Il piccolo santo: Dramma in cinque atti. Bracco Roberto
Finizio
E allora, senti: il miracolo c'è; ma credo che senza quelle tre lirette la settimana, Don Fiorenzo avrebbe fatto fiasco come me.
(che si è avvicinato al balcone per guardare a traverso i vetri, scatta all'improvviso:) Dottore! Venite un momento qua!
Perchè?
(arrabattandosi per aprire in fretta il balcone, la cui serratura arrugginita non cede all'urgenza) M'è parso di vedere giacente, in un solco del burrone, una piccola massa nerastra e bislunga!.. Accidenti anche alle serrature!..
Una piccola massa nerastra e bislunga?!
(riuscendo ad aprire con una forte strappata) Eccola lì: è come il corpo di un morto tutto vestito nero!
(accorrendo) Ma che diavolo dite?!
(Tutti si agitano con sul volto un'espressione di vivissimo orgasmo.)
(animandosi di terrore e affacciandosi, sbraita:) Non c'è dubbio! Quello è il corpo di Fiorenzo!
(si serba impassibile.)
(Ma gli altri, unendo le lor voci in un grido solo, simultaneamente, come trasportati da un'onda, si gettano alle spalle di Sebastiano e del Dottore.)
SCENA II
(all'istante, comparisce e si arresta sulla soglia con gioiosa meraviglia.) Cos'è quest'assembramento in casa mia?!
(Tutti si voltano con un moto di straordinaria sorpresa. – I poverelli restano a bocca aperta. – Il Dottor Finizio, guardando Sebastiano, che è lì intontito e irritato, piega le braccia e tentenna il capo. – Annita, discretamente, si ritrae, quasi nascondendosi. – Barbarello ride come uno di quei fantocci meccanici a cui il ventriloquo presta i suoi rumori fonici.)
Ebbene?
Che il diavolo ti porti! Mi hai fatto avere una paura…!
Il signor Sebastiano aveva scorto in un solco del burrone nientemeno che il vostro cadavere.
(scoppiando in una risata) Ah, ah, ah! Questa è graziosa davvero! (A Sebastiano) Come ti è venuta un'idea così balzana?
(in tono declamatorio e buffonesco) Due maggio, millenovecento e otto, morte e resurrezione di San Fiorenzo Barsi da Napoli!
Ma, perdiancine!, dove ti eri cacciato?.. Da che abiti accanto a me, è la prima volta che ti sei permesso di uscire senza avvertirmi.
Perchè è la prima volta che ero aspettato da una persona che mi è più cara di te.
Cioè? Cioè?
(tornando sulla soglia e parlando verso le scale) Qui, qui, al primo piano! Perchè non sali?
(di giù) Eh! Giungo adesso. Ti vado correndo dietro, ma tu galoppi come un capriolo per queste balze!
Lascia lì le valige. Provvederemo poi.
(raccapezzandosi) Che sia tuo fratello?!
(presentandolo con commossa festosità) Proprio lui, venuto fresco fresco da Buenos-Aires! Non lo vedevo dalla bellezza di ventiquattro anni, perchè, ohè!, non meno di tanti ne son passati da che la buon'anima di zio Raffaele se lo portò laggiù per allevarselo nella bambagia. Converrai che non c'è troppo da meravigliarsi se ti ho trascurato. Iersera, quando ti eri già rinchiuso in casa, mi giunse un espresso con cui questo galantuomo, ex abrupto mi annunziava da Napoli la sua visita e mi indicava per stamane l'ora del suo arrivo a Castellammare. Fu tale la sorpresa e fu tale la gioia che io credetti di ammattire. Farneticavo come un ubbriaco di champagne, e per la baldoria che faceva il mio cervello… dimenticai perfino le orazioni della sera! Stanotte, poi, naturalmente, ho dormito con un occhio solo. Mi sono levato prima dell'alba, ho chiamato Barbarello per affidargli la pulizia della casa, e via, a rompicollo, per la strada di Pimonte.
A piedi sei sceso?!
A piedi, s'intende. Se no, come avrei possedute le cinque lirette per tornare in carrozza col fratello americano? Per lo più, quando ho cinque lire in saccoccia, non ne ho mica dieci. Io non sono un grasso borghese come te! – Mio caro Giulio, ti presento nel signor Sebastiano Minucci il mio padrone di casa e anche un formidabile mio avversario, perchè egli è di professione ateo.
(burbero) E me ne vanto! Non sono merlo, io, per certe panie!
Stringiamoci la mano, signor Minucci. Noi c'intenderemo perfettamente.
E un altro mio avversario te lo presento nel nostro giovane e benemerito Dottor Finizio, scienziato all'ultima moda.
Sono lieto, Dottore… (Stringe la mano anche a lui.)
(continuando) Ma, in fondo, è un avversario più accomodante, più remissivo… La scienza è un fanciullo terribile, che poi, quando si trova all'oscuro, si mette a piangere e chiede aiuto.
A chi?
(con scherzosa modestia) Io non lo so.
Sì sì: illudetevi, voi!
(indicando la piccola folla) E costoro, fratello mio, sono i miei creditori… i miei poverelli del sabato… (Scorgendo Annita, s'interrompe)… No… Veramente, non tutti. Quella signorina lì non è certo una poverella… E la vedo per la prima volta…
(timidissima) Son giunta appena ieri, quassù… Ci son venuta… perchè i medici mi hanno consigliata quest'aria…
(guardandola, ne è stranamente colpito, ma dissimula.) Ed io in che posso servirla, signorina?
(confondendosi) Desideravo… di conoscerla… e anche desideravo di parlarle. Ma forse ora…
Sì… difatti… L'arrivo di mio fratello…
Mi permetterà, spero, di ritornare…
La mia porta è sempre aperta.
Eccetto quando si ha da forzarla a colpi di martello, come ho dovuto fare io pocanzi.
Hai dovuto forzarla a colpi di martello?! E non c'era il giovanotto per aprire?!
Ma che! Si è atteggiato a cane guardiano, e, vedendoci entrare suo malgrado, voleva saltarci addosso. E come stringeva i pugni, lui! Come digrignava i denti!
(con l'austerità con cui si sgrida un bimbo per impressionarlo) Barbarello!.. Si fa questo?! Di': si fa questo?!
(è in fondo, col capo appoggiato al muro, imbambolato, quasi estraneo e indifferente, come se stesse solo. Ma, al rimprovero di Don Fiorenzo, si smuove súbito e fa un intimo sforzo per parlare:)… Tu!.. Tu!..
Che c'entro, io? Vuoi gettare la colpa sulle mie spalle?
… Tu hai detto…
Io