La plebe, parte I. Bersezio Vittorio

La plebe, parte I - Bersezio Vittorio


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la le ralà! Ci siamo colla solita storia… Hanno fame? Vadano a letto. Chi dorme mangia, dice il proverbio… E ci lascino tranquilli.

      Queste ciniche parole, però, non parvero andare compiutamente a' versi ad Andrea, per quanto ebbro egli fosse.

      – I miei figli! Balbettò esso. I miei poveri figli!

      – Sì, i tuoi figli: riprese Marcaccio. Ecco lì il bel gusto di caricarsi d'una famiglia. Si ha una frotta di marmocchi che vi strillano alle orecchie e una donna che vi tien dietro e vi sta addosso come una mignatta… Che cosa hai tu da fare pei tuoi figli? Hai tu denaro in tasca da recar loro?

      Andrea scosse dolorosamente la testa.

      – Non ne hai: continuava Marcaccio. Ti ho trovato che ti aggiravi come una mosca senza capo, per la città, disperato e senza saper che cosa fare di te, pronto a dar la pelle per un quattrino in aria… Non avevi trovato lavoro da nessuna parte, non avevi la croce d'un maledetto centesimo, e la pelle del ventre ti toccava l'osso della schiena. Che cosa ti ho detto io eh? Andrea sono un amico o non sono un amico, corpo di cento boja!.. Vieni qui all'osteria di Pelone che una frittata alle cipolle ed un fiasco di vino, ce ne ho sempre da offrirteli a tua disposizione. Si chiama parlar bene codesto o no, per le carezze di mastro Impicca? Sei venuto, abbiamo fatto ballare de' bei boccali; puoi tu lamentarti di qualche cosa? Saresti stato più allegro andando a casa ad udire strillare i bambini e borbottare la moglie? Bella musica! Le rampogne d'una donna con accompagnamento di guaìti fanciulleschi. Sì, sì, va ora con lei. Gli è quel bell'accoglimento che ti prepara a casa. Mi par già di sentirla. «Bel modo di regolarti! E che hai tu fatto qui? E che hai tu fatto là?» Il fastidio dei rimproveri e l'umiliazione di dover render conto dei fatti tuoi alla moglie.

      Andrea fece un atto vivace di ripugnanza.

      – No: esclamò egli, non voglio rimproveri, non li vo' tollerare giurabacco!.. Un uomo non lo deve!

      – Bene. Disse la donna frenando con tutte le forze che le restavano la collera onde sentiva l'anima commossa verso Marcaccio. Sta certo. Non te ne farò neppur uno di rimproveri, ma vieni a casa.

      – Sì, proruppe beffardamente Marcaccio, vacci, bamboccio, e vedrai che valore hanno le promesse delle donne.

      Paolina non ci resse più.

      – Tacete, Marcaccio: gridò volgendoglisi sdegnosamente. Non vi basta ancora tutto il male che ci avete già fatto? Voi siete il diavolo tentatore del mio pover'uomo.

      – E voi non sapete quello che vi dite. Se questo buon uomo passa ancora qualche momento d'allegria, lo deve a me; e se ascoltasse i miei suggerimenti vivrebbe un poco meglio di quanto ora gli tocca.

      – I vostri suggerimenti? Santa Vergine Maria! So di che genere sono; e se mai Andrea li seguisse tutti e davvero avrebbe cessato di essere un onest'uomo.

      – Ohei! Che modo di parlare è codesto? Gridò Marcaccio battendo un forte pugno sulla tavola. Sapete voi che queste parole non le soffrirei da nessun uomo al mondo, fosse il più forte di tutti? E pensate voi voglia lasciarmele sputare in faccia da una miseruzza di donnicciuola come voi?

      Il suo aspetto di scellerato era tale veramente da incuter timore, ma la donna è un essere che quando è posseduto da una giusta indignazione ha un coraggio cui null'altro uguaglia.

      – Credete voi d'impormene, Marcaccio? Riprese Paolina. I brutti musi non mi fanno paura. E poichè vi trovo e mi ci avete incitata, vi dirò una buona volta il fatto vostro. Siete voi che avete recato il disordine e la miseria nella nostra famiglia. Siete voi che avete tolto a me ed a' miei figli l'animo di Andrea. Sia maledetto il momento in cui avete posto il piede in casa nostra, e siate maledetto voi stesso!.. Ma per l'anima mia, vi dico che nella mia povera soffitta, là dove sono i miei bambini, non vi lascierò entrar più o che mi caschi piuttosto la testa.

      Marcaccio mandò una violenta imprecazione, poi afferrato il braccio di Andrea lo scosse rozzamente.

      – Odi tu le belle cose che dice tua moglie? Va là che sai fartene proprio rispettare! Gli è lei che manda via di casa chi le pare e piace; e se tu vuoi avere un amico hai da domandarle licenza, e devi fare ciò ch'ella vuole, e levarti i calzoni e darglieli addirittura a lei.

      L'ubbriaco pareva dagli occhi infiammati del compagno attingere la collera ancor egli.

      – Levarmi i calzoni, diceva lo sciagurato non più conscio menomamente di sè: darglieli a lei!.. No giuraddio!

      – Gli è che sei un bamboccio, gli gridava Marcaccio sotto il muso, che ti sei lasciato mettere i piedi sul collo e ti lasci menare pel naso.

      – No, no, mille volte no, sacramento! Urlava l'ubbriaco.

      – Non dar retta a questo tristo: supplicava Paolina con tutta amorevolezza. Vieni a casa meco, te ne prego.

      – Non seccarmi la gloria! Faccio quel che mi pare e piace.

      – Bravo! Esclamò Marcaccio.

      – Non voglio andare a casa, e non ci vado… e non ci vo!

      E come per paura che lo venissero a strappar di là, si attaccò con tutte due le mani al desco.

      – Bravissimo! Tornò ad esclamare Marcaccio. E dille che i tuoi amici sei in caso da sapertegli scegliere da te stesso e che in casa tua sei padrone tu.

      – Sì, sono padrone io…

      – E che le donne non hanno da alzare il becco…

      – Non hanno da alzare il becco… Diceva Andrea come un eco.

      – Altrimenti…

      E il tristo arnese faceva un cenno troppo chiaro di minaccia.

      – Altrimenti… Ripeteva ancor esso l'ubbriaco, dominato per l'affatto dalla volontà del compagno.

      – Che? Prorompeva la donna vieppiù indignata. Minacci tua moglie tu? Sei tu ancora il mio Andrea? Oh che cosa mai hanno fatto di te!.. Andrea, ti scongiuro, vieni a casa… Vieni a vedere i tuoi figli…

      E voleva cingerlo colle braccia; ma egli rigettandola:

      – Lasciami ti dico; vacci tu a casa e non seccarmi dell'altro.

      – No, non ti lascio: insisteva essa tornando a volerlo abbracciare; voglio che tu venga meco…

      – Ah! Quanto sei babbeo a lasciarti piantar di queste grane: diceva Marcaccio. Se foss'io, a quest'ora l'avrei già ridotta alla ragione.

      – Va via: urlò l'ubbriaco serrando i pugni.

      – Non vado: rispose animosamente Paolina. Sono venuta a prenderti per condurti presso i tuoi figli; non esco se tu non vieni meco.

      E siccome ella era sul punto di gettargli le braccia intorno al collo, il disgraziato la respingeva allungando innanzi a sè il braccio col pugno serrato, il quale colpiva violentemente a mezzo il petto la povera donna.

      Paolina gettava un grido e cadeva alla rovescia mentre una schiuma sanguigna le veniva alle labbra.

      – Bene! Ben fatto! Così la si mette a posto: diceva quello scellerato di Marcaccio, mentre Maurilio in un salto era presso la donna e sollevatala la adagiava sopra una panca vicina su cui quelli che v'eran seduti s'affrettavano a farle posto.

      Visto cader così sua moglie, un profondo e subito rimutamento si fece in Andrea. Parve per un istante da lui dileguata ogni ebbrezza. Sorse di scatto e fu presso alla misera donna, turbato, commosso, pentito.

      – Paolina! Diss'egli con accento pieno d'affetto, di rincrescimento, quasi di pianto, Paolina!

      E parve volesse dire mille cose, ma che, l'intelligenza non soccorrendogli, non sapesse in altro modo esprimerle che ripetendo il nome di lei:

      – Paolina! Paolina!

      Maurilio intanto interrogava con molto interesse la donna.

      – Vi sentite male? Se prendeste qualche sorso di brodo caldo? O meglio se veniste alla più vicina farmacia a farvi dare un cordiale?

      Paolina si asciugava colle mani medesime, in mancanza di pezzuola, la schiuma


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