Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1. Ali Bey
a gran passi senza alcun ordine, e senza verun segno di cordoglio. Il convoglio nell'ora della preghiera del mezzogiorno si reca alla porta d'una moschea; e terminata la preghiera l'imam avvisa che trovasi un morto alla porta: allora tutti si alzano per pregare in comune riposo all'anima del fedele credente; ma il corpo non viene introdotto nella moschea.
Terminata questa preghiera il convoglio riprende la strada, ed il corteggio cammina precipitosamente perchè l'angelo della morte aspetta l'individuo nel sepolcro per sottoporlo ad un interrogatorio, e per pronunciare il giudizio che deve decidere della sua sorte: ad ogni istante i portatori si cambiano desiderando tutti di prendere parte a quest'opera di misericordia. Lungo il cammino cantano tutti alcuni versetti del Corano sull'aria rè, ut, rè, ut.
Arrivati al cimitero depongono, dopo una breve preghiera, il cadavere nella fossa senza cassa, e steso col volto alquanto rivolto verso la Mecca, gli fanno portare la mano destra all'orecchio dello stesso lato, poscia gettando della terra sul corpo, il corteggio ritorna alla casa del defunto per complimentarne la famiglia. In questo tempo, come pure all'istante dell'agonia, e per otto giorni consecutivi, le donne della casa riunisconsi per fare urli spaventosi, che durano gran parte del giorno.
Schifosi sono i pubblici bagni di Tanger, e d'un aspetto assai meschino. Entrando per una piccola porta si scende per un'angusta scala, al di cui sinistro lato vedesi un pozzo dal quale si attinge l'acqua per servigio dello stabilimento: dall'altra banda presso ad una specie di vestibolo avvi una piccola camera. In questi due luoghi si depongono e si ripigliano gli abiti. Alla diritta del vestibolo trovasi una camera che ha l'aspetto di cantina così poco illuminata, che all'entrarvi si crederebbe affatto oscura; e su quel suolo sempre coperto d'acqua si sdrucciola con molta facilità. I più vi prendono i bagni con un secchio d'acqua calda, ed un altro di fredda, che riducono alla temperatura che loro piace, e che gettansi poc'a poco sul corpo colle mani, dopo aver adempiute le ceremonie dell'abluzione.
Coloro, che vogliono prendere i bagni a vapore, entrano in una camera posta alla sinistra, lastricata a scacchi di pezzi quadrati di marmo bianco e nero: il palco a volta ha tre lucerne circolari del diametro di quasi tre pollici coperte di vetro di diversi colori, lo che produce un buon effetto per la luce. La porta di questa camera sta sempre chiusa, e dicontro alla medesima avvi un piccolo recipiente che riceve l'acqua calda da un tubo; la fredda trovasi ne' secchi. Entrando in questa camera s'incontra un'aria soffocante che difficulta la respirazione, ed in meno d'un minuto il corpo trovasi ricoperto d'acqua, che riunendosi in grosse gocciole, scorre lungo la cute, ed un abbondante sudore tutto vi ricuopre da capo ai piedi. Si siede nel lastricato talmente caldo, che da principio sembra insopportabile, ma che presto si dissipa: si resta in questa camera seduti finchè ognun vuole; ed in appresso si fanno le abluzioni, e si lava, o si bagna il corpo. L'uscita riesce incomodissima perchè non avvi alcuna camera ove trattenersi alcun tempo prima d'esporsi all'aria libera.
Quando entrai la prima volta in questo bagno soffersi assai per l'eccessivo calore che vi si conserva; ma non tardai ad avvezzarmi, e ne riconobbi la salubrità: pure avrei desiderato maggior comodo, e meno calore. Qualunque volta v'andai, ho sempre trovato otto, dieci, ed anche più persone ignude, cosa poco decente.
Il prezzo di questi bagni monta ad una mouzouna, che gli Europei del paese chiamano blanquille, e che può rispondere press'a poco a due soldi di Francia.
Per conservare il caldo, ed il vapore del bagno, vi è un forno sotto la camera, che riscalda il pavimento; indi una caldaja dalla quale per mezzo d'un tubo che con una chiave s'apre e si chiude, a piacere si attinge l'acqua: avvi pure un altro tubo che conduce il vapore dell'acqua della caldaja. Questo vapore cresce a dismisura quando versandosi l'acqua sul pavimento caldo, ed alzandosi in vapori, carica l'atmosfera d'assai maggiore umidità, e produce sulle persone che entrano i già descritti effetti.
CAPITOLO IV
Architettura. – Moschea. – Musica. – Divertimenti. – Grida delle donne. – Scienze. – Santi.
L'attuale architettura araba mogrebina, o occidentale, non ha veruna rassomiglianza coll'architettura antica o moderna. Lungi dal trovare nell'attuale architettura mogrebina l'eleganza e l'ardire dell'antica architettura araba, si riconosce in tutte le sue opere il carattere della più grossolana ignoranza. Gli edifici sono fabbricati senza alcun piano preventivo, e quasi all'azzardo, con tanta ignoranza delle regole elementari dell'arte, che in alcune ragguardevoli case ho trovato la scala senza lume affatto; per cui dovevano tenersi sempre accesi alcuni fanali. Generalmente i vestiboli, gli atrj, le scale, sono meschinissimi anche nelle case della più grande estensione.
Ogni casa ha sempre la medesima forma, una corte quadrata con un andatojo da due, tre, ed anche da quattro lati. Avvi una camera assai stretta paralella all'andatojo, e lunga ugualmente; le camere non hanno d'ordinario alcuna apertura o fenestra, fuorchè la porta di mezzo che comunica coll'andatojo; e da ciò procede che le abitazioni sono poco ariose. I tetti sono piani, e coperti di uno strato d'argilla, come il suolo delle camere.
I muri sono fatti di sassi con cemento di calce, o di argilla, ma il più delle volte non sono che di terra grassa battuta e bagnata. Per fabbricare in questa maniera alzano delle tavole perpendicolari da ogni lato per contenere le due superficie del muro, e gettano nel centro delle medesime terra impastata coll'acqua, cui vien data la consistenza della pasta; e due uomini la battono colla mazza. Mentre lavorano cantano ordinariamente accompagnando il fracasso del loro stromento. E perchè riesce difficile il trovare grandi travi, sono costretti di far le camere ristrette onde poter costruire il tetto col piccolo legname del paese. Su questa cavriata piana si pone da prima uno strato di canna, indi un piede di terra coperta di argilla; pesante coperto che schiaccia la fabbrica, e dura pochissimo.
Le porte sono fatte assai goffamente. La maggior parte delle serrature di Tanger sono di legno; ed io le descriverò minutamente in una memoria che pubblicherò su quest'argomento.
L'uso delle latrine è quasi sconosciuto, e vi si supplisce con un recipiente posto nel cortile rustico.
Nè l'architettura delle moschee è più elegante di quella delle case. La principale è composta d'un cortile circondato da archi, di cui la sola linea paralella trovasi in faccia alla porta. La facciata è interamente unita, e la torre è posta in un angolo a sinistra. Bassissimi sono gli archi ed il tetto, e tutto il lavoro di legname assai mal fatto resta allo scoperto. Nel totale la costruzione di quest'edificio è meschinissima. Avendo osservato che nella moschea non eravi acqua, feci costruire a lato alla porta una gran vasca solidamente attaccata, ed un vaso per bere; e lasciai allo stabilimento una dotazione pel mantenimento della fontana.
In una camera posta sopra la moschea alloggia un figliuolo del Kadi incaricato della custodia di un gran pendolo, e di un altro assai più piccolo, che servono ad indicare le ore della preghiera; ma perchè a regolare la loro marcia col sole quest'uomo non aveva che un quadrante inesatto, così non poteva saper l'ora che per approssimazione, quindi finchè io rimasi a Tanger gli davo l'ora per i penduli, e per conseguenza l'istante delle preghiere, e le chiamate dalla torre venivano regolate dal mio orologio.
La moschea chiamasi in arabico El-jamaa, ossia luogo dell'assemblea. In fondo alla moschea vedesi una nicchia quasi nella direzione della linea che guarda la Mecca, entro la quale si pone l'imam, cioè il direttore della pubblica preghiera. Dalla banda sinistra avvi una specie di tribuna formata da una scala di legno su cui sale l'imam ogni venerdì avanti la preghiera del mezzogiorno per fare la predica al popolo. Nella grande moschea trovasi un cassone chiuso a chiave, entro al quale si custodiscono il Corano, e gli altri libri religiosi. Sonovi ancora due scranne di legno ove sedevano i fakihs quando facevano la lettura al popolo. Alla sommità di molti archi stanno sospese alcune lumiere, ed alcune lampade di cattivo vetro verde, disposte senz'ordine e senza simmetria. La maggior parte del suolo è coperto di stuoje, ed in un cortile dietro la moschea vedesi un pozzo d'acqua assai cattiva, che serve alle abluzioni. Ma io ritornerò più opportunamente a parlare della religione o del culto quando descriverò la città di Fez.
La musica di Tanger ha ben poche cose soffribili anche dalle meno delicate orecchie: due suonatori con una piva ancora più discorde delle loro orecchie, che volendo suonare all'unissono con istrumenti che non s'accordano, non hanno nè tempo nè movimento uguale, nè nota scritta che li contenga, e che tutto hanno imparato a