Il Quadriregio. Frezzi Federico
ché 'n mille modi torcer vostra nave
puote dal porto ritto, ove si avventa;
ché correre a vertú sempre par grave
a vostra carne, la qual sempre incíta
a quel che par al senso piú soave.
160 Facciamo omai di qui nostra partita:
il tempo è breve, ed è distante il loco,
ov'è d'andar al ciel prima salita.
– Minerva mia, te primamente invoco,
e poi le muse, che dell'acqua chiara
165 del fonte pegaseo mi diate un poco. —
Cosí risposi e poi: – Or mi dichiara
di questo che mi dá gran maraviglia:
tu sai che domandando l'uomo impara.
Quando fu che Satán e sua famiglia
170 lasciò di sé e de' suoi l'inferno vòto
e venne su, ove si more e figlia?
Vorrei saper ancor, ché non mi è noto,
s'egli è signor di tutti quegli effetti,
che influisce il cielo ovver suo moto. —
175 Allora mi rispose in questi detti.
CAPITOLO II
Come l'autore narra a Minerva che e' si confida vincere Satanasso e suoi vizi.
– Vergine saggia e bella il cielo adorna,
di cui Virgilio poetando scrisse:
«Nova progenie in terra dal ciel torna».
Resse giá 'l mondo, e sí la gente visse
5 sotto lei in pace, che l'etá dell'oro
el secol giusto e beato si disse.
La terra allora senza alcun lavoro
dava li frutti e non facea mai spine;
né anco al giogo si domava il toro.
10 Non erano divisi per confine
ancor li campi, e nullo per guadagno
cercava le contrade pellegrine.
Ognuno era fratello, ognun compagno;
ed era tant'amor, tanta pietade,
15 ch'a una fonte bevea il lupo e l'agno.
Non eran lance, non erano spade;
non era ancor la pecunia peggiore
che 'l guerreggiante ferro piú fiade.
La Invidia, vedendo tanto amore,
20 di questo bene a sé generò pene,
e d'esto gaudio a sé diede dolore:
con quella doglia che a lei si convene,
andò in inferno, ed alli vizi dice
quanta pace avea il mondo e quanto bene.
25 E l'Avarizia, d'ogni mal radice,
seco ne trasse e menolla su in terra
per conturbar quello stato felice.
Vennon con lei la Crudeltá e la Guerra,
l'Inganno e Froda e la Malizia tanta,
30 che ha guasto 'l mondo e fa che cotanto erra.
Presa ch'ebbe la terra tutta quanta,
non gli bastò, e 'l mar ebbe assalito
la rea radice d'ogni mala pianta.
Quando Nettuno vide l'uomo ardito
35 cercar il mare e non temer tempesta
e di solcarlo e gir per ogni lito,
trasse di fuor del mar la bianca testa
e 'l suo tridente, ed ebbe gran pavento,
dicendo: – Oimè! Che novitá è questa?
4 °Come ha trovato l'uom tanto argomento,
che passa il mar e non teme dell'onde,
e va e vien a vela ad ogni vento? —
Come cosa nociva si nasconde
che non si trove, però che si teme
45 che, se si trova, gran mal ne seconde;
cosí Natura de' denari il seme
pose e nascose nel regno di Pluto,
perché la gente non turbasse insieme.
Ma l'amor dell'aver tanto cresciuto
50 sfondò la terra e 'l gran Pluto infernale
robbò, gridante lui, chiamando aiuto.
Questo fu poi cagion di maggior male,
ché ruppe amor e legge ed ogni patto,
e fe' il figliolo al padre disleale.
55 Vedendo Astrea il mondo esser disfatto
e 'l viver santo, e guasto il giusto regno
dal mostro reo, che fu d'inferno tratto,
lassò la terra prava a grande sdegno,
sí come indegna della sua presenza,
60 e tornò al ciel, ov'ella è fatta segno.
Allor li vizi senza resistenza
uscîro di comun da Mongibello
col loro ardire e con la lor potenza.
E come quei che han preso alcun castello,
65 gridan: – Brigata, sú! il castello è nostro! —
per veder se si leva alcun ribello;
cosí, usciti dall'infernal chiostro,
Satan e i suoi questo mondo pigliâro:
allor d'inferno uscí il primo mostro.
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