Schiava, Guerriera, Regina . Морган Райс

Schiava, Guerriera, Regina  - Морган Райс


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ebbe l’impressione di poter vomitare in quel preciso istante. Strinse i pugni e strappò il braccio dalla presa di sua madre.

      “Forse avrei dovuto chiedere di più, se le piace così tanto,” disse la madre di Ceres abbassando gli occhi avvilita. “Dopotutto è la nostra unica e adorata figlia.”

      “Sono intenzionato a pagare bene per questa bellezza. Sono sufficienti altri cinque pezzi d’oro?” chiese l’uomo.

      “Molto generoso da parte vostra,” rispose la donna.

      Lord Blaku si diresse verso il carro per prendere altro oro.

      “Mio padre non sarebbe mai d’accordo con questo,” sibilò Ceres.

      Sua madre fece un passo minaccioso verso di lei.

      “Oh, ma è stata un’idea di tuo padre,” disse lei di scatto, con le sopracciglia sollevate a metà della fronte. Ceres sapeva che adesso stava mentendo. Ogni volta che faceva quell’espressione stava mentendo.

      “Pensi davvero che tuo padre ami te più di quanto ami me?” le chiese.

      Ceres sbatté le palpebre, chiedendosi cosa questo avesse a che fare con quel discorso.

      “Non potrei mai amare una che pensa di essere meglio di me,” aggiunse.

      “Non mi hai mai voluto bene?” chiese Ceres con la rabbia che mutava in scoraggiamento.

      Con l’oro in mano Lord Blaku si portò davanti alla madre di Ceres e glielo porse.

      “Tua figlia vale ogni singolo pezzo,” disse. “Sarà una brava moglie e mi darà molti figli.”

      Ceres si morse l’interno del labbro e scosse più volte la testa.

      “Lord Blaku verrà a prenderti in mattinata, quindi va’ dentro e prepara le tue cose,” disse la madre di Ceres.

      “No!” gridò Ceres.

      “È sempre stato questo il tuo problema, ragazza mia. Pensi sempre e solo a te stessa. Quest’oro,” disse sua madre facendole tintinnare il borsello davanti al viso, “terrà in vita i tuoi fratelli. Terrà integra la nostra famiglia, permettendoci di restare nella nostra casa e rimetterla in sesto. Non ci hai pensato?”

      Per una frazione di secondo Ceres pensò che forse si stava comportando da egoista, ma poi si rese conto che sua madre stava giocando con la sua mente, usando il suo affetto per il suoi fratelli contro di lei.

      “Non si preoccupi,” disse la donna girandosi verso Lord Blaku. “Ceres acconsentirà. Dovete solo essere fermo e deciso con lei, e diventerà docile come un agnellino.”

      Mai. Mai sarebbe stata la moglie né tantomeno la proprietà di quell’uomo. E mai avrebbe permesso a sua madre di scambiare la sua vita per cinquantacinque pezzi d’oro.

      “Non andrò mai con questo schiavista,” disse seccamente Ceres, lanciandogli un’occhiata di disgusto.

      “Figlia ingrata!” gridò sua madre. “Se non farai come ti dico, ti picchierò così forte che non potrai più camminare. E adesso entra!”

      Il pensiero di essere picchiata da sua madre le riportò ricordi orribili e cruenti: venne riportata dalla memoria al terribile momento di quando aveva cinque anni e sua madre l’aveva picchiata fino a farle perdere i sensi. Le ferite per quelle botte e per molte altre in seguito erano guarite, ma le ferite nel cuore di Ceres non avevano mai smesso di sanguinare. E ora che sapeva per certo che sua madre non le voleva bene, e che mai gliene aveva voluto, il suo cuore si era frantumato una volta per tutte.

      Prima di poter rispondere, la madre di Ceres fece un passo avanti e le diede uno schiaffo in viso così forte da farlo risuonare nelle orecchie.

      All’inizio Ceres fu sbalordita dall’assalto di sua madre e quasi arretrò. Ma poi qualcosa scattò dentro di lei. Non si sarebbe permessa di tirarsi indietro come aveva sempre fatto.

      Ceres colpì sua madre sulla guancia, così forte da farla andare in terra sussultando per l’orrore.

      Rossa in viso la donna si rimise in piedi, afferrò Ceres per le spalle e per i capelli e le diede una ginocchiata nello stomaco. Quando Ceres si piegò in avanti per il dolore, sua madre le piantò un ginocchio in faccia, facendola cadere a terra.

      Il mercante di schiavi stava in piedi a guardare con gli occhi sgranati, chiaramente deliziato dalla lotta.

      Ancora tossendo e ansimando per il primo assalto, Ceres si tirò in piedi. Gridando si gettò verso sua madre spingendola al suolo.

      Tutto questo finirà oggi, fu tutto ciò che poté pensare. Tutti gli anni che non era stata amata e che era stata trattata con sdegno alimentavano la sua rabbia. Ceres prese sua madre a pugni più e più volte mentre lacrime di furia le scendevano dagli occhi e singhiozzi incontrollati le uscivano dalle labbra.

      Alla fine la donna si accasciò.

      Le spalle di Ceres si scuotevano a ogni gemito e aveva lo stomaco aggrovigliato. Con la vista annebbiata dalle lacrime, sollevò lo sguardo verso lo schiavista con odio ancora più intenso.

      “Sarai veramente perfetta,” disse Lord Blaku con un sorriso mentre sollevava la borsa d’oro da terra e se la legava alla cintura di pelle.

      Prima che Ceres potesse reagire, le sue mani le erano già addosso. La afferrò e la mise sul carro, spingendola dentro con una mossa rapida, come se fosse un sacco di patate. La sua stazza massiccia e la sua forza erano troppo per permetterle di opporre resistenza. Tenendole i polsi con una mano e l’estremità di una catena con l’altra, disse: “Non sono tanto stupido da pensare che domani mattina sarai ancora qui.”

      Lei guardò la casa che era stata sua per diciotto anni e i suoi occhi si riempirono di lacrime al pensiero dei suoi fratelli e di suo padre. Ma doveva prendere una decisione se voleva salvarsi, prima che la catena le finisse attorno alla caviglia.

      Quindi con una rapida mossa raccolse tutta la sua forza e strappò il braccio dalla presa dell’uomo, sollevò una gamba e gli diede un calcio in faccia più forte che poté. Lui cadde indietro giù dal carro ed atterrò al suolo.

      Ceres saltò dal carro e corse più veloce che poté lungo la strada terrosa, lontano dalla donna che aveva giurato di non chiamare mai più madre, lontano da tutto ciò che aveva sempre conosciuto e amato.

      CAPITOLO QUATTRO

      Circondato dalla famiglia reale, Tano si sforzava di mantenere un’espressione positiva in volto mentre stringeva in mano il calice dorato pieno di vino, ma gli era difficile. Odiava stare lì. Odiava quella gente, la sua famiglia. E odiava partecipare agli incontri di corte, soprattutto quelli che facevano seguito alle Uccisioni.  Sapeva come viveva la gente, quanto erano poveri, e trovava insensato e ingiusto tutto quel fasto e quella superbia. Avrebbe dato qualsiasi cosa per stare lontano da lì.

      Tano stava lì insieme ai suoi cugini Lucio, Aria e Vario, ma non faceva il minimo sforzo per prendere parte alle loro futili conversazioni. Guardava invece gli ospiti di corte che si aggiravano nei giardini del palazzo con addosso le loro toghe e le stole, mostrando sorrisi finti e comportandosi con falso garbo. Alcuni dei suoi cugini si stavano gettando addosso pezzetti di cibo mentre correvano sui prati ben rasati e in mezzo alle tavole piene di cibo e vino. Altri stavano ricostruendo le loro scene preferite delle Uccisioni, ridendo e deridendo coloro che avevano perso la loro vita quel giorno.

      Tano pensava che tra quelle centinaia di persone non ci fosse nessuno di onorabile.

      “Il prossimo mese comprerò questi tre combattenti,” disse Lucio, il più grande, con tono da sbruffone asciugandosi gocce di sudore dalla fronte con un fazzolettino di seta. “Stefano non valeva la metà di quello che l’ho pagato, e se non fosse già morto, lo avrei trafitto io stesso con una spada per aver combattuto come una ragazzina nel primo round.”

      Aria e Vario risero, ma Tano non trovava divertente il suo commento. Che considerassero le Uccisioni un gioco o meno, avrebbero dovuto rispettare il coraggioso e il morto.

      “Beh, avete visto Brennius?” chiese Aria sgranando i grossi occhi blu. “A dire il vero avevo considerato di comprarlo,


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