Il frutto acerbo: Commedia in tre atti. Bracco Roberto
come per leggere.)
(togliendole di mano il libro senza bruschezza) Non metterti a leggere, Tilde. Non ci vediamo da tanti giorni! Sii un po' graziosa. (Pausa) (Sedendole accanto) Sai che cosa sono io?
Più o meno, lo so.
Tu credi di saperlo, ma mi calunni. Io sono… un nevrastenico. Niente altro. Cioè, rettifico: ora non lo sono più. O, meglio, lo sono e non lo sono. La natura del nevrastenico – mi ha detto il dottore – ci è sempre, e devo stare in guardia. Ma dopo la cura che ho fatta, ho guadagnato il cento per cento. Se io non fossi sicuro d'essere la stessa persona che ero, non mi riconoscerei più. E sai qual'è la cura che ho fatta?
(lievemente) No.
L'elettroterapia! Elettricità, senza risparmio. Correnti elettriche… da per tutto. E non vanno via, no! Restano dentro. Io mi sento pieno di correnti. Suppongo che se di notte mi si applica una lampada, io sono buono ad illuminare un tunnel. Fa miracoli, mia cara Tilde, la scienza moderna.
Per i mariti antichi.
Per i mariti antichi che abbiano delle qualità resistenti come le ho io.
Tu hai delle qualità resistenti?!
Sì che le ho.
Dimmene una.
Te ne dico una che è rarissima: (con prosopopea) la fedeltà!
Ah, senti: è il colmo dell'improntitudine!
Sospetti che io abbia dei capricci fuori di casa?
Dei capricci, tu?! Sta tranquillo: so bene che non è verosimile.
Dunque, non sono infedele.
Per la medesima ragione per cui non sei neppure fedele.
Ecco il solito pessimismo che mi paralizza! Tu sei pessimista. Tu sei… oscurantista. Nelle tue parole non manca mai l'idea che ti sei fitta in mente: cioè che io sono un ferro vecchio, che io sono arrugginito, che io non so amarti più. A via di ripetermelo, ne hai persuaso anche me. Il medico appunto questo mi spiegava: – «Voi siete impressionabile come tutti i nevrastenici. Se vi si ripete, mettiamo, che non potete camminare, ve ne convincete voi più di ogni altro… e non camminate davvero. Dovreste pregare chi vi vuol bene di non impressionarvi a vostro svantaggio. Altrimenti, siete perduto». E tu, al contrario, oggi come sempre, non fai che impressionarmi nel modo più… debilitante. Mi cascano le braccia.
Me ne duole assai; ma non per te.
E per chi?
Per le correnti elettriche.
(cercando di aver fiducia in sè stesso) Verrà, verrà il momento in cui non le piglierai più in canzonella!
E la nevrastenia? E le impressioni? E il mio pessimismo? Il mio oscurantismo?
Quando avrò la ferma volontà d'infischiarmene, me ne infischierò. Non sorgerà il sole di domani se io non ti avrò dimostrato che so amarti freneticamente, furiosamente.
Tra gli altri guai, c'è che ne parli troppo di questa cosa.
Te ne ho parlato per difendermi.
Ma continui a parlarmene.
Soltanto per dirti quello che certamente farò.
(sentenziando argutamente) «Chi lo dice, non lo fa.»
(alzandosi) Santi numi del cielo, sei implacabile!
(passeggiando nervosamente) «Chi lo dice, non lo fa!» Io non intendo che gusto ci trovi a crearmi queste prevenzioni che hanno sempre messo del ghiaccio fra me e te. È una illegalità! (Poi, a un tratto, assumendo un aspetto orgoglioso) Or bene, Tilde, io rompo il ghiaccio e vado avanti! (Si slancia appassionatamente su lei.)
Ahi!.. Mi hai pestato un piede.
Accidente anche ai piedi! (Si allontana dicendo quasi tra sè:) È bell'e finita: mi sono smontato. (Le si riavvicina con cortesia affettuosa) Ti ho fatto male? Ti ho fatto molto male? Senti dolore?
Non ti accorare. Sono dolori che passano. Pensa piuttosto che il mio piede ti ha trattenuto sull'orlo del precipizio. Ma è forse questa l'ora più adatta per rompere il ghiaccio? È incredibile che la tua carriera di uomo non ti ammonisca. E poi, stammi a sentire: Non ti ci fissare. Distraiti. Scegli qualche argomento diverso per discorrere con me. Ciò ti curerà la nevrastenia meglio di tutti gli espedienti a cui sei ricorso fino adesso.
(siede lontano, contrariatissimo. – Pausa) Dimmi tu stessa, in questo momento, per esempio, di che cosa dovrei discorrere.
(alzandosi) Avresti dovuto già darmi notizie di casa nostra.
(seccamente) È piena di polvere.
Perchè?
Perchè i domestici non spolverano.
Ma io desidero notizie di mia zia, di mia sorella…
(balza in piedi percotendosi la fronte con la mano) Bestia che sono! Avevo completamente dimenticata la commissione di tua sorella e di tua zia.
Di che si tratta?
D'una novità importantissima. C'è in campo un matrimonio.
Per mia zia?!
Per tua sorella.
(indignandosi) E io non ne so nulla?!
Sono io appunto incaricato d'informartene.
Ma che! Sarà una semplice chiacchiera. Bice è appena uscita di collegio. Non ci mancherebbe altro! E poi, l'averla io affidata per qualche mese alla zia non vuol dire che rinunzio al diritto e al dovere di guidarla in ogni suo passo.
Una semplice chiacchiera non è. Iersera, Gustavo Franchesi fece la sua brava dichiarazione alla ragazza, e, con molta correttezza, ne parlò subito alla zia, sollecitando un abboccamento con te.
(meravigliata) E la piccina?
La piccina piangeva di gioia e si lasciava asciugare le lagrime da lui con un fazzoletto all'opoponax. Quando vorrai ricevere il pretendente, non avrai che a recarti per un giorno a Napoli o ad invitarlo a venir qui, il che sarebbe più semplice.
Io sono intontita.
Eppure, tua sorella te ne aveva scritto spesso di Gustavo Franchesi.
Mi aveva scritto che le era stato presentato dalla zia e in due o tre lettere, con una certa compiacenza bambinesca, aveva accennato alle cortesie di costui. Nulla di saliente. Come mai in meno d'un mese il cuore di questo signore e il cuore di questa ragazza hanno fatto tanto cammino!?
In automobile.
(austera) Ti prego di prendere sul serio il cuore di mia sorella.
E che devo sposarla io? Del resto, è stato proprio così. La zia ha fatto