Novelle. Balbo Cesare
uscendo a giocar alle bocce, gli altri sedettero intorno al maestro, ed egli incominciò così:
Al tempo de' Francesi, sendo io da maestro in una terra dell'alto Monferrato presso alle Langhe, vi connobbi un giovane e una giovane, che avean nome egli Toniotto, ella Maria. Le due famiglie credo fossero un po' parenti, ed erano buoni vicini; e i due fanciulli così amici, così compagni, così sempre insieme, che chi non li conosceva credevali fratello e sorella, e quelli che li conosceano, e così li vedean crescere, incominciarono tutti a dire, farebbero la più bella coppia di marito e moglie che potesse essere al mondo. Toniotto a' diciott'anni era uno de' più bei giovani del paese, ed uno de' più belli ch'i' abbia pur veduto mai; benchè ho dimorato molt'anni in Roma, e in quel mezzodì d'Italia dove si trovan le più belle figure d'uomini che sieno. Maria era una vera madonnina; bionda, tenera, pura e semplice come una colomba. Nè l'uno, nè l'altra non s'infingevano. E' si volevan bene, che tutti il sapevano, e tutti ne li amavano; e non era di essi che una voce, e per essi che un desiderio, che andasse loro bene il loro amore. La fanciulla avea sedici anni; e il matrimonio era accordato; e sarebbesi fatto quando che sia, se non che i parenti di lei volevano aspettare di veder se Toniotto non cadesse forse nella coscrizione. A che servirebbe maritar così la povera Maria, che tant'era come non maritarla o vederla vedova subito appresso? i parenti di Toniotto ancor essi consentivano. Non troppo i due giovani. Maria diceva che se fosse moglie sua, ella gli andrebbe appresso da lavandaia del reggimento, o che so io; e Toniotto, benchè siffatta idea non gli entrasse, dicea che dovendo mai lasciar lei, amerebbe meglio lasciarla moglie sua; ma tutti e due poi per ispensieratezza contadinesca e facilità giovanile a sperar bene, speravano che pur non toccherebbe a Toniotto un cattivo numero; e intanto continuavano ad amarsi, od anzi ogni dì s'amavano più.
Un giorno che nessuno si aspettava tuttavia, ricordomi quanto me ne sentii strignere il cuore, venne il bando della coscrizione. I poveri giovani facevan pietà. Avreste veduto Maria, che prima era una vera rosa sbocciante, languire come appassita, dimesso il collo, e il viso pallido, e gli occhi languidi con due gran cerchi lividi intorno, che accusavan le notti più di pianto che di riposo. Toniotto all'incontro compariva ogni dì il volto più acceso, e le labbra tumide, e la bocca chiusa o a mordersi il dito, e gli occhi larghi larghi a mirar rabbioso in faccia ad ognuno, come se ognuno fosse il gendarme che lo dovea diveller dalle braccia dell'amata. Chiaro era; apriva la mente ad alcuno di que' pensieri, che appena entrati e' ti mutano e rovesciano tutto un uomo. Il povero giovane che fin allora era stato de' più casalinghi e tutt'altro che discolo, incominciò a star i due o tre dì fuori, ch'ei dicea d'averli passati alle feste all'intorno: ma non era anima che gli credesse, perchè non era ita fuor di casa Maria. E s'ho a dirvi ciò che credevan molti ed io pure, egli cominciò a mettersi in cattive compagnie, e relazioni con alcuni banditi che erano allora là intorno, rimasugli di quel Majino, che s'era fatto chiamare poc'anni innanzi Imperadore delle Alpi. Tuttavia questa forse fu voce falsa. E venuto il giorno che si dovean tirare a sorte i nomi de' giovani, Toniotto si trovò al capoluogo del distretto; e fu osservata Maria che l'accompagnò parlandogli molto caldamente, come di cosa che durasse fatica a persuaderlo, ed egli ascoltava tacito e truce anzi che no. Venuto al luogo dell'estrazione, lasciò a un tratto il braccio di lei; ella fu ad appiattarsi in un cantuccio onde poteva udir pronunziare i numeri; ed egli come d'un salto, cacciossi in mezzo agli altri giovani che aspettavano. E ne furono alcuni, tanto era ben veduto, che gli dissero: «Toniotto, noi preghiamo Iddio che tu tiri un numero buono anzichè noi. Che tutti abbiamo veramente o padre o madre o sorella o qualche persona, che ci fa un dovere restar loro appresso, se Dio vuole. Ma se ci vien la sorte di partire, non è poi colpa nostra; e vedrem paese, e chi sa poi si diventerà ufficiali ed anche generali. E quanti ne sono ora usciti di contado non altrimenti che noi? Ma tu, povero Toniotto, con quella tua bella innamorata che piange, e' sarebbe pur peccato.» Toniotto non rispondeva, e venne il prefetto e il comandante del dipartimento, e quel della gendarmeria, e incominciò ogni giovane ad esser chiamato ed avanzarsi e tirar suo numero. Ben potete pensare come palpitasse il cuore della povera Maria quando toccò al suo Toniotto. E palpitava a questo pure, benchè si facesse forza. Accostatosi alla tavola tirò uno de' primi numeri. Non rimaneva dubbio, dovess'essere de' partenti. La povera fanciulla fu portata via semiviva. Toniotto non profferì parola, e finita l'estrazione, e visitati gli atti e inetti al servigio, intimato a quelli, fra cui non poteva non esser Toniotto, di ritrovarsi al medesimo luogo al terzo dì, e lette le leggi penali su' renitenti, quando tutti gli altri, così Toniotto si partì. E volendolo i suoi parenti ricondur seco, egli non volle; e disse che s'accompagnerebbe con gli altri giovani, ed andassero. Ma l'aspettarono invano quel giorno intero e la notte, ed ei non tornò. Allora immaginatevi che spavento li prendesse tutti, e come vedessero già l'infelice giovane e sè stessi caduti in tutte quelle terribili pene, che, in difetto de' coscritti fuggitivi, perseguitavano anche i parenti. Stettero i tre dì in quelle angosce, sperando sempre veder tornar Toniotto. Al quarto veniva il sotto ufficiale di gendarmeria a riconoscere l'assenza; e perchè erano buona gente per cui tutti avrebber risposto, e' fu loro dato due altri giorni per avvisare o trovare il renitente; ma ei non sapevano dove cercarne, e pur si disperavano. Al quinto giorno vennero due soldati, che in francese dicevansi guarnisarii, e ben potrebbe tradursi sicarii, sulle spese del padre di Toniotto. La medesima sera furono vedute certe cattive facce girar per il paese; e alle due ore di notte un ragazzo domandò del padre di Toniotto che venisse dietro la parocchia a parlare con uno; e andato, trovò il figliuolo; e stettero da tre ore a ragionare insieme molto caldamente. Furono osservati da molti; e credettesi poi che Toniotto avesse voluto persuader a suo padre, il quale era stato altre volte buon soldato, ed era verde tuttavia, che s'unisse con esso e con suoi ma' compagni i banditi; ma che il padre non volesse assolutamente. Certo il mattino appresso fu veduto comparir Toniotto in casa al padre, e volendo i due guarnisarii mettergli le mani addosso, egli disse, che non era mestieri; e, mostrando loro non so che alla cintura, sotto la giubba, che si guardassero di toccarlo; ma che, fatta colazione, e dato un buon dì a sua gente, egli da sè andrebbe al capoluogo a consegnarsi. E così fece. Io mi ricordo, fu chi venne a dirmelo, ed io accorsi e trovai Toniotto che usciva di casa sua, ed entrava in quella di Maria; onde ebbi agio appena a dirgli: «Dio tel rimeriti; tu fai da buon figliuolo.» Ed egli: «Quest'è;» ed entrò da Maria. Nè so che dicessero, parola per parola; ma ella mel narrò poi cento volte, che Toniotto le aveva voluto restituir sua libertà, e la parola che s'erano data reciprocamente sovente, e che ella fu che non volle, e promettea che pur l'aspetterebbe. E' si vuol dire che a quel tempo, non avendosene ancora la sperienza, credevasi a quella promessa delle loro leggi; che i coscritti si prendevano solamente per quattro anni, finiti i quali sarebbero restituiti a casa. E' si sa poi come fosse mantenuta; e che non ne tornò uno mai, se non era con qualche membro mozzo che 'l mettesse fuor di servizio. Ad ogni modo avendo io passeggiato forse da venti minuti lì fuor della casa, udii dare un grande strido addentro, e vidi uscire Toniotto col viso tutto rovesciato; che rientrato in casa sua, e statoci di nuovo forse due minuti, udii che diceva a' parenti di non accompagnarlo assolutamente, e solo uscì, e s'avviò. Il povero giovane sapeva che l'aspettasse; e perchè il sapevo pur io, me gli misi appresso da lungi, e lasciatolo solo sfogarsi poco più d'un miglio, a poco a poco me gli accostai, e seco poscia mi accompagnai, ed egli me l'aggradì in modo che prendendomi la mano vidi una grossa lagrima che gli scendea per le guance; ma appena accortosene, egli indurò il viso, e si parlò di tutt'altro. Giunti al capoluogo, io voleva pure che mi lasciasse andar a parlare al sotto prefetto, che conoscevo; ma non volle, e domandata udienza egli stesso, disse: «Io sono Toniotto tale, che ho tirato il tal numero l'altro giorno, e ho avuta un po' di difficoltà a risolvermi di venir con gli altri; e a dir vero, credo che non vi sarei mai venuto se non era di mio padre, e miei fratelli; ma ad ogni modo eccommi qua.» M'avanzai io, e testimoniai di sua buona vita e costumi al sotto prefetto, che molto ne lo lodò, e mandò pel maresciallo d'alloggi della gendarmeria, e fattoselo entrare nell'uffizio, gli parlò alcun tempo, che credo glie lo raccomandasse; e udimmo il maresciallo d'alloggi dir uscendo: «E' si farà quello che si potrà,» e poi accennò al giovane, e sel condusse al quartiere. Toniotto mi disse partendo un addio, credo men per me che per altrui; ed aggiunse, che per quanto aveva caro al mondo, vedessi d'impedir suoi parenti e Maria di non venir più a cercarlo, e massimamente quando dovesse partire. Io ben intesi, e saputo poi da que' gendarmi, con cui pur mi diedi a conversare per ciò, che dovea partire la domane, sì m'avacciai a casa disconsolato ad adempir il mandato del giovane, che se me l'avesse dato sul letto di morte, ei non mi sarebbe stato