Novelle. Balbo Cesare

Novelle - Balbo Cesare


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il proprio desiderio. Ma così fanno gl'innamorati; e quante storie io n'ho lette, sempre ho veduto ogni lor miseria venire dalla propria stoltezza. Che invece di dir subito il loro amore alla loro innamorata, e saper se ella pure gli ama, e s'è così, domandarla al padre o alla madre, e poi sposarla e menarsela a casa; ora per una sofisticheria, ora per un'altra, o indugiano la dichiarazione, o la domanda a' parenti o le nozze; e allora è che nasce l'uno o l'altro malanno che gli fa tanto tempo patire, e tanto allungarsi lor triste vicende, prima che si trovino a quello onde avrebbero dovuto cominciare; che son le nozze. E pur troppo anco talor non ci si trovano mai più. Ed è perciò che io sempre vi esorto, voi altri giovinastri, se mai siete innamorati, a non indugiare nè allungar le storie; ma seguir quel modo mio di parlarne oggi alla fanciulla, dimani a' parenti, ed alla prima domenica al signor Preposto per le pubblicazioni. E così avesse fatto Manfredi! Nè, a dir vero, altro aspettavansi se non ciò, o la figlia ch'io non dirò innamorata lei, ma sì compiacentesi dell'amore di lui, o la madre già per la fedel serva, e poi per sè stessa fatta accorta non che dell'innamoramento dell'uno, ma del compiacimento dell'altra. E se Manfredi avesse chiesta la fanciulla, ed ella gli sarebbe stata non che volentieri conceduta, ma con gran gioia donata. Che se povero egli era e non in fortuna, povera ella e diserta; e la madre non era di quelle che a fanciulle povere pur vogliono sposi ricchi, e le lascian morir zitelle. Oltrechè, avendo avuti tanti guai, e sofferte tante crudeltà da quelli che erano allora in gran fortuna; e non se ne potendo vendicare: e la disperanza di vendetta troppo sovente diventando, principalmente nelle donne, amarissimo odio e furore; non per tutto l'oro del mondo o per tutta la potenza dell'Imperadore avrebbe voluto far ciò che le pareva viltà: veder la figlia in grande stato, ma nelle braccia d'uno de' persecutori, anzichè in quelle d'uno poverissimo de' perseguiti. Ora potete scorgere se fu stolto Manfredi, che in vece di parlarne a persone così ben disposte come madre e figlia erano, incominciò a sragionare, quasi ella fosse stata una principessa, e non in fortuna eguale alla sua. Troppo peccato se così bella, così buona, così celeste fanciulla, fosse moglie mai d'uno uomo sì povero, sì abbandonato, di così poche speranze com'era egli. Perchè questo era il peggio, non l'esser un nulla, ma fin adesso non aver nemmeno fatto il minimo che, per trarsi da quel nulla. Ed egli avea pur compiuti i vent'anni; e quanti a tal tempo hanno, non che date speranze, ma effettuatele? fatta o rifatta lor fortuna, acquistatosi un nome, o aggiunto a quello de' maggiori? Egli, misero! che sforzo avea fatto, che tentare? Egli che avea pure così poco, anzi nulla a perdere? egli a cui talora del suo stesso nascere era incresciuto? E sua trista vita non avea pur saputo nè adoperare nè perdere? In breve, il giovine tanto e tanto malamente pensò, che prima immaginò, e poi si compiacque nella immaginazione, e in ultimo per fermo deliberò d'irsi a Terra Santa. Dove, non so se abbiate udito dire, si facevano allora grandi guerre, le quali ora non si usano più, contro i Turchi, e questi allora si chiamavano infedeli, e le guerre si dicevano sante e crociate, e non è famiglia grande di signori o principi nostri che non ne sieno iti alcuni a combattervi, ed anche a morirvi contenti per la divozione che allora avevano. Gli è vero che molti anche andavano per acquistarvi signorie o rinomanza: e di questi, forza è confessarlo, fu Manfredi. Perchè si pensava che là con sua valentia, e dispregiando la vita come faceva, il meno che gli podesse accadere era far qualche bella prodezza dinanzi a qualche gran principe o signore, che il prenderebbe in amore, e tornando poscia in Europa, o gli farebbe restituir lo stato in patria, o lo si terrebbe in corte sua; ed egli allora verrebbe a toglier Francesca, e la si avrebbe in modo non tanto indegno di lei, come damigella e gran signora. E fatta questa bella risoluzione, anche fece quella di finalmente parlare alle donne: e trovato modo di andar loro in casa, che fu per li due giovani uno innamorarsi l'uno dell'altro peggio che mai scoperse loro tutto il suo mal pensato divisamento. Alle donne, per le cagioni dette, credo che avrebbe più satisfatto se nè di Terra Santa, nè di gloria, nè di futuri tempi avesse parlato. Ma, o vergogna di mostrar più fretta di lui, o dispetto, e perchè poi la giovane era molto tenera, e ad ogni modo queste imprese lontane andavano a genio delle donne a quel tempo, la madre ne lo lodò, e la figliuola si tacque ed egli a partir si dispose. Accomandate a un vecchio servo, che l'avea allevato, le poche masserizie, e la cameretta che teneva a pigione in un sesto rimoto della città, portava seco in armi e cavallo, il meglio del pochissimo avere restatogli. Solo una croce d'oro che era stata di sua madre, ed egli, non che cara, tenea sacra, lasciò alla fanciulla, pregandola di portarla fino che lo sapesse morto, o cinque anni almeno, per suo amore. Ella piangendo se la metteva al collo, e davagli una fascia trapunta di sua mano, ed egli se ne partiva.

      Due anni passarono, e perchè non erano allora le poste ordinate nè le lettere facili a scriversi come ora sono, non ebbero l'uno dell'altro novelle mai. Finalmente per un romeo, che facendo il gran pellegrinaggio di tutti i luoghi santi, di Gerusalemme veniva a Roma, Manfredi scrisse brevemente alle donne com'egli era vivo e giunto e ogni dì combatteva su quella terra sacra, e alcuni infedeli avea uccisi di sua mano, ed anche alcune lodi da' compagni conseguite; ma che di acquistar nome e grazia di niun signore non gli era venuto fatto fin allora. Là pure tutto esser parti, e scandali di potenti tra sè; e chi non era piaggiatore, nè violento, mal farsi strada appresso a quelli; e temeva di non farla mai, e forse il Signor Iddio lo voleva castigare d'esser ito con umani fini a quella santa guerra; pur domandava che fino al termine detto gli si serbasse la promessa fedeltà. E le donne, alcuni mesi appresso, per un fraticello che andava a Gerusalemme, gli risposero facendogli cuore, e la fanciulla di soppiatto aggiunse alla lettera, che non solo pel tempo detto, ma sempre finchè vivrebbe, gli sarebbe fedele, e che in qualunque tempo, o prima o dopo lui, morrebbe sua. Intanto giunta ella a diciott'anni s'era tanto d'ogni maniera abbellita, che non fu più povero vestire o romito vivere che la potesse nascondere agli occhi vaghi de' giovani di quella città. Uno principalmente, nobile, ricco, figlio di potenti, potente egli, e se non bello quanto Manfredi, ornato di quella allegria e bravura giovanile che talor supplisce a bellezza, la vide, l'ammirò ed a suo modo l'amò. Dico a modo suo, che è il mio, perchè a nozze egli in breve pensò. Nè ad amarla per meno onesto fine, o gli era possibile averne qualche speranza, o l'avrebbe voluto egli stesso. Che Rambaldo, così chiamavasi il giovane, era di quelli nè tutto buoni, nè tutto cattivi, che forse sarebbero tutto buoni, se non gli avesse guasti troppo costante felicità. E, quantunque a sposare sì povera fanciulla, reliquia di parenti condannati e vilipesi, egli avesse a vincere prima la propria ambizione, e poi la difficoltà de' parenti, pure tanto potè l'amore, che prima sè stesso risolse, e dopo alcun tempo, fece acconsentire anche i genitori e i parenti; e allora credette finita ogni cosa. Perchè di dubitare che sì povera e trista madre volesse negare a lui, così grande e ricco, la fanciulla, o che questa così sola avesse pure posto amore a nessuno, non gli venne pensiero mai. E perchè era uomo tutto all'incontro di Manfredi, e non che in pensieri, nemmeno in opere inutili non solea perdersi, e se ne dava vanto; non avea voluto andar mai per la casa alle donne, finchè non si fosse assicurato dei proprii parenti; e quando fu, pensò d'esser ricevuto non come uomo, ma come angelo di paradiso che scendesse a sollevarle, ed anzi tutto della propria generosità e di lor grazie si compiacea. Pensate ora voi se restasse avvilito, quando, presentatosi, non ebbe da madre e figlia altra risposta che di muto e quasi sdegnoso stupore. Scambiollo pur prima per mal avveduta modestia; e volendo loro lasciar tempo a riprender gli spiriti, non senza alcune mal composte parole, dicendo di non volerle troppo pressare, e che tornerebbe la domane, le lasciò. Allora consigliavansi madre e figliuola, se consiglio dee dirsi tra una risolutissima, e l'altra che volea pur parerlo, ma invero cominciava a dubitare e per la lettera di Manfredi, e per l'amor alla figlia che in lei vincea tutto, anche l'odio ai potenti. Benchè il medesimo amore, siccome sincerissimo, facendole cercare la felicità della figliuola, gliela faceva cercare quale desideravasi da questa; non come solete voi troppo sovente nel dar le figlie a marito, che pare voi dobbiate maritarvi e non esse. Perciò disse alla figlia quanto le parve, non a rimuoverla da sua fedeltà duranti i cinque anni, che a lei sarebbe paruto gran fallo; ma perchè s'indugiasse la risposta fin dopo a quel tempo, non sapendosi mai che potesse succedere, e che so io. Ma rispondendole la fanciulla molto caldamente, che se non avesse mai conosciuto Manfredi, ella non avrebbe pure sposato Rambaldo mai! e che se le fosse stata offerta la mano non che di Rambaldo ma di qualunque maggior principe della terra, ed ella avesse poi conosciuto Manfredi, Manfredi pure avrebbe sempre voluto, ed altre simili cose; l'amorosa madre non pensò ad altro più che a cansarle la pena d'avere a riveder Rambaldo; e il dì appresso, mandata la figliuola da una buona vecchia loro vicina, ella sola lo ricevette; e perchè costumata era in ogni cosa, come meglio


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