Schiava, Guerriera, Regina . Морган Райс
incontro alla porta e le mise una mano callosa sulla schiena.
“Facciamo una passeggiata.”
Il petto le si irrigidì un poco. Quando voleva parlare e camminare, significava che stava per condividere qualcosa di importante.
Fianco a fianco si portarono dietro al capanno, in un piccolo campo. Nuvole nere incombevano poco lontano, soffiando folate di vento caldo e instabile. Sperava che avrebbero portato la pioggia necessaria per riprendersi da quella siccità apparentemente infinita. Ma forse non avrebbero che alimentato, come sempre, solo la vana speranza di un acquazzone.
Il terreno scricchiolava sotto ai suoi piedi mentre camminava, il suolo secco, le piante gialle, marroni e rinsecchite. Quell’appezzamento di terra dietro alla loro recinzione apparteneva a re Claudio, ma non veniva seminato da anni.
Arrivarono in cima a una collina e si fermarono a guardare il campo. Suo padre rimase in silenzio con le mani intrecciate dietro alla schiena, guardando il cielo. Non era da lui e il timore di Ceres si fece più fitto.
Poi parlò e parve che selezionasse con cura le parole.
“A volte non abbiamo il lusso di poter scegliere la nostra strada,” le disse. “Dobbiamo sacrificare tutto ciò che vogliamo per i nostri cari. Anche noi stessi se necessario.”
Sospirò e nel lungo silenzio interrotto solo dal vento, il cuore di Ceres batteva mentre lei si chiedeva dove sarebbe andato a parare.
“Cosa non darei per tenere stretta la tua infanzia per sempre,” aggiunse scrutando il cielo, il volto contorto in una smorfia di dolore prima di rilassarsi di nuovo.
“Cosa c’è che non va?” chiese Ceres mettendogli una mano sul braccio.
“Devo andarmene per un po’,” le rispose.
Le parve di non riuscire a respirare.
“Andartene?”
Lui si girò e la guardò negli occhi.
“Come ben sai l’inverno e la primavera sono stati piuttosto duri quest’anno. Gli ultimi anni di siccità sono stati difficili. Non abbiamo fatto abbastanza soldi per poter passare il prossimo inverno e se non vado la nostra famiglia morirà di fame. Ho ricevuto una commissione da un altro re che mi vuole come mastro fabbro. Guadagnerò bene.”
“Mi porterai con te, vero?” disse Ceres con tono di voce ansioso.
Lui scosse la testa mestamente.
“Devi stare qui ad aiutare tua madre e i tuoi fratelli.”
Il pensiero le fece scorrere nel corpo un’ondata di terrore.
“Non puoi lasciarmi qui con mia madre,” gli disse. “Non lo faresti mai.”
“Le ho parlato e si prenderà cura di te. Sarà gentile.”
Ceres batté il piede a terra e fece sollevare la polvere.
“No!”
Le scesero le lacrime dagli occhi, scorrendo lungo le guance.
Lui fece un piccolo passo verso di lei.
“Ascoltami attentamente, Ceres. Qui servono ancora spade di tanto in tanto. Ho messo una buona parola per te e se farai le spade nel modo che ti ho insegnato, potresti addirittura guadagnarti un po’ di soldi per te.”
Farsi un po’ di soldi le avrebbe magari permesso di avere più libertà. Aveva visto che le sue mani piccole e delicate erano diventate abili nell’intagliare gli intricati modelli e le iscrizioni sulle lame e sulle impugnature. Le mani di suo padre erano larghe, le dita grosse e tozze. Pochi altri avevano l’abilità che possedeva lei.
Ma anche con questo pensiero, scosse la testa.
“Non voglio diventare un fabbro,” disse.
“Ti scorre nelle vene, Ceres. E hai un dono per questo.”
Lei scosse la testa, ostinata.
“Voglio brandire armi,” disse, “non farle.”
Non appena le parole le furono uscite di bocca, si pentì di averle pronunciate.
Suo padre corrugò la fronte.
“Desideri essere una guerriera? Una combattente?”
Scosse la testa.
“Un giorno sarà permesso anche alle donne combattere,” disse lei. “Sai che ho fatto pratica.”
Gli occhi gli si piegarono in un’espressione preoccupata.
“No,” le ordinò con fermezza. “Non è questa la tua strada.”
Ceres si sentì sprofondare il cuore mentre le sue speranze e i suoi sogni di diventare una guerriera si dissipavano davanti a quelle parole. Sapeva che non intendeva essere crudele con lei, non lo era mai stato. Era la semplice realtà dei fatti. E per consentire a tutta la famiglia di sopravvivere, anche lei avrebbe dovuto sacrificare la sua parte.
Guardò in lontananza nel cielo illuminato da alcuni lampi. Tre secondi dopo si sentì un tuono.
Non si era accorta di quanto misere fossero le loro condizioni? Aveva sempre dato per scontato che avrebbero attraversato ogni difficoltà come famiglia, ma questo cambiava ogni cosa. Ora non avrebbe avuto suo padre con lei e non ci sarebbe stato nessuno a proteggerla da sua madre.
Una lacrima dopo l’altra scesero fino al suolo mentre Ceres restava immobile dove si trovava. Avrebbe dovuto rinunciare ai suoi sogni e seguire il consiglio di suo padre?
Lui tirò fuori qualcosa da dietro la schiena e gli occhi di Ceres si spalancarono quando vide che aveva in mano una spada. Si fece vicino a lei permettendole di vedere l’arma nel dettaglio.
Era meravigliosa. L’elsa era in puro oro, intagliata con l’immagine di un serpente. La lama aveva due parti affilate e sembrava fabbricata con il migliore acciaio. Per quanto la fattura fosse sconosciuta a Ceres, poté dire da subito che era della migliore qualità. Sulla lama stessa si trovava un’iscrizione.
Ceres sussultò, guardandola con ammirazione.
“L’hai fatta tu?” chiese con gli occhi incollati alla spada.
Lui annuì.
“Nella maniera della gente del nord,” rispose. “Ci ho lavorato per tre anni. A dire il vero, solo la lama potrebbe dare da mangiare a tutta la nostra famiglia per un anno intero.”
Lei lo guardò.
“E allora perché non venderla?”
Lui scosse la testa con fermezza.
“Non è stata fatta per questo.”
Le si fece più vicino e con sua sorpresa gliela tese.
“L’ho fatta per te.”
Ceres si portò una mano alla bocca mentre lui le teneva la spada davanti.
“Per me?” chiese stupefatta.
Lui sorrise amorevolmente.
“Avevi davvero pensato che mi fossi dimenticato il tuo diciottesimo compleanno?” le rispose.
Ceres sentì che gli occhi le si riempivano le lacrime. Non si era mai sentita così commossa.
Ma poi pensò a ciò che aveva detto prima, che non voleva che lei combattesse e si sentiva confusa.
“Però,” gli rispose, “hai detto che non devo allenarmi.”
“Non voglio che tu muoia,” le spiegò. “Ma capisco dov’è il tuo cuore. E quello non posso controllarlo.”
Le mise una mano sotto al mento e le sollevò la testa per guardarla negli occhi.
“Sono fiera di te per questo.”
Le porse la spada e quando Ceres sentì il freddo metallo contro il palmo, divenne tutt’uno con essa. Il peso era perfetto per lei e l’elsa sembrava fatta apposta per la sua mano.
Tutte le speranze che erano