Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1. Edward Gibbon
Cesari dell'Imperator Giuliano.
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Eutropio e Sesto Rufo han voluto perpetuare questa illusione. Vedasi una dissertazione molto ingegnosa di M. Freret nelle memorie dell'Accademia delle iscrizioni Tom. XXI p. 55.
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Dione Cassio, l. LXVIII e i Compendiatori.
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Ovid. Fast. l. II vers. 667. Ved. Tito Liv. e Dionigi d'Alicarnasso nel regno di Tarquinio.
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S. Agostino si compiace molto nel riportare questa prova della debolezza del Dio Termine e della vanità degli augurj. Ved.
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Ved. la Storia August. p. 5, la Cronica di S. Girolamo e tutte le epitomi. È ben singolare che questo memorabile avvenimento sia stato omesso da Dione, o per dir meglio da Sifilino.
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Dione l. LXIX p. 1158 Stor. August. p. 5. 8. Se tutte le opere degli storici fosser perdute, le medaglie, le iscrizioni e gli altri monumenti di questo secolo basterebbero per farci conoscere i viaggi di Adriano.
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Ved. la Stor. August. e le epitomi.
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Non bisogna per altro scordarsi, che sotto il regno di Adriano il fanatismo armò gli Ebrei, e suscitò una violenta ribellione in una provincia dell'Impero. Pausania l. VIII c. 43 parla di due guerre necessarie terminate felicemente dai Generali di Antonino Pio; una con i Mori erranti, i quali furon cacciati nei deserti del monte Atlante; l'altra contro i Briganti della Britannia, che avevano invasa la provincia romana. La storia Aug. fa menzione, p. 19 di queste due guerre, e di molte altre ostilità.
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Appiano di Alessandria nella prefazione della sua Storia delle Guerre Romane.
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Dione l. LXXI Stor. Aug. in
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Il più povero soldato possedeva più di 1800
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Cesare compose una legione detta
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Ved. Vegezio,
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Il giuramento di fedeltà che l'Imperatore esigeva dalle truppe, era rinnovato ogni anno il primo di gennaio.
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Tacito chiama le Aquile romane
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Vedi Gronovio
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Vegezio, l. II e il resto del suo primo libro.
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M. le Beau ha illustrato assai bene la danza Pirrica nella Raccolta dell'Accademia delle iscrizioni, tom. 35, p. 262 ec. Questo dotto Accademico ha unito in una serie di memorie eccellenti tutti i passi degli autori antichi concernenti la legione romana.
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Giuseppe
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Panegirico di Plinio c. 13 vita di Adriano nella Storia Augusta.
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Vedasi nel sesto libro della sua storia una digressione ammirabile sulla disciplina de' Romani.
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Vegezio,
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Vegezio, l. I. c. 1. Al tempo di Cicerone e di Cesare la voce
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Al tempo di Polibio, di Dionigi d'Alicarnasso l. V cap. 45 la punta di acciaro del
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Sulle armi dei legionari ved. Giusto Lipsio,
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Vedasi il bel paragone di Virgilio, Georg. l. II v. 279.
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M. Guichard, Memorie militari tom. I c. 4 e nuove Memorie tom. I p. 293, 311, ha trattato questo soggetto da uomo dotto e da uffiziale esperto.
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Ved. la tattica di Arriano. Questo autore greco, appassionato per le istituzioni patrie, ha voluto piuttosto descrivere la falange a lui nota solo per gli scritti degli antichi, che le legioni da esso comandate.
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Polib. l. XVII.
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Vegezio,
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Ved. Tito Livio quasi in ogni pagina, e segnatamente l. XLII 6.
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Plinio Stor. nat. XXXIII 2. Il vero senso di questo passo molto curioso è stato trovato e schiarito da M. di Beaufort.
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Orazio ed Agricola ce ne danno un esempio. Sembra che questo costume fosse un vizio nella disciplina romana. Adriano procurò di rimediarvi, fissando l'età necessaria per esser Tribuno.
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Vedasi la tattica di Arriano.
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Tale era in particolare lo stato dei Batavi. Vedi Tacito, Costumi de' Germani, c. 29.
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Marco Aurelio, dopo aver vinto i Quadi ed i Marcomanni, li obbligò a fornirgli un considerabil corpo di truppe, che subito spedì nella Britannia. Dion. l. LXXI.
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Tacito, Annal. IV, 5. Coloro i quali parlano di un certo numero di pedoni, e del doppio di cavalli, confondono gli ausiliari degl'Imperatori con gl'Italiani alleati della Repubblica.
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Vegezio, II 2. Arriano, nella sua descrizione della marcia, e della battaglia contro gli Alani.
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Il Cav. Folard (nel suo Commentario sopra Polibio, tom. II p. 233, 290) ha trattato delle macchine antiche con molta erudizione e sagacità; le preferisce perfino in molti conti ai cannoni ed ai mortari che noi usiamo. Conviene osservare che appresso i Romani l'uso delle macchine divenne più comune a misura che il valor personale e l'abilità militare sparvero nell'Impero. Quando non fu più possibile trovar uomini, convenne supplire a questa mancanza con macchine di specie diversa. Ved. Vegezio, II 25 ed Arriano.
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«Universa quae in quoque belli genere