Jolanda, la figlia del Corsaro Nero. Emilio Salgari
col capo, vedendo i filibustieri scoprirsi rispettosamente.
«Andiamo, signora» disse Carmaux, ringuainando la spada. «Il capitano ci aspetta».
Il circolo si aperse. Carmaux e Wan Stiller si diressero verso il palazzo del governatore, dove Morgan aveva preso alloggio.
Anche colà i filibustieri avevano, secondo la loro abitudine, tutto devastato, colla speranza di trovare oro e denaro nascosti.
I mobili erano stati fracassati, le tappezzerie lacerate, i soffitti sfondati e sgretolati, e sollevate perfino le lastre di pietra dei pavimenti.
Carmaux, che conosceva il palazzo, avendo preso parte al saccheggio compiuto vent’anni prima dai filibustieri dell’Olonese, del Corsaro Nero e di Michele il Basco, condusse la fanciulla in una delle sale superiori, dicendole:
«Aspettatemi qui, signora, e tu Wan Stiller, mettiti di guardia alla porta e impedisci a tutti l’entrata. Vado a cercare il capitano».
Morgan si trovava nell’ampia sala del Consiglio coi suoi ufficiali, tutti occupati a far chiudere in casse il denaro, l’oro e le pietre preziose, frutto del saccheggio.
Vedendo entrare Carmaux, che non aveva più veduto dal mattino, ma che era stato avvertito come si trovasse sulle traccie della figlia del Corsaro Nero, gli mosse sollecitamente incontro, chiedendogli premurosamente:
«Nulla, è vero?»
«L’abbiamo trovata».
«Jolanda di Ventimiglia!…» esclamò Morgan trasalendo.
«È qui».
«Tu sei un uomo meraviglioso, Carmaux. Avrai doppia parte nella ripartizione del bottino e altrettanto avrà l’amburghese.
«Conducimi da lei».
«Un momento, mio capitano. Ho appreso un segreto sul conto del governatore di Maracaybo, che la figlia del Corsaro Nero probabilmente ignora, ma che voi dovete conoscere prima di vederla».
Morgan lo condusse in un gabinetto attiguo alla sala, chiudendo la porta.
Quando Carmaux gli ebbe narrato tutto ciò che aveva appreso da don Raffaele, lo stupore dell’almirante non ebbe più limiti.
«Il conte di Medina, figlio di Wan Guld!» esclamò. «Ecco un nemico che se somiglia a suo padre, ci darà del filo da torcere e che bisogna che cada nelle nostre mani prima che noi lasciamo Maracaybo. Quella razza è implacabile nei suoi odii. Sai dove si è rifugiato?»
«Tutti lo ignorano, capitano».
«Finché egli è libero, Jolanda di Ventimiglia avrà tutto da temere da lui, se è vero che suo padre lo ha incaricato di vendicarlo anche sui discendenti del Corsaro Nero».
Rifletté un momento, poi disse:
«Dobbiamo recarci a Gibraltar senza perdere tempo. So che la squadra spagnola è stata veduta al largo di Puerto de Chimare e potrebbe, da un momento all’altro, giungere qui ed impedirci l’uscita dalla laguna. Darò ordine ai miei d’imbarcarsi oggi stesso, veleggeremo questa sera alla volta di Gibraltar. Conducimi dalla fanciulla, mio bravo Carmaux. Sono impaziente di vederla».
Rientrarono nella sala del Consiglio. Morgan conferì per qualche minuto coi suoi ufficiali, dando gli ordini opportuni, onde prima che le tenebre scendessero, gli equipaggi, i prigionieri e le ricchezze accumulate si trovassero a bordo dei legni; poi seguì Carmaux entrando nel salotto dove si trovava la figlia del Corsaro Nero.
Appena si trovò in presenza della fanciulla, un grido gli sfuggì.
«Mi sembra di vedere in voi, signora» le disse inchinandosi galantemente «il fiero gentiluomo d’oltremare».
«Siete voi il capitano Morgan?» chiese la fanciulla con voce armoniosa, fissando sul formidabile filibustiere, che empiva ormai già il mondo delle sue audaci imprese, i suoi grandi occhi neri.
«Sì» egli rispose, «Io ero il luogotenente di vostro padre, signora».
«Morgan» disse Jolanda, senza staccare un solo istante i suoi sguardi dal fiero scorridore del mare. «Quante volte ho trovato questo nome nelle memorie lasciate da mio padre! Sapete che io ho lasciato l’Europa, per venire a chiedere la vostra protezione?»
«Contro chi, signora?» chiese il filibustiere.
«Contro il conte di Medina, che mi nega i diritti indiscutibili che io ho sull’eredità di mia madre, la duchessa Honorata Wan Guld».
«Se voi, signora, prima di salpare dai porti dell’Europa, mi aveste avvertito delle vostre intenzioni, avrei lasciata la Tortue con una flotta imponente per venirvi ad incontrare all’entrata del golfo del Messico. Sarebbe bastata la notizia che la figlia del Corsaro Nero veniva a chiedere la protezione dei Fratelli della Costa, perché tutti i filibustieri della Tortue si mettessero in mare. Vostro padre, o signora, quantunque sia scomparso da molti anni, conta ancora più amici che i più famosi corsari, me compreso».
«Sì» disse la fanciulla con un sospiro. «Mio padre aveva qui, fra gli eroi del mare, ancora molti devoti camerati».
«Signora» disse Morgan con impeto. «Vi hanno usata qualche villania gli spagnoli? Parlate e, parola di Morgan, voi ne avrete pronta vendetta».
Jolanda lo guardò a lungo in silenzio, quasi sorridendo, poi disse: «No».
«Nemmeno il governatore?»
«No».
«Eppure io so che meditava di farvi sparire».
«Farni… sparire?»
«Sì, signora».
«Per qual motivo?» chiese la fanciulla con stupore.
«Ve lo dirò in un altro momento».
«Queste parole mi sorprendono. So che il governatore insisteva perché rinunciassi in favore del governo spagnolo ai miei diritti sulle vaste possessioni che appartenevano a mia madre, dopo la morte del duca, mio nonno».
«E avete rinunciato?»
«Oh, mai!…»
«Non vi ha minacciato?»
La fanciulla parve riflettere qualche istante, poi disse:
«Mi ha parlato di vendetta, che egli era stato incaricato di compiere».
«Miserabile!» gridò Morgan. «Il giaguaro voleva ingannarvi, prima di divorarvi».
«Dite?» chiese Jolanda.
«Signora, si dice che il governatore sia fuggito a Gibraltar. In questo momento i miei uomini stanno imbarcandosi per andarlo a trovare, non potendo essere io tranquillo finché quell’uomo non sarà in mia mano. Vi offro sulla mia nave, che porta il nome glorioso e temuto della invincibile Folgore che comandava vostro padre, un posto. Mi seguirete voi? Sarete sotto la protezione della bandiera dei Fratelli della Costa e nessuno potrà giungere fino a voi, se prima non ci avranno distrutti dal primo all’ultimo. Accettate?»
«Ho fede nella lealtà dei filibustieri, compagni di mio padre» rispose la fanciulla. «Capitano Morgan, io appartengo alla filibusteria».
«Venite, signora, e si provino gli spagnoli a strapparvi agli scorridori del mare della Tortue».
Capitolo decimo. Il sacco di Gibraltar
La sera stessa, la flotta corsara abbandonava Maracaybo, non lasciando in città che una piccola partita di filibustieri, incaricati di scovare gli abitanti, che dovevano trovarsi ancora in buon numero nascosti nei boschi dei dintorni, e di sorvegliare l’entrata della laguna, onde le navi spagnole già segnalate non chiudessero il passo.
Morgan sperava, come già avevano fatto diciassette anni prima il Corsaro Nero, l’Olonese ed il Basco, di sorprendere Gibraltar e di averla in sua mano senza troppa resistenza.
Sapeva che la città era risorta più bella e più ricca, in quel periodo di calma relativamente lungo e che gli spagnoli l’avevano fortificata. Era quindi quasi certo che il conte di Medina avesse trovato colà un rifugio, non essendovene altri di considerevoli, in quell’epoca, in tutta la vasta laguna