Oltre Il Limite Della Legalità. Alessandro Ziliotto

Oltre Il Limite Della Legalità - Alessandro  Ziliotto


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misera e inesperta interpretazione.

      Sta di fatto che ognuno di questi quadri aveva dei filamenti in oro, e a guardarli così da vicino, sembravano proprio di valore.

      

      

      Non appena la porta si chiuse dietro le nostre spalle, una voce provenne dalla stanza accanto. Si sentiva che la pronuncia non era molto fluida, quanto meno era in italiano, e ne potevo capire il contenuto.

      “Ciao fratello, cosa fai già a casa? Spero tu abbia portato da mangiare!”

      “Ehi Ahmed, vieni di qua che ti presento un amico.”

      Khan si accorse che lo stavo guardando incuriosito.

      “Che c’è?”

      “Perché parlate in italiano? E’ strano sentire due stranieri come voi non parlare nella vostra lingua.”

      “Eh si, devi sapere che mi sono rifiutato di rispondere a mio fratello se continuava a parlarmi in marocchino, visto che la sua conoscenza dell’italiano è al quanto grossolana, per non dire schifosa, ma questo tienilo per te, perché è alquanto permaloso.”

      Tempo nemmeno di finire la frase, ed eccolo sbucare da dietro la porta del privè, visto che la porta non era chiusa da nessun infisso e a celarne il contenuto vi era una leggera tendina in bambù blu stilizzata con ornamenti che ricordavano le lettere arabe in oro.

      “Ma chi cazzo è questo? Ti sei messo a raccattare anche i barboni per strada?”

      Disse con schiettezza.

      “Idiota, stai attento a come parli, è un poliziotto.”

      “Cosa??? Tu porti uno sbirro a casa? Sei scemo? Già lavori con loro ed è uno schifo, e ora che fai? Li porti a casa? Non credo a occhi e orecchie.”

      Ahmed, cambiò completamente espressione, come se la mia presenza gli desse qualche noia, più che altro, il mio ex lavoro.

      “Guarda non ti devi preoccupare, non sono più uno sbirro, m’hanno cacciato, quindi se vuoi fumarti dell’hashish o farti una pista, libero di fare c’ho che vuoi, quella schifezza non mi riguarda più. Tuo fratello mi ha portato qui perché non sapevo dove andare, ma se ti creo problemi basta che me lo dici, come sono entrato, esco, basta che non mi rompi le palle.”

      “Ahmed, prima che tu dica qualcosa, ti ricordo che pago io questa casa, quindi lui rimane, e se non ti sta bene, peggio per te, ti ci abituerai.”

      “Sbirro…scusa, come ti chiami?”

      “Chiamami Fra.”

      “Fra, vuoi caffè? Ti vedo sbattuto.”

      “Ahmed, la vuoi finire, non è mica tuo fratello, e comunque, nemmeno a me devi parlare così, vai a mettere su questo caffè e porta anche qualcosa da mangiare.”

      “Ah e visto che ci sei, Archimede, portami anche un po’ d’alcool.”

      “E chi è Archimede? Se è complimento ok, ma tu essere sbirro, quindi non credo che è complimento e questo non è bar… dovresti sapere che noi arabi non beviamo alcolici.”

      “Certo che lo so, ma tu non hai la faccia proprio della persona che segue alla perfezione il corano, quindi portami un po’ d’alcool e non rompere, e se ti do fastidio, come ha detto tuo fratello, quella è la porta. Dai su Archimede muovi il culetto.”

      “Come mi hai chiamato sbirro?”

      Digrignando i denti e con gli occhi iniettati di sangue dalla rabbia avanzò con passo rapido e deciso, come un leone con la gazzella, inconsapevole però che era caduto nella mia trappola. Il fratello rimase ad assistere all’evolversi della scena esterrefatto e senza proferir parola. Nell’arco di quel piccolo battibecco mi ero seduto comodamente sul divano, e ora lo guardavo avvicinarsi a me, quasi correndo. Attesi che si scagliasse contro di me e poco prima che riuscisse a prendermi per il bavero, reclinai la schiena sino ad appoggiarmi allo schienale e alzando le gambe gli sferrai un calcio all’intestino.

      “Adesso posso avere un po’ d’alcool…per cortesia?”

      Con la spinta impressagli lo feci balzare indietro di qualche metro, facendolo andare a sbattere con la schiena al muro, per poi scivolare a terra. Non riusciva nemmeno a parlare. Una volta rialzato in piedi, senza proferir sillaba, si diresse in cucina, dove tornò con il caffè, del vino e un po’ di noccioline.

      “Era ora che qualcuno gli facesse abbassare un po’ le orecchie. Grazie, io non sono mai riuscito ad alzare le mani su mio fratello, e forse anche per questo che è un po’ indisciplinato.”

      “Guarda per me è solamente un piacere. Le persone che cercano di fare le prepotenti mi fanno perdere il controllo. Più che altro scusami se ho reagito d’istinto così con tuo fratello senza chiederti nulla, anche perché mi dai ospitalità ed io cosa faccio in cambio? Ti picchio il fratello la prima volta che lo conosco. Direi che non sono il top della cordialità, non trovi???…Ehhehehehehe.”

      “A dire il vero mi sono divertito molto, te lo dico piano per non farmi sentire, ehehehhe.”

      “Ehy Khan, ora che ci penso, quello che hai in tasca è il giornale di oggi?”

      “Si, perché me lo chiedi?”

      “Mah…è da un po’ che non mi aggiorno su quello che accade in città, e vorrei darci un’occhiata tutto qui. Me lo passi?”

      “Ma scrivono solo sciocchezze su questo giornale, lascia stare Enrico, dai che ci beviamo qualcosa?”

      “Che c’è scritto che non vuoi farmi vedere?”

      “Nulla, lo sai che i giornalisti pur di vendere scrivono tutto quello che gli passa per la testa, e poi gli basta una smentita, per spazzare via con una spugna, la merda che hanno scritto.”

      “Dai, su, non fare storie, altrimenti ti meno come tuo fratello.”

      Avevo pronunciato quelle parole con tono scherzoso, ma chiunque m’avrebbe guardato negli occhi avrebbe scoperto che non scherzavo affatto, anche perché era di me che si stava parlando in quel giornale e l’ostinazione a non farmi leggere ciò che c’era scritto, ogni secondo che passava mi faceva arrabbiare sempre più.

      

      

      …dal Resto di Carlino.

      

      

      IL BRUCO DELLA MELA MARCIA E’ SPARITO.

       Il Sovrintendente della Polizia di Stato Enrico Del Nero da quando è stato rilasciato dalla casa circondariale “Dozza”, dove era detenuto da un mese, non ha dato più sue notizie. Nessuno sa dov’è, e più la sua latitanza si fa un mistero, e più emergono ombre e dettagli che andrebbero ad appesantire la sua situazione. I soldi che avrebbe riscosso con le sue malefatte sarebbero di gran lunga più di 1.000 Euro, con i quali si sarebbe permesso un’auto di grossa cilindrata, che ora non si trova. Le persone da lui malmenate, come appreso dal loro legale, soffrirebbero d’insonnia e alla vista della polizia avrebbero attacchi di panico. Se inizialmente non avevano pensato a un risarcimento danni, ora, alla prossima udienza, si sarebbero costituite parte civile nei confronti dell’agente.

      “Persone come lui offuscano la figura della Polizia di Stato, e infangano il lavoro che ogni giorno ogni singolo agente si presta a fare per questa città. Spero che venga giudicato presto e che paghi per ciò che ha fatto. Fatti come questo sono spiacevoli per la cittadinanza ove vengono compiuti, a maggior ragione qui a Bologna, dove l’alone della banda della Uno bianca è ancora vivo nella memoria di molti cittadini.” Queste le parole riferite dal dirigente della Squadra Mobile.

      

      

      Leggevo e rileggevo quelle parole. Mille pensieri annebbiavano la mia mente al punto tale che non riuscivo a pensare. La rabbia attanagliava il mio senso razionale e quelle parole mi facevano sprofondare sempre più.


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