Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4. Giannone Pietro
Alessandro esser già passato in Francia: l'Imperadore ciò inteso, temendo non fosse colà ricevuto da Lodovico Re di Francia come vero Papa, v'inviò il Conte Errico suo Ambasciadore, perchè trattasse tra di loro un abboccamento presso la città d'Avignone per potere dar sesto e riforma agli affari della Chiesa. Cercava l'Imperadore con quest'occasione, vedendo che l'Antipapa non avea quel seguito che Alessandro, almeno che si dovesse deporre l'uno e l'altro, e creare un nuovo Pontefice, acciò che Alessandro suo scoverto inimico non fosse alla fine stato come vero Papa da tutti adorato; ed avendo persuaso al Re francese, uomo d'animo schietto, e facile ad esser ingannato, il ridusse con pochi de' suoi a venir per tale effetto al luogo destinato, e Federico con grande esercito vi giunse il giorno seguente; e pose col suo venire così poderoso di soldati in grave angustia il Pontefice ed il Re, che si avvidero tardi del suo ingannevol pensiero; e sarebbero mal capitati, se Errico Re d'Inghilterra prode e cristianissimo Principe, presentiti i disegni di Federico, non fosse accorso in Francia con grossa armata a soccorrere Alessandro ed il Re Lodovico. La cui opportuna venuta pareggiando le forze di Federico, fece che il suo pensiero non ebbe effetto alcuno, onde dopo vari trattati, sdegnato l'Imperadore d'esser riusciti vani i suoi pensieri, se n'andò col suo Antipapa in Alemagna; ed Alessandro rimasto libero di così grave periglio, fu dal Re d'Inghilterra, e dal Re Lodovico, e da tutti i lor Reami, come vero Pontefice riconosciuto e riverito. E passato poi in lor compagnia a Parigi, racchetò e compose alcune differenze, ch'eran tra quelli Re, facendogli far insieme lega e compagnia. Celebrò parimente in quest'anno 1163 un general Concilio in Turone, ove intervennero tutti i Prelati d'Inghilterra, di Scozia, di Francia, di Spagna e di Ibernia, con alcuni Prelati tedeschi, e riordinò in esso molte cose, e tolse altri abusi appartenenti al governo della Chiesa. Intanto l'Antipapa, non ostante l'impegno di Federico, gito con lui in Alemagna, non potè nemmeno essere ubbidito da que' Vescovi; onde ritornossene in Italia, ed andato a Lucca ivi dimorò insino alla sua morte, che poco da poi gli sopravvenne. Ma non per questo s'estinse lo scisma: poichè per opra di Rinaldo Cancellier di Federico, che colà dimorava, gli fu subito dato successore, e fu rifatto in suo luogo Guido da Crema, che Pascale III nomossi. I Romani avendo udita la morte dell'Antipapa, inviarono prestamente loro Ambasciadori in Francia a richiamare Alessandro, pregandolo che se ne fosse ritornato in Roma, che l'avrebbero con ogni amor ricevuto; onde il Pontefice conoscendo esser utile alla sua Chiesa, ch'egli risedesse nella sua principal sede, imbarcatosi su i vascelli di Francia, campando dalle insidie, che tra via per opera di Cesare gli aveano con lor galee tese i Pisani per farlo prigione, giunse a salvamento con tutti i suoi Cardinali, e con l'Arcivescovo di Magonza, che 'l seguiva, alla città di Messina: la cui venuta significata al Re Guglielmo, che allor dimorava a Palermo, il mandò prestamente a visitar per suoi Ambasciadori, che gli recarono in suo nome ricchi doni, e cinque galee armate, su le quali imbarcatosi il Pontefice, andò prima a Salerno, e di là ne venne colle stesse galee sino al Tevere, ed alla chiesa di S. Paolo, ove gli uscirono all'incontro tutto il Popolo, e i Cherici di Roma, i quali con nobil pompa al Laterano il condussero[46].
Ma ecco che il Re Guglielmo, mentre si credea esser d'ogni parte sicuro, per cagione che men si pensava, corse gravissimo periglio di perder la vita; perciocchè alcuni pochi prigioni, disperando di poter più ricuperar la loro libertà per la malvagità di Matteo Notaio, che s'era scoverto non men crudele e tiranno di Majone; e fastiditi della noia, che lor recava l'orror delle prigioni, tentarono di mettersi in libertà, ovvero di dar fine con la morte a i lor mali. Per la qual cosa, corrotti i custodi, quando era men frequentato il palagio, uscirono fuori, e benchè fossero picciol numero, diedero nondimeno con disperato ardimento sopra i custodi delle porte, ed entrati più a dentro nel palagio, posero in iscompiglio tutto l'Ostello regale, con intendimento d'aver in loro mani il Re, ovvero i suoi figliuoli; ma al rumore essendo accorso grosso numero di soldati con Odone Maestro della stalla del Re, furono dopo qualche resistenza, alla fine tutti l'un dopo l'altro uccisi, ed i lor cadaveri d'ordine della real Corte dati a mangiare a' cani, vietando che lor si dasse sepoltura. Si smarrì grandemente il Re di tal caso, e considerando che due fiate i prigioni del castello l'avean condotto a gran rischio di perder la vita; fece tantosto cavar di là que' che vi eran rimasi, e trasferì le carceri in altra Rocca presso al mare, ed in altre Fortezze dell'isola. E dopo questo si diede sì fattamente all'ozio ed alla quiete, che vietò espressamente a' suoi famigliari, che non gli significassero cosa alcuna, che noia e travaglio recar gli potesse; onde da questo suo non volere udir nulla degli affari del Regno si cagionò, che Gaito Pietro, e gli altri Eunuchi del palagio con molti lor partigiani afflissero, con rapine e con straziargli nelle persone, grandemente i Siciliani; onde presso i medesimi acquistò il nome di Guglielmo il Malo, che tanto più si rese divolgato, quanto che sperimentarono poi il suo successore altrettanto buono. Il Re tutto intento a' suoi piaceri, ripensando che suo padre Ruggiero avea edificato due palagi di diporto in Palermo, volle egli fabbricarvi il terzo, superando di gran lunga quegli del padre non solo nella magnificenza e ricchezza dell'ostello, ma anche ne' vaghi giardini e ne' dilettevoli fonti e peschiere, che da tutti i lati il cingevano. Ma appena fu terminata quest'opera, che gli fu vietato il goderne da quella, che tutti gli umani disegni termina ed interrompe; poichè nel principio di quaresima di quest'anno 1166 si ammalò di flusso, che grandemente il travagliò, il qual crescendo tuttavia, presi con divozione i Sacramenti della Chiesa, fece liberare molti di coloro, che tenea in prigione, e levò via parimente una nuova imposta di moneta, che avea fatta porre sopra la città e terre di Puglia; ed avendo a se chiamati tutti i Magnati della Corte, e gli Arcivescovi di Salerno e di Reggio, dettò, essi presenti, il suo testamento, nel quale lasciò erede del Reame Guglielmo suo maggior figliuolo, e confermò all'altro nomato Errigo il Principato di Capua, del quale già prima avealo investito[47]; ed alla Reina sua moglie lasciò la cura ed il baliato del Regno, finchè i figliuoli fossero giunti a perfetta età; e l'impose, che si fosse in tutti gli affari di quello valuta del consiglio del Vescovo di Siracusa, di Gaito Pietro e di Matteo Notaio; e crescendo tuttavia il male fece venire a se Romualdo Guarna Arcivescovo di Salerno suo stretto parente, ch'era secondo l'uso di que' tempi assai dotto in medicina, il quale, benchè gli ordinasse molti rimedi valevoli al suo male, e' nondimeno non ponea in opera se non quelli, che a lui parevano; per la qual cosa s'accelerò il morire, poichè il sabato che va innanzi all'ottava di Pasqua[48], fu assalito da una grave febbre, per la quale non guari da poi uscì di vita d'età di 46 anni, dopo averne regnato sedici, due mesi e tre giorni, da che in vita del padre fu incoronato Re di Sicilia.
La Regina temendo, che sparsa tra' Palermitani la novella improvisa della sua morte, non cagionasse alcun periglioso movimento, il fece segretamente riporre entro il palagio, simulando che ancor vivea, sin che fossero giunti i Baroni, ch'erano stati già chiamati, e ch'eran di mestiere per incoronare il novello Re. La qual cosa posta in effetto fra pochi giorni, si pubblicò poscia in un medesimo tempo, che Guglielmo era morto e che 'l figliuolo regnava; e tolto il cadavero con molto onore il portarono alla cappella di S. Pietro, ed ivi gli celebrarono per tre giorni continui nobili e pompose esequie, ove intervennero tutti i Baroni e Vescovi, che in Palermo si trovarono; ed in processo di tempo fu trasportato il suo corpo dentro la chiesa di Monreale, ch'edificò poscia il Re suo figliuolo, ove la Regina sua moglie gli eresse un ricco avello di porfido, il qual sino ad oggi si vede senza iscrizione alcuna.
Fu Guglielmo, come narra Romualdo, un Principe di nobile, e signorile aspetto, oltre modo cupido di onori e valorosissimo in guerra: vinse più volte in mare ed in terra i suoi nemici; ma nella pace fu di poco avvedimento, ed oltre modo amico dell'ozio ed infingardo. L'aver inclinato alla crudeltà, e l'essere stato troppo bramoso d'accumular denaro, ed avaro in ispenderlo, lo fece parer cattivo appresso i Popoli; del rimanente stimò e careggiò i suoi amici, e gli esaltò a grandi onori, e largamente premiò: ed all'incontro perseguitò aspramente i suoi nemici, de' quali molti fece crudelmente morire, ed altri cacciò fuori e sbandì da' suoi Stati: fu assai religioso ed amator del culto Divino, e riverente a' Pontefici romani, coi quali, toltone Adriano nel principio del suo Regno, non ebbe con altri contese.
CAPITOLO V
Leggi del Re Guglielmo I
Le leggi di questo Principe, ancorchè alcune sembrassero gravose a' suoi sudditi per l'avidità di cumular tesori, nulladimanco tutte l'altre furon assai provide ed utili, tanto che Federico II le inserì nel volume delle
46
. Romuald. Arciv. di Salern. Cronic. apud Baron.
47
. Pellegr. in Castigat. ad Anonymum Cassin. ann. 1172 ex Ugone Falcando, et Romualdo.
48
. La Cronica di Fossanova dice, che fu il mese di maggio. Fazzello a' 9 maggio.