I Mille. Garibaldi Giuseppe

I Mille - Garibaldi Giuseppe


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rel="nofollow" href="#n18" type="note">18 ponno bombardare una povera città senza esserne molestati, la loro bravura da cannibali si accresce in ragione geometrica.

      Ben presto però il popolo di Palermo accorse all’erezione di quei propugnacoli cittadini, che fanno impallidir la tirannide – le barricate – e vi si distinse come direttore il colonnello dei Mille, Acerbi, milite valoroso di tutte le battaglie italiane.

      I popolani, armati d’un ferro in qualunque guisa dal coltello alla scure, presentavano nei giorni susseguenti, quelle imponenti masse, irresistibili in una città, a qualunque truppa, per ben organizzata che sia. E quando un’intimazione di deputati borbonici fece significare ai Palermitani: di dover ricorrere alla clemenza del Re, un ruggito di sublime sdegno – somigliante a quello dei terribili nostri vulcani quando scuotono la superficie del globo – si udì nelle illustri vie che risuonano ancora l’eco sterminatore di un esercito di tiranni.

      Allora potè vedersi cosa vale una città di dugento mila anime disposta a seppellirsi sotto le macerie dei suoi focolari, pria di piegar il ginocchio sotto la prepotente tirannide.

      Da quel momento le barricate sortivan da terra come per incanto – e che barricate! da poter sfidare anche le più forti artiglierie. Palermo n’era stipata. – Ogni finestra di casa presentava un’alta barricata di materassi, cuscini, mobilia d’ogni specie, e le più pesanti suppellettili vedevansi sospese, pronte ad esser precipitate sulle teste dei mercenari, in caso essi avessero tentato di assalire i figli della libertà.

      Salve! città dalle grandi memorie – anche questa volta l’eroica tua iniziativa valse la quasi unità della patria italiana, che sarebbe compiuta oggi, senza la prevalenza della menzogna, del dottrinarismo e degli adoratori del ventre!

      CAPITOLO XXI

      LA CAPITOLAZIONE

      Les Républicains sont des hommes,

      Les esclaves sont des enfants.

(Chenier).

      Io ho sempre inteso per repubblicani i propugnatori dei diritti dell’uomo contro la tirannide; e tali eran certamente i Mille ed i loro valorosi commilitoni del 60. Ciò sia detto, spero, per l’ultima volta, a confutazione di quei dottrinari che voglion oggi far monopolio dell’idea repubblicana, come se fossero essi gl’inventori – come se non fossero mai esistite repubbliche – e che hanno sempre l’aria di non volermi perdonare la spedizione di Marsala, per non avervi proclamata la repubblica e di non averla proclamata in altre occasioni, in cui mi sono trovato in comando.

      Dopo la Fieravecchia, occupato il palazzo Pretorio col quartier generale, i nostri militi rinforzati sempre dai robusti abitatori delle campagne, armati di cattive carabine – ma audacissimi – i nostri militi, dico, a poco a poco, cacciarono da tutti i punti centrali della città i soldati borbonici verso il Palazzo Reale a mezzogiorno, e verso Castellamare a tramontana. Le comunicazioni tra il quartier generale e la flotta divennero impossibili, ed i primi indizi d’una capitolazione furono: la richiesta del permesso di condurre i feriti nemici sulla flotta, per esser trasportati a Napoli, e quello di seppellire i morti che ammonticchiati nei siti delle pugne, cominciavano ad infettar l’aria.

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      1

      I due piroscafi che trasportarono i Mille in Sicilia imbarcandoli a Villa Spinola, residenza dell’illustre C. A. Vecchi, che tanto fece in favore della spedizione.

      2

      Di cuore avrei voluto aggiungere del contadino, ma non voglio alterare il vero. Questa classe robusta e laboriosa non appartiene a noi, ma al prete, col vincolo dell’ignoranza. E non v’è esempio di averne veduto uno tra i volontari. Essi servono, ma per forza, e sono i più efficaci istrumenti del dispotismo e del clero.

      3

      Per Infinito intendo Dio come lo spazio.

      4

      Palischermi genovesi.

      5

      Il comandante Giorgini, facilitando ogni cosa, si acquistò il titolo di benemerito della patria. Il governo però non mancò di punirlo per la sua condiscendenza.

      6

      In proposito di codesti giovani, che poi non si vollero considerare come facienti parte dei Mille, il generale Garibaldi, in data 25 maggio 1869, scriveva una lettera la quale conteneva la seguente dichiarazione. «Fu per ordine mio che la spedizione Zambianchi in Talamone si staccò dal corpo principale dei Mille per ingannare i nemici sulla vera destinazione di detto corpo.

      «Io sono certo che i componenti la spedizione Zambianchi, Guerzoni, Leardi e tutti sarebbero stati degni, come sempre, dei loro compagni, ove avessero avuto la fortuna di partecipare ai gloriosi combattimenti di Calatafimi e di Palermo».

      7

      Espressione usitatissima, che significa vogar indietro, e che richiude un pleonasmo, poichè sciare significa retrocedere, senza bisogno dell’indietro.

      8

      Città.

      9

      Genova.

      10

      Merita d’essere ricordata la gloriosa morte dello Schiaffino e l’orribile ferita che ebbe Elia nella battaglia di Calatafimi. Ecco come l’Elia stesso la racconta in una lettera al Dott. Riboli. «Io non era aggregato a compagnia nè a battaglione. Fra Menotti Garibaldi, Schiaffino e me, si era stabilito un patto di non accettare pel momento alcun servizio, ma tutti e tre rimanere al fianco del Generale. Allorchè i Cacciatori napoletani, che provarono ad assalire i nostri, si dovettero ritirare inseguiti dai Carabinieri genovesi, Menotti, Schiaffino colla bandiera, ed io ci slanciammo dietro ai fuggenti, ma tanta fu la nostra foga entusiastica, che arrivati su l’erta posizione nemica, ci accorgemmo d’esser soli, ed era naturale che dovessimo pagare il fio della nostra arditezza. Diffatti il bravo Schiaffino cadeva trafitto da numerosi colpi, e lo stesso sarebbe avvenuto a Menotti che, nel raccogliere la bandiera, fu ferito in una mano, se io abbracciatolo, non mi fossi lasciato cadere con lui da un rialzo, che formava una specie di trincera. Quivi rimasti un poco a prender fiato, io nel volgermi per rispondere al capitano Frescianti che mi chiedeva cartucce, vidi che il generale Garibaldi, distante un buon tratto dalla colonna garibaldina, s’a

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I due piroscafi che trasportarono i Mille in Sicilia imbarcandoli a Villa Spinola, residenza dell’illustre C. A. Vecchi, che tanto fece in favore della spedizione.

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Di cuore avrei voluto aggiungere del contadino, ma non voglio alterare il vero. Questa classe robusta e laboriosa non appartiene a noi, ma al prete, col vincolo dell’ignoranza. E non v’è esempio di averne veduto uno tra i volontari.


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