Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6 - Giannone Pietro


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di comporre quel suo libretto: In reliquias juris Longobardorum. Scrisse ancora alcuni altri Trattati, alcuni Singolari, le Cautele, e le Note sopra le nostre Costituzioni, e Capitoli del Regno129. Di queste sue fatiche gli Scrittori de' tempi, che seguirono, ne fanno onorata memoria. Francesco Vivio130 lo chiama uomo di grande autorità nel Regno, e spezialmente per lo suo Trattato delle differenze tra le leggi romane e Longobarde. L'Autore della Chiosa alla Prammatica Dubitationi, De termino citandi auctorem in causa reali, lo loda non poco; e tutti coloro, che han fatto studio sopra le di lui opere, di molti encomj lo cumulano. Fu coetaneo, e molto amico di Luca di Penna, com'egli stesso ci fa conoscere, scrivendo nella Costituzione Majestati nostrae, de Adulteriis, ch'egli d'un dubbio, che avea sopra quella Costituzione, andò a dimandarne parere da Luca di Penna, il quale, come e' dice, a me interrogatus sic de verbo ad verbum respondit, etc. Passò per qualche tempo, nell'avversa fortuna, la sua vita in Cerreto, e fu sempre grato al suo Maestro Benvenuto di Milo Vescovo di Caserta; confessando nel titolo de Aedificiis dirutis reficiendis, che da niente l'avea fatto, e ridotto in quello stato, in cui si trovava.

      Fiorì con lui nel medesimo grado di Consigliere del Re Roberto Giacomo di Milo suo compatriotto: fu anche costui, per la sua dottrina e saviezza, da questo Re fatto suo Consigliere, e glie ne spedì privilegio, che si vede ne' Registri degli anni 1337 e 1338 lit. B fol. 28, onde Morcone, Terra del Contado di Molise, si rese in questi tempi celebre per tre suoi famosi Cittadini, per un dottissimo Vescovo, e due insigni Consiglieri, e Giureconsulti. Intorno a questi medesimi tempi rilusse Filippo d'Isernia celebre Legista, e Lettore della prima Cattedra del Jus Civile nell'Università degli Studj di Napoli, nell'istesso tempo ch'era Consigliere, e famigliare del Re Roberto, il quale lo tenne in tanta stima, che non solo lo fece suo Consigliere, ma nell'anno 1320 l'elesse per Avvocato de' Poveri, e poi del suo Fisco131. Fiorirono ancora Bartolommeo di Napoli, contemporaneo di Dino132, Bartolommeo Caracciolo, di cui si crede, che fosse la Cronaca pubblicata sotto il nome di Giovanni Villano, al sentire d'Agnello Ruggiero di Salerno133, ed alcuni altri rapportati dal Toppi, de' quali a noi rara ed oscura fama è pervenuta, per non averci di loro lasciate opere, nè altra memoria si ha de' loro scritti.

      Di Napodano Sebastiano, che fiorì sotto la Regina Giovanna I, famoso Chiosatore delle nostre Consuetudini, a bastanza fu da noi detto nel libro precedente: morì egli nel 1382, e possiamo dire in lui essersi quasi che estinto presso noi lo studio della giurisprudenza. I tempi torbidi, e pieni di rivoluzioni, che seguirono e che per lo corso d'un secolo intero continuarono insino al Regno placido e pacato d'Alfonso I d'Aragona, fecero tacere presso di noi non meno la giurisprudenza, che l'altre lettere. Da Napodano insino a Paris de Puteo, Goffredo di Gaeta, e Matteo d'Afflitto, nel tempo de' quali cominciò ella a risorgere, non abbiamo Scrittore, che ci lasciasse di quella monumento alcuno. E vedi intanto in queste regioni le vicende della nostra giurisprudenza, e quanto ella debba a' favori de' Principi letterali, ed all'amore della pace.

      Nel tempo del Re Roberto, e ne' principj del Regno di Giovanna sua nipote, nell'Accademie, e negli altri Stati d'Italia fiorirono tanti insigni ed illustri Giureconsulti; nè l'Accademia di Napoli, e la Corte de' suoi Re furono inferiori a quelle.

      In questo decimoquarto secolo cominciò in Italia quasi un nuovo periodo alla ragion civile, e surse l'età de' Commentatori; poichè dopo Accursio niuno più con Chiose, ma con pieni Commentarj cominciarono i Giureconsulti di questi tempi ad illustrarla. Si distinsero nelle altre città d'Italia Bartolo di Sassoferrato, Baldo Perugino suo discepolo, Angelo fratello di Baldo, e poi Alessandro Tartagna, Bartolommeo Saliceto, Paolo di Castro, Giasone Maino, Cino, Oltrado, Pietro di Bellapertica, Raffael Fulgosio, Raffael Cumano, Ipolito Riminaldo, e tanti altri, i quali al Corpo della ragion civile aggiunsero nuovi Commentarj. Noi in niente avevamo di che invidiargli per li nostri celebri Giureconsulti, che vi fiorirono ne' medesimi tempi, Bartolommeo di Capua, Andrea d'Isernia, Luca di Penna, Niccolò di Napoli, e gli altri di sopra riferiti. E veramente, siccome confessano anche gli stranieri134, fu questa gran lode della nostra Italia, la quale sopra tutte le altre Nazioni in ciò si distinse. E quantunque per l'ignoranza dell'istorie, delle lingue, e dell'erudizione, ne' loro Commentarj sia molto che riprendere; nulladimanco ciò non dee imputarsi a lor difetto, ma al secolo infelice, nel quale scrissero. Ma ben lo compensarono colla perspicacia ed acume de' loro ingegni, e coll'ostinate e lunghe fatiche, in guisa che dove non eran assolutamente necessarie l'istorie e le lingue ovvero la lezione degli antichi, essi arrivarono, e diedero al segno col solo acume della ragione e della lor mente. Fu riserbato questo miglior rischiaramento al secolo seguente, quando, come diremo, per la ruina della città di Costantinopoli cominciarono a risorgere presso noi, ed a fiorire le buone lettere; e questo vanto pur deesi alla nostra Italia, e per la giurisprudenza, ad Andrea Aleiato di Milano, il quale in il primo a restituirla nel suo candore e pulitezza.

      Ma siccome sotto il Re Roberto, stando il Regno in grandissima tranquillità, poterono i Cavalieri e' Baroni desiderosi d'acquistar onori e titoli, esercitar il loro valore nelle guerre, che fuori del Regno, ora in Sicilia ed in altre parti d'Italia, ora in Grecia ed in Soria si facevano, e servendo con molta virtù in presenza del Re, o de' suoi Capitani generali, meritare essere esaltati, ed arricchiti d'onorati premj, onde per questa via dell'armi sorsero le loro famiglie, le quali poterono mantenere il di loro splendore per molti secoli appresso: così gli uomini letterati e di governo servendo a' loro Principi, si videro esaltati a diversi, ed eminenti posti, ed adoperati in cose importantissime, de' quali insin'al dì d'oggi se ne vedono successori posti in altissimi gradi e titoli; ciò che ha fatto vedere, che non meno l'uso della spada, che della penna suol onorare, e far illustri le persone e le schiatte, e che questi soli siano i due fonti, donde ugualmente deriva la nobiltà e la grandezza nelle famiglie. Ma quando per la morte del savio Re Roberto senza figliuoli maschi, s'estinse la linea di que' Re potenti, e valorosi, e 'l Regno venne in man di femmina, tra le discordie di tanti Reali, che vi rimasero, e quelle arme, che fin qui s'erano adoperate in far guerra ad altri, a mantener il Regno in pace, ed in quiete, si rivolsero a danni e ruine del medesimo Regno; non pur ne nacquero mutazioni di Signorie, morti violente di Principi, distruzioni e calamità di Popoli. ma le discipline e le lettere tra i moti e dissensioni civili, vennero parimente a declinare; nè presso di noi risursero, se non quando, dopo tante rivoluzioni di cose, che saranno il soggetto de' seguenti libri, venne finalmente il Regno a riposarsi sotto la dominazione d'Alfonso primo d'Aragona, Re savio e magnanimo, che restituillo nella pristina sua pace e quiete.

      CAPITOLO VIII

Politia ecclesiastica del XIV secolo, per quel tempo che i Papi tennero la loro sede in Avignone, insino allo Scisma de' Papi di Roma e d'Avignone

      Come suole avvenire nelle cose di questo Mondo, che qualora si veggono giunte al sommo, questo stesso tanto innalzarsi è principio del loro abbassamento: così appunto accadde al Pontificato romano in questo nuovo XIV secolo, la politia ecclesiastica del quale saremo ora a trattare. Bonifacio VIII calcando le orme dei suoi predecessori, credea aver ridotto il Pontificato in tanta elevatezza, che coronato di duplicate corone, e vestito del manto imperiale, volea esser riputato Monarca non meno dello spirituale, che del temporale, e che i maggiori Re e Principi della terra fossero a lui soggetti anche nel temporale, siccome, oltre la divisa presa de' due coltelli, lo dichiarò apertamente in quella sua stravagante Bolla Unam Sanctam. Prese per tanto a regolare le contese de' Principi, e fra gli altri quelle di Odoardo Re d'Inghilterra, e di Guido Conte di Fiandra con Filippo il Bello, Re di Francia. Entrò nell'impegno di distruggere affatto in Italia il partito de' Ghibellini e de' Colonnesi, e di far conoscere la sua potenza sopra tutti i Principi, vietando loro con sua Bolla d'esigere cos'alcuna sopra i beni degli Ecclesiastici. Queste ardite risoluzioni offesero grandemente l'animo di Filippo Re di Francia, il quale accortosi, che la proibizione, ancorchè generale, riguardava il Regno di Francia, vi s'oppose con vigore, e fece stendere un Manifesto contro la Bolla; e dall'altra parte seguitando Bonifacio a distruggere il partito de' Ghibellini e de' Colonnesi, questi furono costretti ritirarsi in Francia, dove furono dal Re accolti, onde maggiormente le contese s'inasprirono, le


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<p>129</p>

Conrad Gesnero in Bibliotheca. Autore dell'Indice de' libri legali. V. Toppi in Biblioth. pag. 40.

<p>130</p>

Viv. decis. 163.

<p>131</p>

V. Toppi in Biblioth. p. 400.

<p>132</p>

V. Gesner. in Biblioth. fol. 105. Toppi in Biblioth. fol. 40.

<p>133</p>

Aguel. Rug. Orat. Literar. Theatrum.

<p>134</p>

Arthur. Duck de Auth. etc. lib. 1 c. 5 § 15. Struv. de Hist. Jur. Justin. restaur. cap. 5 § 14.