Brani inediti dei Promessi Sposi. Opere di Alessando Manzoni vol. 2 parte 2. Alessandro Manzoni
ciò che avevano veduto, ripeterono ciò che avevano inteso, commentando le circostanze che per sè non avrebbero bastato a dare idea d'un fatto compiuto, e inventarono gli episodj che erano indispensabili per dare continuità alla storia. Ma il fondo delle loro relazioni era vero; e questo fondo aveva abbondantemente di che eccitare una grande maraviglia e un grande interesse. Il Conte del Sagrato era nome d'una terribile celebrità nei contorni e assai più lontano, e una conversione tanto inaspettata e che doveva portare tanti cangiamenti, era argomento all'universale di una pia maraviglia, di esultazione, e di riconoscenza a Dio, e di nuova venerazione per l'uomo di Dio, che ne era stato lo stromento. E quello che rendeva ancor più interessante quella conversione era l'averne veduto un effetto immediato, un testimonio vivo, già tanto interessante per sè: una povera giovane restituita volontariamente dal carcere privato alla libertà e alle braccia di sua madre. Ma pei parrocchiani di Don Abbondio l'interesse era ancor più grande che per gli altri; per essi la povera giovane era Lucia, quella Lucia che avevano veduta fra loro modesta, bella, irreprensibile, allegra, che avevano pianta sommessamente smarrita, della quale si sussurravano mille notizie diverse e tutte lagrimevoli, della quale ora i suoi vicini potevano dire: l'abbiamo veduta noi oggi con Agnese andare dal Cardinale, che le voleva parlare in persona. Al mattino vegnente la fama si posò anche sul comignolo del castellotto di Don Rodrigo; ed è facile immaginarsi che la novella ch'ella portava fece sull'animo suo tutt'altro effetto che sull'animo di quella povera moltitudine. Quella Lucia, ch'egli aspettava da un giorno all'altro d'avere segretamente negli artigli, ora pubblicamente libera; sventate e divolgate ad un punto le sue trame abbominevoli, e quel suo alleato nel quale egli fidava, che con la sua cooperazione doveva dare l'autorità del terrore al fatto, e far morire il biasimo anche nelle bocche dei più arditi, ora disertato, divenuto un oggetto di fiducia per gli avversarj. Don Rodrigo si sforzava di ridere e guardava in faccia ai suoi bravi per attignere coraggio o indifferenza, ma s'accorgeva che i bravi guardavano in faccia a lui con la stessa intenzione; e per non trovare il coraggio il mezzo più sicuro è di essere in molti a cercarlo: anche quel poco che ognuno si sentiva se ne va: il Griso stesso82 era avvilito. Costoro s'erano tutti radunati nel castello come in un asilo, perchè non pareva loro di star bene in nessun altro luogo. Girando il mattino, s'erano avveduti che tirava un'aria estrania, inusitata: avevano osservata su tutti i volti una esaltazione, una risolutezza, che aveva abbattuta la loro, che veniva in gran parte dall'abitudine di mostrarla soli. Prima d'allora quando un contadino s'avveniva in uno scherano, e vedeva in lui non solo la forza sua e le armi che portava, ma tutta la potenza dei suoi compagni e del capo, passava a canto con una umile riverenza; se fosse stato insultato lo avrebbe tollerato in pace, perchè era certo che gli altri che lo avessero veduto sarebbero stati molto contenti di esserne fuori e non avrebbe avuto un ausiliario: ma ora, l'occasione di esternare un sentimento unanime aveva fatta sentire a tutti una fratellanza, una comunione d'idee e di causa; ognuno era certo che la cosa era intesa da mille come da lui; e ognuno, comunicando agli altri il suo nuovo coraggio, ne riceveva da essi, per la ragione inversa di quello che era accaduto ai bravi e a Don Rodrigo. La conversione del Conte, la liberazione di Lucia era l'argomento dei discorsi di tutti quelli che s'incontravano; la gente si fermava in crocchj a parlarne; un bravo che passasse in veduta dei crocchj aveva tutti gli occhj addosso a sè, e la espressione di tutti quegli sguardi era una, quella dell'orrore. Tutti parlavano sicuramente della pietà che avevano provata, del timore che avevano avuto per quella innocente, mettevano fuori i pensieri che avevano compressi o comunicati sotto voce alla sfuggita, e trovando una conformità agli altri, sentivano che a quei pensieri era unita una forza. La giustizia aveva trionfato, il cielo s'era manifestato per l'innocente, e questa manifestazione, che pareva una promessa d'ajuto, accresceva ancor più l'animo di tutti. Un potente scellerato aveva pubblicamente abjurata col fatto la iniquità, e l'aveva così vilipesa e indebolita nello stesso tempo. L'iniquità era conosciuta, e perdendo un protettore terribile, aveva acquistato un nemico pur terribile, un cardinale, un santo, un nobile, uno che aveva mezzi di persuasione, di forza, di autorità, di aderenze. Quello poi che rinforzava l'effetto di tutte queste considerazioni era la notizia sparsa che il Cardinale veniva a visitare anche quella parrocchia, che si fermerebbe qualche tempo nei contorni, che vi sarebbe folla d'uomini condotti dallo stesso sentimento pio, avverso alla ingiustizia. E già si diceva che il castellano di Lecco, quello spagnuolo per cui il Podestà aveva tanta stima, si disponeva ad incontrare il Cardinale, in gran pompa, coi suoi soldati: tutta la forza, tutto lo splendore era per la pietà e per la giustizia. Ognuno pensava che gli scellerati avrebbero dovuto convertirsi come il Conte, o perdersi d'animo e fuggire.
Don Rodrigo, dopo non breve esitazione, prese quest'ultimo partito. La violenza quando è assistita dalla fortuna ama a mostrarsi, ella ha con sè come un argomento della sua bontà, o della sua ragionevolezza, poichè ottiene il suo intento; ma quando è abbandonata dalla fortuna, quando non valgono altri argomenti che quelli del diritto, del senso universale della giustizia, che le mancano quando appare non solo come ingiustizia, ma come sbaglio, allora la violenza vorrebbe nascondersi anche a sè stessa. Don Rodrigo pensava che cosa mai avrebbe potuto fare di conveniente che stesse bene in quei giorni, e non trovava nulla, nemmeno un soggetto di discorso con chi venisse a visitarlo. E, d'altra parte, s'immaginava bene che nessuno sarebbe venuto. Quei signori che lo avevano adulato fin'allora, si sarebbero allora avveduti ch'egli era un ribaldo, il Podestà doveva in quei momenti far dimenticare le sue relazioni con l'uomo, che avrebbe dovuto reprimere e punire; al più il dottor Duplica83, il quale non voleva mai inimicarsi senza speranza un signore, sarebbe stato quei giorni a poltrire in letto, per potergli dire un giorno che una malattia gli aveva tolto il bene di ossequiare il signor Don Rodrigo. Questi non vedeva così distintamente tutte queste disposizioni, ma le sentiva confusamente come per istinto. D'altra parte, come condursi col Cardinale? Tutti i signori del contorno sarebbero andati a visitarlo, ed egli rimanersi solo a casa? Che direbbe lo zio del Consiglio segreto? Andare dinanzi al Cardinale, egli? gran Dio!
Ordinò dunque che tutto sì apparecchiasse pel ritorno in città, e al più presto. Quando la carrozza fu pronta, vi fece salire tre bravi: il Griso, come il più terribile84, fu posto all'avanguardia sulla serpe, tutto armato; al resto della famiglia fu dato ordine di venire a Milano l'indomani, e si partì. Dopo i primi passi, Don Rodrigo vide coi suoi occhi la via piena di viandanti che andavano in folla a Maggianico, altri per vedere il Cardinale, per assistere alla solennità: giovani, vecchi, benestanti e poveri in quantità, che sapevano di non tornare con le mani vuote. Guardò alla sfuggita e conobbe in un punto su tanti volti quale era il sentimento universale per lui: fremette, si promise di vendicarsi, ma s'accorse che la menoma dimostrazione in quel momento poteva far nascere una guerra della quale l'evento finale non sarebbe stato dubbio: dissimulò dunque, ritirò la testa nella carrozza, guardò i suoi bravi e lesse sui loro volti pallidi il desiderio di esser fuori di quella processione e lontani dal paese. Sentì un romore dietro, stette in silenzio, tendendo l'orecchio, e comprese che erano urli e fischj. Allora mormorò fra i denti: vorrei che il Griso avesse giudizio, che non mi facesse scene. Avrebbe voluto dare al Griso questo consiglio della paura, ma la paura gli comandava di non muoversi, di non farsi vedere, e stette in quella ansietà inoperosa fino a che la carrozza, giunta al punto dove la strada si divideva, imboccò quella che conduceva a Milano e si separò dalla folla che teneva a Maggianico. Don Rodrigo e i suoi scherani respirarono allora dallo spavento, ma i pensieri che rimasero a Don Rodrigo non furono molto più sereni. Il cocchiere sferzò i cavalli per allontanarsi al più presto, e tutti i viaggiatori, senza dir motto, lo lodarono in cuore e si rallegrarono sentendo che la carrozza andava velocemente, senza impedimenti, in una strada solitaria. Buon viaggio85.
XII.
Ritorno di Lucia al suo paese
Ma se le accoglienze dei paesani dì Lucia al Cardinale non poterono essere più clamorose, nè più calde di quelle che gli avevano fatte per tutto attorno, avevano però una espressione di una riconoscenza speciale, che Federigo potè distinguere: anzi egli intese più d'una volta nelle benedizioni che gli erano date, unito al suo nome suonare quello di Lucia. Il buon vecchio tripudiò in cuore e per quella gioja che dà sempre agli onesti il vedere l'espressione pubblica d'un sentimento onesto ed umano e perchè con un tal favore del popolo gli parve che Lucia potesse con sicurezza tornare,
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Il Visconti fa in margine l'osservazione seguente: «Lascerei come una inezia questo cenno sul Griso. Ha del rettorico o per dir meglio del Tassesco:
83
È il famoso Azzecca-garbugli, che prima chiamò
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Valente. [Postilla del Visconti].
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Quest'episodio è un brano del capitolo III del tomo III. (Ed.)