L'arte di far debiti. Ghislanzoni Antonio
vuol riputarsi uno degli ausiliari più efficaci e potenti per bene iniziare e condurre a buon fine una operazione puffistica.
A Firenze, anni sono, io piantai uno splendido puff ad un ricco banchiere, il quale aveva la debolezza di credersi poeta. Nulla più detestabile deʼ suoi versi. Egli si piccava di improvvisare sonetti a rime obbligate, e una volta lanciato nella carriera, non vi era più modo di arrestarlo. Quellʼuomo era il terrore dei circoli – quandʼegli apriva lo scartafaccio per leggere le sue interminabili pappolate – quandʼegli, annunziandosi invasato dallʼestro, domandava enfaticamente delle rime, il vuoto si faceva intorno a lui e gli sfortunati chʼerano costretti ad ascoltarlo, si contorcevano sulle seggiole come i gatti a temporale imminente. – Orbene: io mi ebbi il coraggio di rimanere parecchie notti da solo a solo con lui a proporgli dei temi e delle rime e ad ascoltare le sue narcotiche stramberie. Quellʼuomo in brevissimo tempo prese ad adorarmi. Quandʼegli declamava i suoi versi, io spalancava certi occhiacci da mettere il brivido ai morti; io mi asciugava la fronte ad ogni tratto, io piangeva, sospirava, io balzava tratto tratto dalla seggiola e mi faceva a percorrere la sala come un invasato. Una volta questa commedia durò dalle sei della sera fino alle quattro del mattino. Il banchiere era spossato dalla lunga declamazione: dal mio canto io insisteva perchè mi compiacesse di un ultimo sonetto. – No! non è possibile… La mia vena è inaridita… le muse mi abbandonano…! rispondeva il banchiere fissando le rime con occhio torbido e sonnolento. – Come mai? questa sera vi siete stancato di buonʼora, gli dissi levando di tasca lʼorologio: si è appena finito di pranzare…! – Sono le quattro del mattino! rispose il banchiere ingenuamente, dopo aver consultato il suo cilindro dʼoro sfavillante di brillanti. – Le quattro del mattino! gridai io, balzando in piedi colla espressione del più vivo disappunto – possibile!.. ma io sono dunque rovinato!.. Ah! banchiere… il cuore me lo diceva che un giorno o lʼaltro, in grazia dei vostri versi, avrei commesso qualche storditaggine!.. Figuratevi che si tratta… – Ebbene: si tratta?.. domanda ansiosamente il mio uomo spaventato dal mio atteggiamento – si tratta? – Via! non vi allarmate, signor poeta! soggiungo io con voce più calma – il piacere che mi hanno dato i vostri versi, le emozioni di questa dolce e troppo breve serata valgon bene il sacrifizio di diecimila franchi… Cosa sono finalmente, per un mio pari diecimila franchi?.. Una bagatella… una inezia… Dʼaltronde non è detto che siano perduti… – Ma signore… se credete che io possa… – Non vi incomodate, banchiere… non datevi pena per questo incidente… Si trattava di un amico… voi sapete… di quel Lord Midletton, al quale due sere sono ho prestato una piccola somma sul giuoco… Non ho mai conosciuto un giuocatore più sfortunato di Lord Midletton… tanto è vero che in poche settimane di soggiorno a Firenze egli si è dissestato… Orbene, questa notte alle undici agli doveva partire per Londra e si era contenuto che io mi recassi da lui per ritirare la mia piccola somma. Vi confesso che in questo momento quel denaro non mi avrebbe dato incomodo… Il mio corrispondente di Bruxelles è in ritardo… ed è questa la prima volta che, per favorire un amico, mi accade di trovarmi in imbarazzo… Ma è probabile, anzi probabilissimo che lord Midletton abbia incaricato qualcuno di trasmettermi la somma… Domattina farò delle indagini, e nel caso… – E nel caso che queste indagini riuscissero a nulla, soggiunse la mia vittima collʼaccento solenne del banchiere danaroso, io voglio ben sperare che non dimenticherete esistere a Firenze un poeta eccezionale, nel cui scrigno vi è sempre un fondo di cinquecentomila franchi per far onore agli impegni della banca e per favorire qualche amico. – Spero che non ci sia questo bisogno, risposi, ma nel caso che lord Midletton mi avesse dimenticato io mi guarderò bene dal ricorrere ad altri che a voi. Ma badate che io sono più esigente di quello che voi forse immaginate. Io non mi ridurrò mai ad accettare il vostro grazioso prestito se con quello non mi accordate il favore che più volte vi ho dimandato, di pubblicare per le stampe il vostro immortale poema sulla Trasmigrazione delle anime, che io ritengo la più meravigliosa opera uscita dal cervello umano.
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