Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2. Ali Bey
è pure il motivo che lo ritrae dall'aver commercio coi cristiani. Teme sempre che le relazioni cogl'infedeli non finiscano col corrompere e pervertire i fedeli credenti. Questo modo di vedere rende tanto difficile ogni relazione commerciale, che sonovi persone che potrebbero caricare intere flotte di grani, e che mancano di danaro per vivere, per l'impossibilità di venderlo all'estero. In una nazione ove l'uomo non ha veruna proprietà, poichè il Sultano è padrone d'ogni cosa; ove l'uomo non ha la libertà di vendere, o di disporre dei frutti del suo travaglio; ove finalmente non può nè goderne nè farne pompa in su gli occhi de' suoi compatriotti, è chiara la cagione della sua inerzia e della sua miseria.
Ho copiato l'albero genealogico di Muley Solimano, ch'egli medesimo mi confidò originale. Rimontando da lui fino al profeta conserva il seguente ordine:
Примечание 12
In Taffilet contansi più di due mille scheriffi, che tutti vantano diritti al trono di Marocco, e che per tale cagione godono di alcune leggieri gratificazioni del Sultano. In tempo degl'interregni molti prendono le armi, siccome Marocco non ha verun'armata propriamente tale per comprimere all'istante questi parziali movimenti, la nazione intera soffre tutti i mali dell'anarchia.
La tattica de' Marocchini è sempre la stessa in tutte le battaglie. Consiste nell'avvicinarsi alla distanza press'a poco di cinquecento passi dal nemico. Colà giunti dispiegansi con un subito movimento cercando di presentare la più estesa fronte possibile; indi corrono a tutto potere imbracciando il fucile. Giunti a mezzo tiro fanno il loro colpo: fermando allora il cavallo tutt'ad un tratto, ritiransi colla medesima celerità con cui avanzarono. Ricaricano il fucile correndo, e se il nemico si ritira, continuano il fuoco guadagnando terreno. Ma se l'azione si fa calda, e si viene a far uso della spada, in quale imbarrazzo non devono trovarsi questi combattenti, i quali senz'alcun ordine, sono costretti di tenere colla sinistra la briglia, ed un lungo fucile, e la spada colla mano destra! In questa circostanza collocano essi il fucile sopra l'arcione della sella, ed in allora ogni uomo occupa una fronte più estesa che quella di due, e rimane isolato, e senza appoggio ai fianchi. Quale sarebbe in allora l'effetto di una linea di battaglia europea sopra tali ranghi di truppe! Per tale motivo appunto il soldato moro non s'impegna che sforzato, a battersi colla spada; riponendo la sua superiorità nella velocità dell'attacco, della ritirata, e nella destrezza del maneggio del fucile.
Le entrate del Sultano di Marocco si valutano venticinque milioni di franchi. Avendo pochi impiegati, i quali non hanno altro appuntamento che i prodotti eventuali, ed alcune gratificazioni che ben poche volte sono loro accordate; non avendo bisogno di mantenere un'armata, perchè nel caso di guerra ogni Mussulmano è soldato per religione; la maggior parte di questo danaro va a seppelirsi nel tesoro di Marocco, di Fez, e principalmente di Mequinez.
La guardia del Sultano, che si vuole di circa dieci mille uomini è la sola truppa che venga mantenuta anche in tempo di pace: è questa in parte composta di schiavi negri comperati dal Sultano, o ricevuti in dono, o in pagamento; oppure figli di soldati negri. L'altra parte è formata di mori tolti dalle tribù Oudaïas. Queste truppe rimangono di fazione nelle provincie dell'impero, ed un grosso corpo segue sempre il Sultano. I soldati quasi tutti a cavallo hanno il nome di el bokhari, che presero, quasi mettendosi sotto la protezione dell'imam espositore di questo nome, la di cui dottrina è addottata a Marocco.
Quantunque Muley Solimano viva senza splendore, la spesa della sua casa è per altro ragguardevole per cagione delle moltissime sue donne e figliuoli. Egli non può avere più di quattro mogli legittime, oltre le concubine; ma egli suole ripudiarle frequentemente per prenderne delle altre. Le ripudiate vengono relegate a Taffilet, accordando loro una pensione per il mantenimento. Ho veduto più volte gli abitanti presentargli le loro figliuole, che in conseguenza entravano nell'harem sotto nome di serventi, e che avendo la fortuna di piacere al Sovrano, vengono poi sollevate al rango di sue mogli, per essere poscia a vicenda ripudiate. Nè Muley Solimano si fa scrupulo d'avere nello stesso tempo due sorelle per mogli, quantunque i dottori non riguardino quest'azione di buon occhio, come ne pure quella di bever vino la notte nell'harem; cose proibite dalla legge.
Il Sultano è del resto sobrio, e mangia colle dita come gli altri arabi; pure quando m'invitava a pranzo con lui, mi faceva portare un cucchiajo di legno, perchè la legge non permette l'uso de' preziosi metalli nel vassellame; e per questo motivo i suoi piatti e la tavola sono affatto simili a quelli dei suoi sudditi. Egli non mangia che le vivande cucinate nell'harem dalle sue negre. A casa mia per altro mangiò cibi preparati da' miei cuochi.
Io tenni andando a Fez la medesima strada che avevo fatto venendo a Marocco. Benchè non fossi pienamente ristabilito in salute, non ommisi nel mio viaggio di fare alcune osservazioni astronomiche, che confermarono le precedenti; sgraziatamente però non ero ancora capace di sostenere un lavoro continuato.
Ne' primi giorni dopo il mio arrivo a Fez ebbi una disputa col pascià; egli pretendeva che in conseguenza d'essermi congedato dal Sultano per andare in Algeri, avrei dovuto partire entro otto o dieci giorni; e mi preparò pure gli oggetti necessarj al mio trasporto, e la scorta che doveva accompagnarmi, ma io mi dichiarai in termini positivi, che non poteva ancora partire, e rimasi a Fez un mese e mezzo. Poco prima ch'io partissi Muley Abdsulem venne a Fez, mi portò una commendatizia del Sultano per il Dey di Tunisi, ed un'altra per il pascià di Tarabba o di Tripoli: Muley Abdsulem me ne diede una sua per il Dey d'Algeri, cui per alcune considerazioni politiche il Sultano non aveva voluto scrivere.
Avendo finalmente fissato il giorno della mia partenza da Fez, mi congedai da Muley Abdsulem, e dai miei amici con maggior rincrescimento che la prima volta, perchè vedevanmi intraprendere un viaggio azzardoso, e temevano di non più vedermi.
La mattina del giovedì 30 maggio 1805 sortj a nove ore e tre quarti di casa coi miei amici che mi accompagnarono prima alla moschea di Muley Edris, indi per un tratto di strada fino all'istante in cui li congedai. La mia casa, le strade, la moschea, e l'uscita della città erano affollate di gente, che da ogni banda cercava d'avvicinarmisi per toccarmi, per chiedermi una preghiera, ec. Dirigendomi al N. giunsi a mezzogiorno nel mio campo di già stabilito al di là del ponte sulla riva destra del Sebou, fiume assai considerabile, che scorre all'ouest.
Ci ponemmo in cammino alle otto del mattino, diriggendoci d'ordinario all'E. N. E., e facendo mille ravvolgimenti nelle montagne, fino alle due dopo mezzogiorno, che feci alzare le tende in riva al fiume Jenaoul che scorre con poche acque all'ouest.
Il paese è composto di montagne secondarie, la maggior parte calcaree, con alcuni tratti di terra coltivata.
Tra gli omaggi che mi furono resi dagli abitanti de' Dovar posti lungo la strada merita d'essere ricordato il seguente. Io vidi i fanciulli riuniti per incontrarmi; de' quali colui che precedeva gli altri era vestito d'una tonaca bianca, con un fazzoletto di seta sul capo, e portava in mano un bastone alto sette piedi, all'estremità del quale eravi una tavoletta su cui era scritta una preghiera. Dopo avermi fatto un complimento studiato, mi baciarono la mano, la stoffa, o ciò che potevano toccare, e partirono in seguito assai soddisfatti. Quanto era commovente la loro semplicità! Le madri facevano la scolta per vedere l'accoglimento ch'io faceva ai loro figliuoli.
Alle otto del mattino eravamo già in su la strada andando nella direzione di E. seguendo più d'un'ora e mezzo il fiume Yenaoul che scorre lungo la vallata. Si entrò subito dopo nelle montagne, e si attraversò un piccolo fiume ad un'ora dopo il mezzogiorno. Alle due si fece alto sulla sponda destra.
Il terreno non diversifica da quello di jeri, se non che la vegetazione era alquanto più rigogliosa. Vidi molti campi lavorati, ed un solo dovar.
Il tempo era in parte coperto, ed il termometro nella mia tenda segnava alle quattro della sera 26 e 7 di Réaumur.
Si riprese il cammino alle sette del mattino seguendo l'andamento di molte vallate tra montagne di mediocre altezza, ove si dovettero attraversare ad ogni istante alcuni piccoli fiumi; ed alle quattr'ore ed un quarto della sera si piantarono le tende presso a Tezza, piccola città posta sopra una rupe alle falde d'altre montagne più alte al N. O. Assai pittoresco è il quadro
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