La promessa sposa di Lammermoor, Tomo 1. Вальтер Скотт

La promessa sposa di Lammermoor, Tomo 1 - Вальтер Скотт


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peregrino quel Lord nell'atto di congedarlo per sempre all'obblio, ricomparvero, ma a guisa di lampo.

      Un grande numero di bandiere, su cui stavano effigiate le armi e le imprese di quest'antica famiglia, e di tant'altre alle quali era congiunta di sangue, vedeansi dispiegate, e si seguivano in funebre processione passando sotto l'arco della porta che conducea fuor della torre. Tutta la Nobiltà del paese, imparentatasi da più secoli co' Ravenswood, vi si era assembrata per prestare gli estremi onori al defunto; vestiti di gramaglia e in lunga cavalcata, marciavano lentamente, siccome è l'uso in una cerimonia tanto solenne, e ne regolavano il passo i lenti e lugubri squilli delle trombe che di velo nero parimente eran coperte. Immensa folla d'abitanti dei dintorni, di ogni età e sesso, formavano il retroguardo, e sì lunga era la fila, che appena gli ultimi uscivano dalla porta della torre, quando i primi trovavansi all'ingresso della cappella, entro cui i defunti della casa di Ravenswood solevano esser sepolti.

      Contro l'uso, ed anche contro il testo della legge, stava a ricevere la comitiva un ecclesiastico inglese in cotta, e preparavasi a celebrare le esequie al defunto giusta il rito anglicano. Tale brama negli estremi del viver suo aveva manifestata lord Ravenswood, e la fazione de' Tori o Cavalieri, come ostentatamente nomavansi, composta in gran parte di amici e partigiani del Lord, erasi di tutto buon grado prestata a secondarla, anche per fare uno sfregio alla parte degli antagonisti. Ma la Chiesa presbiteriana avvertita della cerimonia che stava per celebrarsi, e riguardandola come insulto alla propria autorità, si era volta al lord cancelliere perchè a ciò mettesse l'ostacolo d'un suo comando. Laonde, quando il prete apriva il suo rituale, un ufiziale di giustizia seguito da alcuni armigeri gl'intimò la proibizione di procedere oltre.

      Il quale insulto commosse ad indegnazione tutta quella assemblea, e soprattutto il figlio del defunto, Edgardo, giovine di circa venti anni, comunemente nomato il Sere di Ravenswood. Portata la mano all'elsa della sciabola, disse all'ecclesiastico di continuare ad ufiziare senza scompigliarsi, e al messo della Giustizia di badar bene che non gli tornasse una seconda volta il prurito d'interrompere quella funzione. Volea insister l'altro adducendo l'obbligazione sua di adempiere gli ordini ricevuti; ma cento sciabole che, sguainate nel medesimo tempo gli scintillarono agli occhi, lo fecero accorto della necessità di limitare ogni suo atto ad una protesta contro l'atto di violenza, per cui gli era impedito eseguire le proprie incumbenze; e rimase spettatore della cerimonia funebre che era venuto quivi per disturbare; ma il contegno cupo e minaccevole che egli mantenne, sembrava dire: „ incauti, maledirete il giorno che usaste meco in tal guisa! „

      Perchè questa scena non ebbe ella il pennello di un abile artista che la ritraesse? Sotto le volte di quella casa della morte, il prete spaventato dallo spettacolo che gli stava dinanzi gli occhi, e tremebondo per la propria sicurezza, leggeva, in fretta e di mala voglia, le solenni preci della Chiesa. Schierati intorno di esso e silenziosi i parenti del morto, davano a divedere più disdegno che duolo, e quelle loro sciabole sollevate faceano un bizzarro chiaroscuro alle gramaglie che le coprivano. Unicamente ne' lineamenti del giovane scorgeasi che il risentimento cedeva alcun poco all'intenso affanno di vedere il più prossimo di tutti i congiunti, quasi il solo degli amici che avesse, in atto di entrar nella tomba de' suoi maggiori.

      Anzi un de' parenti lo vide impallidire oltre misura, quando finita la cerimonia, fu ora di calar entro la fossa la bara, di cui Edgardo, come più prossimo consanguineo, dovea sostenere un canto, giusta l'uso che prevalea nella Scozia. Avvicinatosi al giovane questo parente, gli si offerse per adempiere invece di lui un uffizio così penoso e lagrimevole. Ma con un tacito gesto avendolo Ravenswood ringraziato, compì con fermezza l'estremo dovere che il filial rispetto imponeagli. Collocata sul sepolcro la lapide, venne chiusa la porta della mortuaria cappella, e consegnatane la pesante chiave ad Edgardo.

      Nell'uscirne questi, si fermò sui gradini, volgendo tali detti agli amici: „ Signori, voi avete tributati gli ultimi ufizj al morto vostro parente in una guisa poco ordinaria. Que' funebri onori che in tutti gli altri paesi concedonsi al più oscuro fra i cittadini, sarebbero stati negati quest'oggi al cadavere del vostro congiunto, non uscito certamente da una delle ultime famiglie scozzesi, se il vostro coraggio non gli avesse al medesimo assicurati. Gli altri seppelliscono i loro morti in un silenzio rispettoso, e nei loro volti scorgonsi soltanto il cordoglio e le lagrime; noi invece, noi abbiamo veduto i nostri funerei riti disturbati dalla presenza degli ufiziali di giustizia e della forza armata. Il dolore che dovevamo alla memoria del personaggio compianto, ha fatto luogo al sentimento di un giusto sdegno. Ma io so bene da qual turcasso venne la freccia che ne ha trafitti. L'uomo solo che scavò la tomba a mio padre, ha potuto volerne disturbare le esequie; e Dio mi gastighi, se io non vendico, sopra questo uomo e sopra la sua casa, le persecuzioni e le calamità che sopra la mia famiglia ha condotte! „

      La maggior parte de' circostanti applaudirono questo discorso, come la verace espressione di un giusto risentimento; ma alcuni altri di più fredda indole, e più avvezzi a calcolare, si dolsero perfino che l'erede di Ravenswood avesse parlato in tal guisa. Essendo egli troppo debole per affrontare palesemente ser Guglielmo, temettero che tali inconsiderate parole cambiassero il segreto rancore del secondo in un'aperta nimistà. Ciò nonostante gli effetti, almeno immediati, non giustificarono i lor timori.

      Tornò alla torre il corteggio, per bere copiosamente ad onore del morto; costume sol da poco in qua abolito nella Scozia. La casa del dolore divenne teatro di gioie convivali, e rintronò dello strepito dell'ebbrezza per ogni banda; laonde l'erede dell'uomo le cui ceneri si onoravano in modo sì stravagante, spese a ciò oltre a due anni di rendita del suo misero patrimonio. Ma tale era l'uso; e il non uniformarvisi sarebbe stato un contrassegno di poco rispetto alla memoria del defunto, e di poco riguardo agli amici che gli sopravvivevano.

      Erasi adunque apparecchiato un banchetto splendido più di quanto lo comportasse lo stato del nuovo rappresentante dei Ravenswood. Dispensavasi senza parsimonia il vino sulla mensa, che nel salone della torre fu imbandita pei parenti e per gli amici del morto. L'ala e il porter si traccanavano in cucina dai contadini del fondo; intanto che in mezzo al cortile sgorgava dalle botti la mezza birra per contentare il rimanente del volgo. Non andò guari che tutte quelle teste entrarono in effervescenza, tranne quella del Sere di Ravenswood, che così persistevasi a nominarlo ad onta del decreto che come reo di Stato digradò il padre suo. Avendo egli solo serbata la calma della ragione, inumidiva appena il labbro alla tazza del convito nel passarla in giro agli altri che la votavano e riempievano prestamente, pronunziando mille imprecazioni contra il lord Cancelliere, e mille proteste di affezione al giovine Sere e alla sua famiglia. Egli le ascoltò taciturno e con cupo e pensieroso contegno, riguardandole giudiziosamente come figlie dell'entusiasmo, nè fatte per durare più lungamente di quelle leggieri bolle che s'innalzano all'orlo del nappo, quando vi si versa un liquore spiritoso, o permanenti tutt'al più quanto il fervor delle menti che i fumi del vino aveano prodotto.

      Votato l'ultimo fiasco, i convitati salutarono il nuovo proprietario della torre, rinovandogli vive proteste d'amicizia che alla domane avrebbero dimenticate: se pur non vi fu taluno tra coloro che ne largheggiarono, il quale trovasse necessario alla propria sicurezza il ritrattarle in solennissima forma il dì successivo.

      Ravenswood, dopo aver ricevuti tali congedi con un sentimento di sprezzo che potè appena nascondere, vide finalmente la sua torre liberata da questa turba di ospiti, la maggior parte allettati dalla speranza d'un buon banchetto, anzichè da desiderio di dar prova del loro riguardo verso il defunto, e ritornando nel salone del convito, gli parve doppiamente deserto, a motivo del silenzio che era succeduto al tumulto regnatovi fino allora. Ma si empiè invece di fantasmi che l'immaginazione di Ravenswood non fu tarda a crearsi. Lo splendore della casa, offuscato dalla sentenza disonorante di cui favellammo poc'anzi, un retaggio splendido altre volte, or ridotto al nulla, tante belle speranze distrutte; il trionfo della famiglia che aveva perduta quella dei Ravenswood: tutto ciò doveva offerire un vasto campo di meditazioni ad una mente cogitabonda, e per natura disposta alla tetraggine; e di fatto il nostro giovane si abbandonò a queste meditazioni tanto più facilmente, perchè non v'erano oggetti che nol potesser distogliere.

      Stanno tuttavia le rovine di questa torre in sulla cima della roccia, cui fanno continua ed impotente guerra l'onde del mare, e diventa ora soltanto abitazione della civetta e del mergo; e il contadino additandole ai passeggieri, narra che in quella notte fatale il sere di Ravenswood, vinto dalla disperazione evocò qualche spirito maligno, il


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