Brani inediti dei Promessi Sposi. Opere di Alessando Manzoni vol. 2 parte 2. Alessandro Manzoni
vendicarvi, e non fareste altro che rodervi inutilmente. Oh se tutti pensassero a questo modo, sarebbe un bel vivere a questo mondo!
– È vero, disse Agnese, che questa mia poveretta ha patito molto… ma bisogna poi anche dire che noi poveretti non siamo avvezzi a vedere i signori venirci a domandar perdono.
– Dio vi benedica, disse il Conte, e vi compensi con altrettanta e più consolazione i mali che io vi ho fatti, tutti quelli che avete sofferti. Indi soggiunse titubando: Come sarei contento se potessi far qualche cosa per voi!
– Preghi per me, disse Lucia, ora ch'è divenuto santo.
– Quello ch'io sono stato, lo so pur troppo anch'io: quello ch'io ora sia, Dio solo lo sa, rispose il Conte… Ma voi, in questa vostra orribile sciagura … in questa mia scelleratezza… non avete avuto soltanto timori e crepacuori… La vostra famiglia … una famiglia quieta e stabilita… i vostri lavori, l'avviamento … voi avete sofferti danni d'ogni genere … se osassi… se osassi parlare di compensar questi, io che v'ho fatto tanto male, che non potrò compensar mai… ma Dio è ricco… frattanto datemi questa prova di perdono… accettate, e qui cavò, con peritanza quasi puerile93, un rotolo di tasca… accettate questa picciola restituzione… non mi umiliate con un rifiuto.
– No, no, disse Lucia: Dio mi ha provveduta abbastanza: v'ha tanti poverelli che patiscono la fame: io non ho bisogno …
– Deh! non rifiutate, replicò il Conte con umile istanza: se sapeste! questa somma… questo numero … pesa tanto in mano mia… e sarei tanto sollevato se l'accettaste… Non mi farete questa grazia, per mostrarmi che m'avete perdonato? e vedendo che il volto d'Agnese esprimeva il consenso che il volto e le parole di Lucia negavano, presentò alla madre il rotolo, implorando, pur con lo sguardo, il consenso di Lucia94.
– Grazie, disse Agnese al Conte; e tu, continuò rivolta a Lucia, ora non parli bene. Questo signore lo fa pel bene dell'anima sua, e noi poveri non dobbiamo esser superbi. Così dicendo svolse il rotolo e sclamò: Oro!
– Vostra madre ha ragione, disse Don Abbondio: accettate quello che Dio vi manda, e se vorrete farne del bene, non mancheranno occasioni. Così facessero tutti! Così Iddio toccasse il cuore a qualchedun altro e gli spirasse di compensare anche me, povero prete, delle spese che ho dovuto fare in medicine per quella maledetta… Voleva dire paura, ma ebbe paura di parlare imprudentemente e si fermò.
– Vi ringrazio della vostra degnazione, disse il Conte a Lucia, e del vostro perdono. E se mai in qualunque caso voi credete ch'io possa esservi utile, voi sapete… pur troppo… dove io dimoro. Il giorno in cui mi sarà dato di fare qualche cosa per voi, sarà un giorno lieto per me: mi parrà allora che Dio mi abbia veramente perdonato.
– Ecco che cosa vuol dire avere studiato! disse Agnese: appena Dio tocca il cuore, si parla subito come un predicatore.
Lucia ringraziò pure il Conte, il quale, dopo d'aver ripetute parole di scusa95 e di umiliazione e di tenerezza, si congedò, uscì con Don Abbondio, e sulla porta si divisero. Il Conte, tra le acclamazioni della folla, prese la via che conduceva al suo castello, e Don Abbondio tornò a casa.
Appena le due donne furono sole, Agnese svolse il rotolo e in fretta in fretta si diede a noverare. Dugento scudi d'oro! sclamò poi; quanta grazia di Dio. Non patiremo più la fame certamente.
– Mamma, disse Lucia, poichè quel signore ci ha costrette ad accettare questo dono e ha preteso che fosse una restituzione… quei denari non sono tutti nostri. Non siamo noi sole che abbiamo sofferti danni… non sono io sola che abbia dovuto fuggire, intralasciare i miei lavori. Io sono tornata finalmente… e se non istarò qui, ho almeno chi pensa a me, chi non mi lascerà mancare di nulla… Un altro è lontano, e Dio sa quando potrà tornare. Mi parrebbe di aver rubati quei denari, se almeno almeno non gli dividessi con lui.
– Glieli porterai in dote, disse Agnese, studiandosi di rotolare come prima gli scudi, che, facendo pancia da una parte o dall'altra, sfuggivano dalle sue mani inesperte.
– Non parliamo di queste cose, mamma, disse Lucia sospirando; non ne parliamo. Se Dio avesse voluto… ah! le cose non sarebbero andate a quel modo. Non era destinato che fossimo… non ci pensiamo per carità.
– Ma s'egli torna, voleva cominciare Agnese.
– È lontano, è profugo, ramingo… ah! c'è altro da pensare: forse egli stenta, forse non ha pane da mangiare. Forse con questo ajuto egli potrà collocarsi bene altrove, farsi un avviamento, uno stato …
– Ohe! disse Agnese, tu non pensi più a lui?..
– Penso a toglierlo d'angustia e di bisogno, rispose in fretta Lucia. Questo lo possiamo fare; al resto provvederà Iddio.
Agnese era onesta e buona, e per quanto le piacessero quei begli scudi giallognoli, non avrebbe potuto possederli con un contento puro e tranquillo quando le fossero divenuti in mano un testimonio di dura e bassa avarizia. Consentì ella dunque a destinarne la metà a Fermo e promise a Lucia che avrebbe cercato tosto il mezzo di farglieli tenere sicuramente. Ma Agnese era rimasta colpita di quella nuova rassegnazione di Lucia all'assenza del suo promesso sposo, e non lasciò di tentarla con interrogazioni dirette, tortuose, calzanti, subdole, per venirne all'acqua chiara. Lucia però seppe per allora e per qualche tempo schermirsi dal soddisfare alla curiosità materna, allegando sempre che era inutile il pensare a cose che le circostanze rendevano impossibili96.
XV.
Cure del Cardinal Federigo per mettere al sicuro Lucia
Il Cardinale aveva risoluto di partire quella sera, di là97, per portarsi ad una parrocchia vicina; ma partiva col dispiacere di non avere ancora potuto provvedere Lucia d'un asilo; e quantunque tutto paresse ivi sicuro per essa, pure il cuore del buon vecchio non era abbastanza tranquillo. Per avere la certezza che desiderava, egli non si rivolse a Don Abbondio, perchè teneva per fermo (e nessuno dirà ch'egli giudicasse temerariamente) che Don Abbondio per rispondere Monsignor sì, o Monsignor no, avrebbe consultato piuttosto l'interesse e la sicurezza sua propria, che quella di Lucia. Commise egli adunque al suo cappellano crocifero di aggirarsi fra il popolo e di osservare lo stato delle cose, la disposizione degli animi, di vedere se v'era rimasta in paese gente di mala intenzione, se insomma si poteva partire col cuore quieto, lasciando Lucia nel luogo dove alcuni giorni prima non era stata sicura. Il cappellano fece ciò che gli era stato imposto; parlò al sagrestano, agli anziani, al console, e da tutti fu accertato che nulla v'era da temere. Anzi, appena si ebbe sentore dì questa inquietudine del Cardinale, in un momento, giovani e vecchj s'offersero di guardare la casa di Lucia, con quella risoluzione, con quell'ardore con cui si veggono offrire le alleanze ad un principe vittorioso. – Son qua io, diceva l'uno – tocca a me, diceva l'altro – io son cugino, gridava un terzo – io, io che non ho paura di brutti musi, schiamazzava il quarto, e così fino al centesimo. Non si sarebbe potuto credere che Lucia pochi giorni prima avesse dovuto fuggire segretamente da quello stesso paese. Perchè costoro non si presentavano quando v'era il bisogno? Eh! perchè v'era il bisogno.
Avuta questa sicurezza, il Cardinale partì, facendo ancora ripetere a Lucia ch'egli non si sarebbe scostato da quei contorni prima d'aver provveduto alla sua sorte. Infatti, egli andò sempre in quei giorni ripensando al modo di compire questa sua opera e ricercando in ogni persona, in ogni circostanza se poteva farne un mezzo al suo benefico intento. A forza di attendere e di ricercare, l'occasione si presentò. Visitando una di quelle parrocchie, ricevette Federigo fra le altre visite, che accorrevano da ogni parte, quella d'una famiglia potente di Milano, che villeggiava in quelle vicinanze98. Don Valeriano99, capo di casa, Donna Margherita100, sua moglie, Donna Ersilia, loro unica figlia, e Donna Beatrice, sorella del capo di casa, rimasta vedova nel primo anno di matrimonio e ritornata a vivere ritiratamente in casa. Dei primi tre il Cardinale non aveva conoscenza molto
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Leverei la
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Leverei
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Non sarebbe meglio,
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È un altro brano del capitolo IV. «La scena del Conte merita un capitolo a parte», scrisse il Visconti in margine al principio dell'episodio; soggiungendo: «In questa porzione del Romanzo giovano, mi pare, i periodi piuttosto brevi: e contenenti un oggetto solo, per quanto si può. Dunque: Capitolo… (quello che sarà).
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Dal paese di Lucia. (Ed.)
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A cominciare dalle parole:
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Lo ribattezzò poi col nome di
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Divenne poi