L'Ultima Opportunità. Maria Acosta
Forse loro, che viaggiavano spesso, avrebbero potuto dirgli come fare per tornare a casa. All’inizio era sembrata una bella idea quella di viaggiare in mare, ma adesso che erano lontani dalla loro famiglia desideravano ritornare il più presto possibile. Non ci riuscirono. Le dimensioni dell’iceberg avevano cominciato a diminuire, forse il caldo che faceva, forse... a dire il vero non sapevano bene cosa pensare di ciò che stava succedendo ma dovevano arrivare a un posto sicuro prima che l’acqua del mare li lasciasse senza un punto di appoggio, soli e nel mezzo di quelle acque troppo calde per loro. L’iceberg si mosse di nuovo da un lato all’altro, come se avesse vita propria e volesse mettergli paura, e di nuovo provarono quella forza della quale non sapevano l’origine, che li spingeva a caso senza che loro potessero fare niente. All’improvviso videro una specie di spiaggia, molto diversa dalle spiagge di ghiaccio che conoscevano. Sembrava che il mare si rimpicciolisse e entrasse nella terra, e la forza che muoveva l’iceberg fece sì che si inoltrassero in quel corridoio d’acqua mentre l’iceberg continuava a mescolarsi con il mare che lo circondava. Le balene, molto lontane da loro, non si erano accorte dei guai in cui si erano cacciati i cuccioli d’ orso polare e continuarono il loro percorso verso sud.
In questo modo Renato e Renata cominciarono un viaggio verso l’ignoto. Erano arrivati in Danimarca.
Non erano solo due balene quelle che avevano visto dall’iceberg. Era un gruppo di dieci balene che viaggiavano insieme con lo scopo di arrivare al sud dell’Europa per vedere quello che stava succedendo; all’inizio del loro cammino avevano incontrato un’altra compagnia che ritornava da quella parte di mondo raccontando che era cominciata una lotta crudele tra animali e umani. Ma la lotta era sempre stata crudele, loro lo sapevano benissimo. Gli uomini cacciavano gli esemplari della loro specie e le balene avevano fatto sempre tutto il possibile per difendersi da questa caccia. Perché questa guerra doveva essere diversa?
Le balene che venivano dal sud dissero che questa volta la lotta era più crudele, senza tregua. Loro avevano deciso di tornare al nord e lasciar perdere.
-“Noi non c’entriamo con questa storia” –disse Maurizio –“ritorniamo. Questa guerra di uomini, macchine e animali non ci interessa. Venite con noi, tornate a casa”.
-“Noi invece vogliamo vedere....” –cominciò a dire Fabrizio.
-“Non lo fate.” –tagliò corto Maurizio. –“È molto pericoloso.”
-“Ti ringraziamo per la tua preoccupazione” –rispose Fabrizio mentre guardava gli amici che lo accompagnavano in quest’avventura –“ma credo proprio che non ci disturberanno.”
-“Come volete. Buona fortuna. Andiamo”
-“Grazie. Buona fortuna anche a voi”.
E così Fabrizio e i suoi amici proseguirono il loro viaggio verso sud perché la loro curiosità era più forte della prudenza.
Viaggiarono per giorni verso sud, costeggiando l’occidente d’Europa; non furono disturbati dagli uomini. Di fatto non videro neanche una nave nel loro percorso; era tutto molto strano. Fabrizio pensò se quel viaggio fosse stato davvero una buona idea. Ovunque c’era una calma che non era per niente normale. Di solito, quando volevano incontrarsi con le femmine della loro specie e facevano questo stesso viaggio, vedevano persone sulle spiagge e marinai che faticavano lavorando con le reti,. tirando le sarde dal fondo del mare; vedevano quelli con i velieri lucidi, le donne sdraiate in coperta; vedevano persone che facevano pesca subacquea. Vedevano cioè un sacco di cose, mentre adesso, tanto la costa come la superficie del mare, erano deserte. A volte, dove prima si ergeva un paesino ora c’erano solo rovine di palazzi bruciati o distrutti. Altre volte vedevano soltanto cani, galline, maiali, gatti passeggiare tra le macerie. Ma non vedevano né uomini né donne o bambini. Cosa stava succedendo? Forse Maurizio aveva ragione ed era veramente pericoloso viaggiare verso sud? Sembrava che soltanto lui avesse questi dubbi, mentre i suoi compagni erano contenti di quest’avventura. Ritornare indietro sarebbe stata una sciocchezza, proprio adesso che stavano per raggiungere il loro scopo. Costeggiarono la Galizia e poi il Portogallo e videro a sinistra quello che gli uomini chiamavano lo Stretto di Gibilterra. Sapeva che, circondando quel piccolo mare, c’erano un sacco di paesi, gliel’aveva detto una foca. Loro non si erano mai azzardati a entrare in quei posti, ma adesso.... beh, lo fecero. Videro una piccola barca carica di uomini, donne e bambini, tanto fragile che Fabrizio non capì come mai non fosse già affondata. Si allontanarono, non volevano fargli del male. Continuarono il loro viaggio. Da lontano si scorgeva una costa molto lunga dalla forma bizzarra. Passarono tra due isole che sembravano essere disabitate e dopo aver costeggiato il sud di quel paese a forma di stivale, continuarono verso nord. Era così straordinario non vedere nessuno, non sentire un rumore; quel silenzio... e all’improvviso una nebbia fitta fitta li avvolse. Fabrizio non vedeva la sua coda e tanto meno i suoi compagni; cercò di capire dove si trovassero gli altri, emettendo il suo suono caratteristico, ma quella nebbia lo confondeva. Non sapeva se erano vicini o se qualcuno si fosse allontanato dal gruppo. Era molto pericoloso continuare senza sapere dove si trovavano, ma non era molto sicuro nemmeno rimanere senza fare niente. Fabrizio decise di fermarsi e aspettare.
E la nebbia si dissolse, Fabrizio si guardò intorno, era da solo. I suoi compagni erano spariti. Cosa era successo? Di fronte a lui c’erano alcune isole. Forse la corrente del mare aveva fatto sì che si fossero mossi senza accorgersene. E vabbé. Doveva incontrarli. Adesso l’aria era chiara, vedeva benissimo il mare e le isole che erano di fronte a lui, sentì un rumore familiare, senza fermarsi ma con precauzione Fabrizio si diresse verso una piccola isola che stava a sinistra, vide il molo e una capanna in legno sull’acqua. Non voleva avvicinarsi troppo, non conosceva la profondità delle acque e non voleva restare incagliato. Così preferì rimanere lontano ma non tanto da non poter vedere un suo compagno che, all’interno dell’isola, cercava disperatamente di uscire dalla trappola in cui era caduto. Intorno a loro, sulle rive, una moltitudine di persone guardava stupita la balena. Fabrizio sentì un urlo e poi tutti quanti cominciarono a muoversi di qua e di là. Dubitò un istante su come agire. Aspettò. Alcune persone erano sparite tra gli alberi mentre altre erano rimaste ferme. Tirò un sospiro di sollievo: erano pronti ad aiutare il suo compagno. Quelli che se n’erano andati, ritornavano ora con pezzi di legno con i quali cercavano di spingere la balena verso il mare.
Fabrizio decise di continuare il suo percorso. Ne mancavano ancora otto. Dopo alcuni minuti si girò e vide che una delle balene gli stava dietro, aspettò fino a che gli si avvicinò e poi ripresero il cammino insieme. Questo mare era molto strano, non capiva tutta questa calma. Videro dei pezzi di legno che spuntavano dall’acqua e alcune ombre molto lontane da loro. Riconobbero subito i loro amici e si fecero sentire loro. Si avvicinarono loro.
Ne mancava soltanto uno: Stanislao, il più giovane, quantomeno in età, visto che in realtà era il più grosso.
-“Dobbiamo trovarlo subito” –disse Fabrizio –“può darsi che sia nei guai o che non sappia come agire per tornare. È la prima volta che fa questo viaggio”.
-“E allora?” –chiese Paolo, una balena maschio della stessa età di Fabrizio.
-“Allora facciamoci sentire. Risponderà alla chiamata.”
E così le nove balene fecero sentire la loro voce, una voce molto speciale che non può essere udita dagli uomini ma che una balena sente a distanza di chilometri. La risposta arrivò. Tutti quanti si diressero verso l’isola più grande che c’era in lontananza, viaggiavano piano piano, senza fermarsi. Il loro amico era in pericolo. Non capivano di che pericolo si trattasse, ma Stasnislao diceva che intorno a lui c’erano un sacco di luci che non gli permettevano di vedere niente, aveva paura, molta paura.
Si lasciarono alle spalle quelle piccole isole, li guidava la voce del loro amico. Fabrizio era molto preoccupato, era la prima volta che suo nipote faceva quel viaggio e aveva promesso a sua sorella che lo avrebbe protetto...e non poteva ritornare senza di lui.
Si muovevano lentamente cercando di scoprire se ci fosse qualche nemico nelle vicinanze. Erano da soli. Ogni volta la chiamata di Stanislao era più disperata. Fabrizio voleva arrivare il più presto possibile da suo nipote, era responsabilità sua che il balenottero ritornasse a casa sano e salvo, e lo stesso