Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2. Ali Bey
o a Fez. Questa sgraziata capitale quasi spopolata affatto dalle guerre e dalla peste ha perduto ogni commercio. Le arti e le scienze non possono prosperarvi, nè avervi incoraggiamento, mancando Marocco perfino d'una scuola di qualche importanza. Il circuito delle mura, l'immenso ammasso di ruine, gl'infiniti acquedotti resi inutili, i vasti cimiterj che la circondano, possono soli rendere credibile una distruzione così rapida, e così sorprendente.
L'alcaïsseria di Marocco non è paragonabile a quella di Fez, ma gli Arabi delle vicine montagne vengono a farvi le loro provvisioni; lo che anima alcun poco il mercato.
Questi Arabi montagnardi sono tutti di piccola statura, negri, abbrustoliti del sole, e di un ributtante aspetto. Sono conosciuti sotto il nome di Brebi, e formano una nazione separata. Quantunque la maggior parte di loro sappia parlare l'arabo come gli altri abitanti, si valgono d'un idioma affatto diverso dalla lingua araba, fuorchè nelle espressioni prese dalla medesima. Io mi feci spiegare alcuni vocaboli, di cui ne do la seguente nota:
I Brebi contano così fino al venti, ch'essi chiamano aascharinn come gli Arabi, di cui ne hanno adottate le espressioni numerali di decine, che combinano colle unità brebe; per esempio
Usano pure le espressioni;
Secondo la costumanza de' Francesi, che dicono sessanta dieci, quattroventi dieci.
Rimarcansi nelle montagne diversi dialetti della lingua breba: tutti estremamente poveri e formanti misti d'arabo; di modo che si può prevedere che la lingua breba scomparirà in pochi secoli. Per iscrivere in questa lingua si adoperano i caratteri e l'ortografia araba: ma a fronte delle mie più diligenti ricerche non ebbi notizia di verun altro libro scritto in questo idioma.
CAPITOLO XVI
Malattia d'Ali Bey. – Storia naturale. – Eclissi della luna. – Ritorno del Sultano. – Regalo di donne. – Annuncio del viaggio alla Mecca. – Visita di etichetta, e regalo del Sultano. – Tenda mandata dal medesimo. – Ali Bey parte da Marocco.
Mentre mi trovavo a Semelalia fui sorpreso da grave malattia, che mi ridusse agli estremi. Nel corso di tre mesi ebbi cinque gravi ricadute, che mi lasciarono così debole da non potermi neppure leggermente occupare de' miei più favoriti studj. Rimasi costantemente nel mio palazzo di Semelalia senza medico, perchè non voleva prevalermi di quelli del paese, e non eravi in Marocco alcun medico europeo. Dovetti perciò curarmi da me stesso, adoperando i medicamenti, di cui ne aveva meco un abbondante provvisione, accompagnata da una apposita istruzione intorno al modo di farne uso; ed ebbi la fortuna nel tristo stato di trovarmi affatto abbandonato a me medesimo, di non perdere affatto i sensi. Quando potevo alzarmi del letto non omettevo di fare qualche operazione astronomica; e rispetto alla storia naturale raccolsi i seguenti fatti.
In maggio i pomi granati erano perfettamente fioriti, come ancora le palme e gli ulivi: gli albicocchi erano maturi, e tagliavasi l'orzo.
In sul finire di giugno incominciava la stagione dei fichi che durava fino alla metà d'agosto.
In luglio eranvi popponi e pastinache, e verso la fine d'agosto si ebbero i primi dattili di Taffilet.
Alla metà d'agosto i mercati incominciarono ad essere abbondantemente provveduti di uve.
In giugno ed in luglio eranvi molti citriuoli, pomi d'oro, ec., legumi di varie sorti, e si raccolsero le granaglie.
Il giorno 31 luglio i miei domestici uccisero nel mio giardino d'estate un serpente lungo sei piedi e quattro pollici, e della circonferenza di cinque pollici ed otto linee nella parte più grossa. Questo rettile mi parve analogo al coluber molurus o al boa; ma egli aveva sulla testa alcune grandi piastre, che lo avvicinavano al Scitale. Io sono di parere che sia d'una specie sconosciuta: ma per mala sorte era un animale immondo, che la legge non permetteva di toccare; onde non potei esaminarlo attentamente, nè disegnarlo, lo che sarebbe stato un delitto in faccia alla gente che mi stava intorno. Perciò i miei domestici si affrettarono di levarmelo dinnanzi e portar lontano quest'animale così bello e curioso. Come mai potrebbero le scienze naturali fare alcun progresso ne' paesi mussulmani!
Ne' tre mesi di maggio, giugno e luglio l'atmosfera fu quasi sempre serena.
Nel medesimo giorno in cui si trovò il bel serpente un vento di S. O. portò una specie di turbine che si mantenne molto elevato, o dirò forse meglio, una massa di vapori che aveva un orribile aspetto. Non vedevasi alcuna nube, ed il lontano orizzonte sembrava un immenso vortice di fiamme, mentre una linea rubiconda sembrava circondarci da ogni lato all'altezza apparente di sei gradi; e di là fino allo zenit il cielo era tutto di colore citrino. Il disco solare era bianco smaccato, affatto privo di splendore e rassomigliava ad un globo di terraglia, o a dir meglio ad un disco di carta bianca. Il termometro era salito al 36°, ed il calore era effettivamente soffocante. Questa meteora si mantenne tutto il giorno; e fu portata senza dubbio dal vento simoum dal deserto, comechè non abbia potuto per cagione del monte Atlante dispiegare al di qua delle cordelliere la sua forza distruggitrice.
L'atmosfera fu alquanto meno carica all'indomani, e quantunque il sole la penetrasse con difficoltà, non presentò il fenomeno del precedente giorno.
Due dì dopo l'atmosfera si caricò di nubi, il tempo fu borrascoso, il vento soffiava interrotto con violenza, accompagnato da' rovesci d'acqua, e da tuoni.
Mi fu detto con asseveranza che in tale epoca non avevansi mai nè borrasche nè pioggie, che non incominciano prima d'ottobre.
Alla metà d'agosto i popponi sono maturi.
In sul finire dello stesso mese maturano ancora e sono già grossi i pomi granati che si raccolgono alla metà di settembre.
Incominciasi ad aver dattili a mezz'ottobre, di cui se ne fa la piena raccolta in novembre, come nell'ultima quindicina dello stesso mese raccolgonsi ancora le olive.
Alla stessa epoca incominciano a cadere le foglie; ma quest'anno gli alberi si spogliarono così lentamente, che ne' primi giorni di decembre conservavano ancora due terzi di foglie.
In tale stagione io avevo nel mio orto ogni sorta di verdure e di legumi: radici, cipolle, agli, lattuche, fave, cavoli ec. L'orzo era bellissimo, ed era già alto quasi otto pollici.
Dopo le borrasche d'agosto, il tempo fu costantemente bello, non essendovi state che alcune brevi e leggieri pioggie; onde incominciavasi a sentire il bisogno dell'acqua, perciocchè alla fine di novembre i terreni erano così asciutti, che non si potevano seminare. Può darsi che quest'anomalia fosse cagione della tarda caduta delle foglie. Fatto è che tale siccità fu assai dannosa alla provincia di Duquela, risguardata come il principale granajo dell'impero.
Viene costantemente osservato che in sul finire d'agosto tutte le cigogne sono di già partite alla volta di Soudan. Io ne avevo tre nel giardino d'estate, cui erano state raccorciate le ali, che rimasero tranquille affatto, ed assai famigliari: di modo che venivano, a farmi compagnia quando io pranzavo nel padiglione sotto un pergolato, e quantunque avessero rifatte le ali non pensarono pure alla partenza.
Le notti e le mattine freddissime alla fine di novembre cagionano molti reumi. Fra i primi giorni di questo mese non si videro più nè ranocchi, nè rospi. Il dieci novembre furono trovati sotto il guanciale del mio letto due scorpioni (scorpio africanus di Linneo).
Le mosche incominciano a diminuire verso la metà di novembre, e verso il fine non se ne vedono più. I mosconi erano di già scomparsi in ottobre.
Il termometro esposto al sole ad un'ora dopo mezzogiorno marcò il primo di decembre 41°; e perchè continuava a salire, mancando maggior vuoto nel tubo dovetti ritirarlo perchè non si rompesse. Lo stesso giorno segnò all'ombra 21° 2′.
Lo esposi più volte ne' giorni susseguenti, e gradatamente montò sempre meno.
Il maggior caldo