La riconquista di Monpracem. Emilio Salgari

La riconquista di Monpracem - Emilio Salgari


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– rispose la donna, malgrado le occhiate furibonde dei suoi vicini.

      – Che divisa indossavo quella sera?

      – Quella d’ambasciatore inglese.

      – È troppo! – vociò John Foster, agitando le braccia come le ali d’un molino.

      – Tacete! – disse il Sultano. – Milord, riprendete la parola.

      – Quella sera a questa signora io ho regalato un anello che brilla ancora in un suo dito. È vero?

      – Verissimo – rispose l’olandese sempre calma.

      – Voi vedete, Altezza, che queste persone si sono ingannate. Qualche altro yacht può averli assaliti e colati a fondo, guidato da un uomo che per una singolare combinazione mi rassomiglia.

      – Vi si inganna, Altezza! – gridò John Foster, che pareva lì lì per scoppiare dalla bile. – Io accuso formalmente quell’uomo di aver affondato il mio vapore e di aver portato via un personaggio che si diceva ambasciatore. Se si visitasse il suo yacht lo si troverebbe ancora.

      – Basta! – disse il Sultano. – Coi vostri urli non avete provato niente, ed io debbo credere alle parole di quella signora. Potete ora ritirarvi. —

      Yanez fece un segno a Lucy Wan Harter, affinché non uscisse col gruppo. John Foster fu l’ultimo a varcare la porta della veranda e, tendendo nuovamente il pugno verso Yanez, gli gridò:

      – Non sarò contento finché non vi avrò ammazzato. —

      Il portoghese rispose con un’alzata di spalle.

      – Voi dunque, signora, – disse il Sultano, facendola sedere alla sua tavola – affermate di aver conosciuto a Macao milord.

      – L’ho detto e lo sostengo.

      – Indossava la divisa d’ambasciatore?

      – Sì, Altezza.

      – Allora vi è qualche briccone che vi rassomiglia straordinariamente, milord, – disse il Sultano. – Vorrei scovare quell’uomo ed appiccarlo all’antenna della mia bandiera.

      – Per ora non c’è da pensarci, Altezza, – rispose Yanez. – Fatto il colpo, non sarà così stupido da ritornar qui.

      – Mi viene ora un dubbio, milord.

      – Quale?

      – Che quei naufraghi abbiano scambiata la cannoniera del rajah delle isole per il vostro yacht.

      – Lo sapremo subito. —

      Si volse verso la bella olandese che stava sorseggiando un bicchiere di champagne, e le chiese:

      – L’attacco è avvenuto di giorno o di notte, signora?

      – Di notte e molto inoltrata.

      – Chi guidava quegli uomini?

      – Un personaggio che vi rassomigliava.

      – Vedete, Altezza, che quei naufraghi mi hanno accusato a torto. Quella sera erano ciechi come talpe e, probabilmente, ubriachi, ciò che accade sovente ai marinai inglesi. Altezza, i vostri ordini per domani. Voi mi avete detto che desiderate visitare il mio yacht e fare una corsa al largo.

      – Dopo il mezzodì sarò sulla vostra nave. —

      Yanez affondò una mano nella tasca e trasse una manata di pietre preziose, le une più splendide delle altre e le depose sulla tavola, facendo sprigionare dalle loro faccettature lampi bianchi, rossi, verdi, azzurri.

      – Altezza, – disse – queste le distribuirete fra le vostre donne.

      – Dopo che mi sarò servito io – rispose il Sultano, il quale fissava le pietre con due occhi scintillanti.

      – A questo penserete voi. —

      Si alzò e porse galantemente il braccio alla bella olandese, poi, rivoltosi al Sultano soggiunse:

      – Finché quel furibondo capitano non se ne sarà andato, voi sarete mio ospite, Altezza. Quell’uomo è capace di tutto, anche di uccidervi.

      – Fortunatamente ci siete voi, milord.

      – Vi assicuro che quando comincio una battaglia non faccio nessuna economia di proiettili. Si mostri e lo calerò a fondo.

      – E farete bene a non risparmiarlo, milord.

      – Basta che lo incontri e vedrete che cannonate gli sparerò nei fianchi. Posseggo dei pezzi d’una potenza grandissima.

      – Dovreste farmene avere anche a me – disse il Sultano.

      – Chi vi minaccia?

      – Quello yacht misterioso che va, viene, affonda navi in alto mare, turba i miei sonni. Vorrei anzi farvi una proposta, milord.

      – Dite pure, Altezza. —

      – Se facessimo una corsa fino all’isola di Balaba, per mostrare a quell’insolente tirannello che ho dei pezzi così grossi da spianargli la capitale? Accettereste, milord?

      – Sì, purché mi procuriate un ottimo pilota pratico di quelle scogliere e di quei frangenti.

      – Vi manderò a bordo il mio grande ammiraglio.

      – Benissimo, Altezza.

      Faremo colazione a bordo del mio yacht, poi andremo a cacciare le rondini di mare sulle sponde di quelle isole. Si dice che siano salangane, è vero?

      – Sì, milord.

      Voi mi permettete di far tuonare i vostri pezzi contro la capitale del rajah delle isole.

      – Gliela incendieremo, Altezza.

      – Milord, buona notte. —

      Yanez aveva ridato il braccio alla bella dama bionda, la quale, pur conservando un gran sangue freddo, apparve piuttosto inquieta per le minacce di John Foster.

      – Non tremate, signora, – le disse Yanez – sono qui io a proteggervi e tengo sotto le mie mani una scorta capace di montare all’abbordaggio anche in questo momento. Quel Foster avrà da fare con me. Altezza, a domani. —

      La scorta si era messa in fila, colle carabine ad armacollo per essere più pronta a far fuoco, e con i pesanti e terribili parangs alla cintola.

      Il drappello staccò una lanterna cinese e lasciò il palazzo del Sultano, inoltrandosi attraverso le oscurissime viuzze della capitale del sultanato.

      – Grazie, signora, – le disse Yanez.

      – Di che cosa? – gli domandò la flemmatica olandese.

      – Di avermi salvato.

      – È costato così poco. Una semplice menzogna, che nessuno poteva contraddire.

      – E che, ritardata, mi avrebbe creato dei gravissimi imbarazzi col Sultano.

      – Tutto è finito bene ora, milord, ed il Sultano non vi seccherà due volte.

      – Eh, non bisogna fidarsi di questi orientali doppi e falsi. —

      Così discorrendo, sempre seguiti dalla scorta, si erano avanzati su una via piuttosto larga, fiancheggiata da un numero infinito di viuzze.

      Yanez che si teneva in guardia, aspettandosi qualche brutto tiro da parte dell’irascibile John Foster, ad un certo momento si era fermato, dicendo:

      – Passate dietro di me, signora. Attenti! —

      Delle ombre erano sbucate da un viottolo ed avevano invasa la strada.

      Dovevano essere certamente i marinai del piroscafo affondato.

      Due colpi di pistola rintronarono, squarciando coi lampi la profondissima oscurità.

      Yanez si gettò prontamente da un lato e comandò:

      – Fuoco! —

      La scorta fece una scarica, spazzando la via. Si udirono urli, bestemmie, gemiti; poi una voce minacciosa tonò in mezzo all’oscurità:

      – Cane!


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