Il Corsaro Nero. Emilio Salgari

Il Corsaro Nero - Emilio Salgari


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un povero uomo.

      – Sí, un povero uomo che possiede una casa, mentre io non ho nemmeno un letto, – disse Carmaux. – Ah!… vecchia volpe, tu hai paura per i tuoi denari!…

      – Non ho denari, eccellenza.

      Carmaux scoppiò in una risata.

      – Un filibustiere che diventa eccellenza!… Ma quest’uomo è il piú allegro compare che io abbia mai incontrato.

      Il vecchio lo sbirciò di traverso, però si guardò bene dal mostrarsi offeso.

      – Alle corte, – disse il Corsaro, con un tono minaccioso. – Che cosa fate voi a Maracaybo?

      – Sono un povero notaio, signore.

      – Sta bene: sappi intanto che noi prendiamo alloggio nella tua casa, finché giungerà l’occasione di andarcene. Noi non ti faremo male alcuno; bada però che se ci tradisci, la tua testa lascierà il tuo collo. Mi hai compreso?

      – Ma che cosa volete da me? – piagnucolò il disgraziato.

      – Nulla per ora. Indossa le tue vesti e non mandare un grido o metteremo in esecuzione la minaccia.

      Il notaio si affrettò ad obbedire; era però cosí spaventato e tremava tanto, che Carmaux fu costretto ad aiutarlo.

      – Ora legherai quest’uomo, – disse il Corsaro. – Stà attento che non fugga.

      – Rispondo di lui come di me stesso, capitano. Lo legherò cosí bene che non potrà fare il piú piccolo movimento.

      Mentre il filibustiere riduceva all’impotenza il vecchio, il Corsaro aveva aperta la finestra che guardava sulla viuzza, per vedere che cosa succedeva al di fuori.

      Pareva che le pattuglie si fossero ormai allontanate, non udendosi piú le loro grida; però delle persone, svegliate da quegli allarmi, si vedevano alle finestre delle case vicine e si udivano chiacchierare ad alta voce.

      – Avete udito? – gridava un omaccione che mostrava un lungo archibugio. – Pare che i filibustieri abbiano tentato un colpo sulla città.

      – È impossibile, – risposero alcune voci.

      – Ho udito i soldati a gridare.

      – Sono stati messi in fuga?

      – Lo credo poiché non si ode piú nulla.

      – Una bella audacia!… Entrare in città con tanti soldati che vi sono qui!…

      – Volevano certamente salvare il Corsaro Rosso.

      – Ed invece lo hanno trovato appiccato.

      – Che brutta sorpresa per quei ladroni!…

      – Speriamo che i soldati ne prendano degli altri da appiccare – disse l’uomo dell’archibugio. – Del legno ce n’è ancora per rizzare delle forche. Buona notte, amici!… A domani!…

      – Sí, – mormorò il Corsaro. – Del legno ve n’è ancora, ma sulle nostre navi vi sono ancora tante palle da distruggere Maracaybo. Un giorno avrete mie nuove.

      Rinchiuse prudentemente la finestra e tornò nella stanza del notaio.

      Carmaux intanto aveva frugata tutta la casa ed aveva fatto man bassa sulla dispensa. Il brav’uomo si era ricordato che la sera innanzi non aveva avuto tempo di cenare, ed avendo trovato un volatile ed un bel pesce arrostito che forse il povero notaio s’era serbato per la colazione, si era affrettato a mettere l’uno e l’altro a disposizione del capitano.

      Oltre a quei cibi, aveva scovato, in fondo ad un armadio, alcune bottiglie assai polverose, che portavano le marche dei migliori vini di Spagna: Xéres, Porto, Alicante e anche Madera.

      – Signore, – disse Carmaux, colla sua piú bella voce, rivolgendosi verso il Corsaro, – mentre gli spagnuoli corrono dietro alle nostre ombre, date un colpo di dente a questo pesce, una tinca superba di lago, ed assaggiate questo pezzo d’anitra selvatica. Ho poi scoperto certe bottiglie che il nostro notaio teneva forse per le grandi occasioni, che vi metteranno un po’ di buon umore addosso. Ah! Si vede che l’amico era amante dei liquidi d’oltre Atlantico! Sentiremo se era di buon gusto.

      – Grazie, – rispose il Corsaro, il quale però era ridiventato tetro.

      Si sedette, ma fece poco onore al pasto. Era ritornato silenzioso e triste come già lo avevano quasi sempre visto i filibustieri. Assaggiò il pesce, bevette alcuni bicchieri, poi si alzò bruscamente, mettendosi a passeggiare per la stanza.

      Il filibustiere invece non solo divorò il resto, ma vuotò anche un paio di bottiglie con grande disperazione del povero notaio, il quale non finiva di lagnarsi, vedendo consumare cosí presto quei vini che aveva fatto venire, con grandi spese, dalla lontana patria. Il marinaio però, messo di buon umore da quella bevuta, fu tanto gentile da offrirgliene un bicchiere, per fargli passare la paura provata e la rabbia che lo rodeva.

      – Tuoni! – esclamò. – Non credevo che la notte dovesse passare cosí allegramente. Trovarsi fra due fuochi e colla minaccia di terminare la vita con una solida corda al collo, e finire invece in mezzo a queste deliziose bottiglie, non era cosa da sperarsi.

      – Il pericolo non è però ancora passato, mio caro, – disse il Corsaro. – Chi ci assicura che domani gli spagnuoli, non avendoci piú trovati, non vengano a scovarci? Si sta bene qui, ma amerei meglio trovarmi a bordo della mia Folgore.

      – Con voi io non ho alcun timore, mio capitano; voi solo valete cento uomini.

      – Tu forse hai dimenticato che il Governatore di Maracaybo è una vecchia volpe e che tutto oserebbe pure di avermi in sua mano. Sai che fra me e lui si è impegnata una guerra a morte.

      – Nessuno sa che voi siete qui.

      – Si potrebbe sospettarlo e poi, hai dimenticato i biscaglini? Io credo che hanno saputo che l’uccisore di quello spaccone di conte era il fratello del povero Corsaro Rosso e del Verde.

      – Forse avete ragione, signore. Credete che Morgan ci manderà dei soccorsi?

      – Il luogotenente non è uomo da abbandonare il suo comandante nelle mani degli spagnuoli. È un audace, un valoroso e non sarei sorpreso se tentasse di forzare il passo, per far piovere sulla città una tempesta di palle.

      – Sarebbe una pazzia che potrebbe pagare cara, signore.

      – Eh!.. Quante non ne abbiamo commesse noi, e sempre o quasi sempre con esito fortunato.!

      – Questo è vero.

      Il Corsaro si sedette sorseggiando un bicchiere, poi si alzò e si diresse verso una finestra che s’apriva sul pianerottolo e che dominava l’intera viuzza. Si era messo in osservazione da una mezz’ora, quando Carmaux lo vide entrare precipitosamente nella stanza, dicendo:

      – È sicuro il negro?

      – È un uomo fidato, comandante.

      – Incapace di tradirci?…

      – Metterei una mano sul fuoco per lui.

      – Egli è qui…

      – L’avete veduto?

      – Ronza nella viuzza.

      – Bisogna farlo salire, comandante.

      – E del cadavere di mio fratello, che cosa ne avrà fatto? – chiese il Corsaro, aggrottando la fronte.

      – Quando sarà qui lo sapremo.

      – Và a chiamarlo, ma sii prudente. Se ti scorgono non risponderei piú della nostra vita.

      – Lasciate pensare a me, signore, – disse Carmaux, con un sorriso. – Vi domando solamente dieci minuti di tempo per diventare il notaio di Maracaybo.

      CAPITOLO VI. LA SITUAZIONE DEI FILIBUSTIERI SI AGGRAVA

      I dieci minuti non erano ancora trascorsi, quando Carmaux lasciava la casa del notaio per mettersi in cerca del negro che il Corsaro aveva veduto ronzare nella viuzza.

      In


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