Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3. Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3 - Edward Gibbon


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e può valutarsi tutta la somma circa 4800 zecchini.

128

Se volessimo diminuire i vizi di Paolo, saremmo costretti a sospettare, che i Vescovi dell'Oriente, adunati insieme, avessero pubblicato le più maliziose calunnie in una lettera circolare mandata a tutte le Chiese dell'Impero (ap. Euseb. l. VII. c. 30).

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La sua eresia (come quelle di Noeto e di Sabellio, che insorsero nel medesimo secolo) tendeva a confondere la misteriosa distinzione delle persone Divine. Vedi Mosemio p. 720. ec.

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Vedi Eusebio (Hist. Eccl. l. VII. c. 30). Ad esso è interamente dovuta la curiosa istoria di Paolo Samosateno.

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L'Era de' Martiri, ch'è sempre in uso fra' Copti e gli Abissinj, dee computarsi dal 29 Agosto dell'anno 284, perchè il principio dell'anno Egiziano cadeva diciannove giorni prima del reale avvenimento al trono di Diocleziano. Vedasi la Dissertazione preliminare all'Arte di verificar le date.

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L'espressione di Lattanzio (de M. P. c. 15) sacrificio pollui coegit suppone l'antecedente lor conversione alla fede, ma non par che giustifichi l'asserzione di Mosemio (p. 192), ch'esse privatamente si fossero battezzate.

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Il Tillemont (Memoir. Eccles. Tom. V. Part. I. p. 11, 12) ha tratto dallo Spicilegio di Don Luca d'Acheri un'istruzione molto curiosa, che fece il Vescovo Teona per uso di Luciano.

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Vedi Lattanzio de M. P. c. 10.

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Euseb. Hist. Eccl. l. VIII c. 1. Il lettore, che voglia consultare l'originale non mi accuserà di avere ingrandito la pittura. Eusebio aveva circa sedici anni, quando Diocleziano fu fatto Imperatore.

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Noi potremmo addurre fra' moltissimi esempi il misterioso culto di Mitra, ed il Taurobolia, essendo quest'ultimo divenuto alla moda nel tempo degli Antonini. Vedi una Dissertazione di Deboze nelle memorie dell'Accademia delle Iscrizioni (Tom. II. p. 443). Il romanzo d'Apuleio è pieno sì di devozione che di satira.

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L'impostore Alessandro con molta forza raccomandò l'oracolo di Trofonio in Mallos, e quelli di Apollo in Claro e in Mileto (Lucian. Tom. II. p. 236. Edit. Reitz.). Quest'ultimo, l'istoria singolare del quale potrebbe somministrare un episodio molto curioso, fu consultato da Diocleziano, avanti ch'ei pubblicasse i suoi editti della persecuzione (Lactant. de M. P. c. 11).

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Oltre le antiche istorie di Pitagora e d'Aristeo, frequentemente si opponevano a' miracoli di Cristo le cure fatte al Santuario d'Esculapio, e le favole attribuite ad Apollonio di Tiane; quantunque io convenga col D. Lardner. (Vedi Testim. Vol. III. p. 252, 352), che quando Filostrato scrisse la vita d'Apollonio, non ebbe tal intenzione.

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Egli è molto da dolersi, che i Padri Cristiani, ammettendo la parte soprannaturale, o com'essi credono, infernale del Paganesimo, con le proprie lor mani distruggano il gran vantaggio, che altrimenti noi potremmo trarre dalle generose concessioni de' nostri avversari.

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Giuliano (p. 301 Edit. Spanhem.) dimostra una devota gioia, perchè la providenza degli Dei avesse estinte l'empie Sette, e per la maggior parte distrutti i libri de' Pirronei e degli Epicurei; ch'erano assai numerosi, mentre il solo Epicuro non compose meno di 300 volumi. Vedi Diogene Laerzio l. X. c. 26.

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Cumque alios audiam mussitare indignanter, et dicere oportere statui per Senatum, aboleantur ut haec scripta, quibus Christiana religio comprobetur, et vetustatis opprimatur auctoritas. Arnob. adv. Gentes l. III p. 103, 104. Egli aggiunge molto assennatamente: Erroris convincite Ciceronem… nam intercipere scripta, et publicatam velle submergere lectionem, non est Deum defendere, sed testificationem timere.

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Lattanzio (Div. Inst. l. V. c. 2, 3) fa una molto chiara ed ingegnosa istoria di due di questi filosofi, nemici della Fede. Il vasto trattato di Porfirio contro i Cristiani era composto di trenta libri, e fu scritto in Sicilia circa l'anno 270.

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Vedi Hist. Eccl. l. I. c. 9. ed il Cod. Teodos. l. I. Tit. I. l. 3.

144

Eusebio (l. VIII. c. 4. c. 17) determina il numero de' martiri militari con la seguente notevole espressione σπανιως τουτων εις που καὶ δευτερος, di cui non hanno renduta la forza nè il Traduttore Latino, nè il Francese. Nonostante l'autorità d'Eusebio, ed il silenzio di Lattanzio, di Ambrogio, di Sulpicio, d'Orosio ec. si è per lungo tempo creduto, che la legione Tebea, composta di 600 °Cristiani, soffrisse il martirio per ordine di Massimiano nella valle delle alpi Pennine. Ne fu per la prima volta pubblicata l'istoria, verso la metà del quinto secolo, da Eucherio Vescovo di Lione, che l'ebbe da certe persone, alle quali era stata comunicata da Isacco Vescovo di Ginevra, che si dice averla ricevuta da Teodoro Vescovo d'Ottoduro. Tuttavia sussiste l'Abbazia di S. Maurizio, ricco monumento della credulità di Sigismondo Re di Borgogna. Vedasi un'eccellente dissertazione nel Tomo XXXIV. della Bibliothèque raisonnée p. 427-454.

145

Vedi Acta Sincera p. 299. Le istorie del martirio di lui e di Marcello portano qualche carattere di verità e di autenticità.

146

Act. Sincer. p. 302.

147

De M. P. c. II. Lattanzio (o chiunque siasi l'autore di questo piccol trattato) aiutava a quel tempo in Nicomedia; ma sembra difficile immaginare com'egli potesse acquistare una cognizione così esatta di ciò che seguiva nel gabinetto Imperiale.

148

L'unica circostanza, che possiam ravvisare, è la devozione e la gelosia della madre di Galerio. Essa ci viene descritta da Lattanzio come Deorum montium cultrix, mulier admodum superstitiosa. Aveva essa una grande autorità sopra il figlio, ed era offesa dalla poca stima di alcune delle sue serve Cristiane.

149

Il culto e la festa del Dio Termine elegantemente si illustrano dal De Boze (Mem. de l'Accademie des Inscriptions Tom. I. p. 50.).

150

Nell'unico manoscritto, che abbiamo di Lattanzio, si legge profectus; ma la ragione, e l'autorità di tutti i Critici permettono di sostituir praefectus, in luogo di quella parola che distrugge il senso del passo.

151

Lattanzio (de M. P. c. 12) fa una pittura molto viva della distruzion della Chiesa.

152

Mosemio (p. 922-926) da molti luoghi sparsi di Lattanzio e d'Eusebio ha rilevato una molto giusta ed esatta notizia di quest'editto, sebbene qualche volta egli dia in congetture e sottigliezze.

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Molti secoli dopo, Eduardo I. praticò con gran successo l'istessa forma di persecuzione contro il Clero d'Inghilterra. Vedi Hume, Ist. d'Ingh. Vol. I. p. 300 dell'ultima edizione in 4.

154

Lattanzio solamente lo chiama quidquam etsi non recte, magno tamen animo ec. c. 12. Eusebio (l. VIII. c. 5) l'adorna degli onori secolari. Nessuno si è avvisato di far menzione del suo nome; i Greci però celebrano la memoria di lui sotto il nome di Giovanni. Vedi Tillemont, Mem. Eccles. Tom. V. p. II. p. 320.

155

(Lactant. de M. P. c. 13, 14.) Potentissimi quondam eunuchi necati, per quos Palatium et ipse constabat. Eusebio (l. VIII. c. 6.) racconta le crudeli esecuzioni degli eunuchi Gorgonio, e Doroteo, e di Antimio Vescovo di Nicomedia; ed ambidue questi Autori descrivono in un'equivoca ma tragica forma le orride scene, che furono rappresentate anche alla presenza Imperiale.

156

Vedi Lattanzio, Eusebio, e Costantino ad Coetum sanctorum c. 25.


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