l’attenzione delle altre. Sentiva le ragazze dormire, e si rese conto che il Re aveva progettato bene le segrete, in quanto non riusciva a vedere nelle altre celle.

      L’avrebbe aiutata vedere le ragazze. In cattività aveva rifiutato qualsiasi forma di connessione con le altre, tutelandosi nel caso in cui fosse stata obbligata ad affrontarle. Chiaramente non aveva avuto successo, dato che in quel momento aveva bisogno più di ogni altra cosa di sapere che stessero bene. La sua priorità era stata proteggerle, e l’aveva fatto diverse volte sacrificandosi per risparmiare la tortura di un’altra donna.

      Ritentò quando non le rispose nessuno. “Cami, Crystal, ci siete?”

      Si udì il movimento delle lenzuola prima di un sospiro di sollievo. “Shae. Oh mio Dio” esordì Cami. “Credevo che quel tizio ti avesse uccisa”.

      Le tornò in mente il paio di occhi del colore del ghiaccio, che le fecero stringere lo stomaco. Gerrick. Il mago che aveva aiutato a soccorrerle. Lo stesso che le aveva scagliato contro un incantesimo quando aveva attaccato Breslin. Provò una scarica d’ira, nonostante dovesse ammettere quanto quell’uomo fosse sexy, e si rese conto che il suo corpo reagì in modo interessante quando ripensò al sentirlo addosso. “Ha usato la magia per farmi addormentare. Sto bene. Voi come state?”

      “Siamo tutte qui e ci hanno dato dei vestiti e da mangiare”. Alla parola ‘mangiare’ lo stomaco di Shae prese a brontolare. Non mangiava del cibo vero da più di sei mesi ed era malnutrita. “Siamo terrorizzate. Beh, almeno io lo sono, ma non ci hanno fatto del male. Credo che prima o poi torni qualcuno”. Shae notò l’incertezza nel tono di voce di Cami.

      “Zander è un bravo leader e non ci farà del male, a meno che non rappresentiamo un rischio per noi stesse o gli altri. Qui sarete al sicuro. E non preoccupatevi, Zander non ci farà restare qui per sempre, userà le risorse a disposizione per aiutarci”.

      “Ci credi veramente? Ero convinta che ci avrebbero uccise e basta”. Shae comprendeva i dubbi di Cami, ma l’umana non conosceva il mondo dei soprannaturali. Non pensavano come gli umani.

      Questi ultimi costituivano una società usa-e-getta con un’elevata percentuale di divorzi, cosa che non esisteva nel Reame di Tehrex. Lì tutti nascevano con in sé una metà dell’anima del proprio Prescelto, qualcuno fatto apposta per loro, ed era impossibile tradire in ogni modo. Il tasso di fertilità nel Reame era però molto basso, quindi gli esseri soprannaturali tutelavano particolarmente i figli e le famiglie in generale. Erano stati loro a coniare il modo di dire ‘la famiglia prima di tutto’.

      Shae sosteneva che gli esseri soprannaturali fossero in grado di apprezzare totalmente ed essere completamente devoti ai loro simili; Zander, in quanto Re Vampiro, avrebbe fatto di tutto per salvarle. Era qualcosa di cui la ragazza non dubitava; l’unico aspetto che non credeva possibile era che potessero effettivamente essere salvate da loro stesse. Erano diventate delle assassine spietate e imprevedibili.

      Si rese conto che la propria fame era mutata nella sete di sangue che aveva provato solamente in cattività. Era un vampiro, ed era sempre stata in grado di controllare i propri canini, ma ultimamente erano sempre in prima fila ed era come se avessero una vita a sé. In quel momento le scesero ulteriormente pensando a nutrirsi, e la ragazza si sentiva una tigre dai denti a sciabola più che un vampiro.

      Di una cosa era certa: non avrebbe potuto nutrirsi di nessuno fino a quando la sua fame non sarebbe stata sotto controllo, altrimenti avrebbe finito per uccidere il malcapitato. Si voltò verso il suono degli stivali sugli scalini di pietra, facendosi piccola al pensiero che uno dei Guerrieri l’avrebbe vista soffrire. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato, specialmente Gerrick.

      Indietreggiò di qualche passo rispetto alle sbarre ed incrociò le braccia al petto. Nel giro di pochi secondi vide davanti a sé Zander e un’altra donna. Non erano lì per ucciderle; sarebbe stato qualcosa per cui Zander avrebbe mandato i Guerrieri, e indubbiamente quella donna non era una di loro. Non solo era stata assente durante il salvataggio, ma non portava nemmeno il simbolo dei Guerrieri Oscuri sull’avambraccio.

      “Sire” mormorò, genuflettendosi in segno di rispetto.

      “Shae. Sono contento che ti sei svegliata. Come ti senti?”

      “Molto meglio di quando mi avete trovata, ma non sono più quella di prima. Quando posso tornare a casa? Mi manca la mia famiglia e mia mamma è sicuramente preoccupata per me”.

      “Tua mamma e tutti gli altri tuoi famigliari hanno assillato i miei Guerrieri per mesi. Sono sicuro che vorrebbero vederti, ma non posso ancora lasciarti tornare a casa. Il tuo sfogo di prima è uno dei motivi. Abbiamo preso dei campioni di sangue per capire con cosa abbiamo a che fare, ma prometto che ti verrà dato tutto ciò che ti serve per farti sentire a tuo agio”.

      Strinse i denti e si trattenne dal rispondere sgarbatamente. Non sarebbe mai stata a proprio agio in una cella. Provò un bisogno impellente di cavargli gli occhi, e per quanto si ammonisse di non farlo, la sua rabbia non diminuì. L’unica cosa che la placò fu il sapere che Zander era talmente potente da ucciderla con un solo battito di ciglia, e adesso che era libera voleva vivere. “Non posso restare chiusa qui dentro. Devo uscire da questa gabbia o impazzirò”.

      “Lo capisco, ma ho una responsabilità nel confronto dell’intero Reame e degli umani. È la mia decisione finale sulla questione, e gradirei la tua cooperazione. Da parte di tutte voi, in realtà” disse riferendosi alle presenti.

      “Ma solo io mi sono comportata male. Lascia andare le altre, non devono restare qui per forza”.

      “Sai bene che non sarebbe saggio, Shae. Ognuna di voi ha sofferto le pene dell’inferno, qualcosa che non sono in grado di comprendere, ma fidatevi quando vi dico che vi lascerò andare appena sarà sicuro farlo. Jace e il team di scienziati sono al lavoro da un po’. Nessuno vi vuole vedere chiuse in queste celle”. Zander confermò i sospetti di Shae. Desiderava liberarle. La vera domanda era: sarebbe stato possibile?

      “Devi capire che sono stata colta di sorpresa al pensiero di farmi rinchiudere ancora, e sono impazzita. Non lo farò più” gli promise, ma dubitava delle proprie parole. Non poteva giurarci, per quanto sperava di essere in grado di controllare il proprio comportamento.

      “Shae, stai giocando con il fuoco, non insistere. La mia decisione è definitiva. Ci sono troppe incertezze, fine della storia. L’unico motivo per cui sono sceso è per dirti che il veleno del demone ha cambiato molte cose e una di queste è che non posso leggerti nella mente. L’unica altra volta in cui mi è successo è stato con Jessie, cioè lei” disse indicando la donna accanto a sé. “Sembra essere molto simile a te”.

      Shae restò a bocca aperta prima di avanzare verso le sbarre come se vi fosse stata attratta. Guardò Zander e poi la donna accanto a lui. Era stata talmente concentrata a parlare con Zander e cercare di modulare la propria rabbia per riconoscere qualcosa di peculiare in Jessie. E se ciò che stava dicendo il Re era vero, era sicuramente colpa del veleno del vampiro.

      Osservò con attenzione la bellissima bionda dagli occhi castani davanti a sé. Non c’erano indizi fisici su di lei a dimostrazione di ciò che stava dicendo Zander, infatti non sembrava avere cicatrici, ma in lei c’era qualcosa di famigliare.

      “È vero” commentò Jessie rispondendo alla domanda che Shae non aveva espresso a voce. “Azazel mi ha morsa e mi ha inserito un localizzatore nel fianco diversi mesi fa. Non mi dimenticherò mai la sensazione


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