Un Amore come Quello . Sophie Love

Un Amore come Quello  - Sophie Love


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difficoltà. In fin dei conti non voleva impegnarsi nella loro relazione. Quel pensiero le aleggiò tetro nella mente.

      “Quindi immagino che questo sia un addio?” disse Keira, freddamente.

      Shane doveva aver notato il suo tono improvvisamente sconfortato. “Non fare così,” disse. “Possiamo rimanere in contatto. Possiamo essere amici. Ci sono sempre i social media. Non voglio allontanarti del tutto dalla mia vita.”

      “Ma certo,” rispose lei tristemente, sapendo che nonostante le migliori intenzioni, era molto raro che una relazione d’amore si trasformasse in un’amicizia platonica. Semplicemente non era così che funzionava. Una volta che l’amore era finito, il sentimento svaniva per sempre, per le meno nella sua esperienza.

      “Sei arrabbiata con me?” chiese Shane, sembrando giovane e fragile.

      “No,” rispose Keira, rendendosi conto che era vero. Le ragioni per cui Shane aveva deciso di chiudere la loro relazione erano nobili. Stava dando la priorità alla sua famiglia. Erano esattamente le qualità che lei cercava in un partner, quindi sarebbe stato ingiusto da parte sua fargliene una colpa. “Penso che adesso dovresti andare e stare insieme alla tua famiglia,” aggiunse. “Dai a tutti un abbraccio da parte mia, va bene?”

      “Okay,” disse lui.

      Keira non ne era certa, ma il modo in cui lo pronunciò le diede la sensazione che Shane pensasse che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero parlati. Sembrava devastato.

      Seguì un lungo momento di silenzio.

      “Addio, Keira,” fu il suo saluto finale.

      Prima ancora di avere la possibilità di rispondergli, la chiamata si chiuse. Si allontanò il telefono dall’orecchio e lo fissò, tenendolo tra le dita. Come poteva quel minuscolo ammasso di metallo e microchip farla sentire come se tutto il suo mondo le fosse caduto sotto i piedi? Come aveva potuto una sola conversazione ribaltare la sua vita? Era come se ogni briciola di felicità che avesse mai provato fosse stata risucchiata attraverso il microfono del telefono per essere risputata in un abisso oscuro, e mai più ritrovata.

      E peggio ancora, Keira non poteva nemmeno arrabbiarsi. Shane non era stato un bastardo come ogni altro ragazzo con cui si era lasciata. Non c’erano stati tradimenti, bugie, litigi o colpi deliberati sotto la cintura. Forse era per quello che faceva molto più male. Forse era perché si era permessa di pensare che Shane potesse essere il Vero Amore, che fosse possibile trovarlo.

      Ancora in lacrime, uscì dal bagno e gettò il telefono sul divano. Bryn, che era al bancone della cucina a preparare il caffè, sussultò per la sorpresa.

      “Che cosa è successo?” chiese lei. “Stai piangendo?”

      Ignorando le domande di Bryn, Keira afferrò il suo itinerario autunnale dal tavolino, scorrendo rapida con lo sguardo la lista di eventi che aveva organizzato per sé e Shane, luoghi dove avrebbero dovuto creare ricordi preziosi da raccontare ai nipotini, e lo strappò bruscamente a metà.

      CAPITOLO DUE

      Bryn strinse un braccio attorno alle spalle di Keira, mentre la minore delle due sorelle singhiozzava amaramente.

      “Hai fatto la cosa giusta,” la consolò Bryn. “Lo so che subito non ti sembrerà così, ma fidati di me. Ti stavi facendo coinvolgere troppo. Hai ventotto anni, Keira, non è il momento di accasarsi.”

      Le sue parole non le furono di gran conforto. Come faceva Bryn a saperlo? La sua vita era stata segnata da una serie di relazioni disastrose. Non aveva idea del tipo di amore che Keira e Shane avevano trovato, e che adesso avevano perduto per sempre. I singhiozzi le squassarono tutto il corpo.

      “Dai,” continuò Bryn, “Andiamo a prendere un caffè. Io chiamo la mamma. Lo sai quanto è brava con queste cose.”

      Keira non avrebbe potuto essere più in disaccordo. Sua madre, a differenza di Bryn, sembrava aver fretta di vederla sistemata e con dei figli. Le aveva persino detto che non aveva molto senso che lei mettesse tutta quell’energia nella sua carriera, dato che tanto vi avrebbe rinunciato di lì a qualche anno per cominciare a sfornare bambini.

      Scosse la testa. “Non posso, devo andare a lavoro.”

      Bryn fece una smorfia. “Tesoro, sei un disastro. Non ti vorranno in questo stato. Così non sei utile a nessuno.”

      “Grazie,” borbottò Keira. “Ma non posso non andare. È il primo giorno dopo le ferie. Ho una nuova posizione importante. Elliot sarà in ufficio e si aspetterà che faccia del mio meglio.”

      Mentre spiegava le sue ragioni, Bryn si allungò e le sfilò il telefono dalle mani.

      “Ehi!” protestò Keira.

      Bryn pigiò alcuni pulsanti e poi riappoggiò trionfante il cellulare sul tavolino da caffè. “Fatto.”

      “Cosa?” gridò lei, inorridita, riprendendolo subito. “Hai richiesto un giorno di malattia per me? Non ho mai preso un giorno di malattia! Non sei per niente professionale, non riesco a credere che tu lo abbia fatto.”

      Ma quando controllò gli ultimi messaggi del telefono, scoprì che Bryn non aveva contattato il suo ufficio, bensì Nina, l’amica di Keira ed editrice della rivista. Lesse il messaggio che le aveva mandato.

      Shane mi ha mollato. La mia vita è finita. Aiuto.

      Keira fece una smorfia poco felice, e lanciò un’occhiataccia alla sorella. Bryn si limitò a scrollare le spalle con insolenza. Un secondo più tardi, il cellulare di Keira vibrò con l’arrivo della risposta di Nina.

      Andrà tutto bene. Dirò a Elliot che faremo una riunione fuori dall’ufficio. Un caffè alle dieci?

      L’espressione di Keira si addolcì. Forse Bryn non era del tutto deleteria.

      “Nina viene a trovarmi,” disse, mettendo via il telefono. “Adesso sei contenta?”

      “Sì,” rispose Bryn. “Ora devo solo dire al mio capo che oggi non vado a lavoro.”

      “Non sei costretta a farlo.”

      “Oh, ti prego, ogni scusa è buona,” ribadì Bryn.

      Keira si arrese. A volte discutere con sua sorella era inutile. Anche se non era la persona migliore con cui sfogarsi, era brava a mettersi al primo posto e occasionalmente quell’abitudine giocava a favore degli altri.

      Qualche tempo più tardi le sorelle uscirono insieme dall’appartamento avvolte in caldi indumenti autunnali, e si avviarono in strada fino al bar in cui avevano deciso di incontrare Nina. Era ancora molto presto. Quando arrivarono, il locale aveva appena aperto per la giornata. Furono le prime a entrare.

      Bryn ordinò cappuccini e muffin dietetici per entrambe e guidò Keira fino al morbido divano in pelle. Un momento più tardi entrò anche Nina.

      “Keira,” esclamò, con espressione addolorata.

      Si accomodò e abbracciò stretta l’amica, dandole subito conforto. Forse dopo tutto saltare il lavoro era stata una buona idea, anche se si fece un appunto mentale di non prendere quell’abitudine. Non era assolutamente professionale, anche se Bryn e Nina non sembravano pensarlo. Ma tanto con ogni probabilità non le sarebbe mai più capitato, dato che stava per iniziare una vita di celibato e quindi non avrebbe avuto altre occasioni di prendersi un giorno per curare il proprio cuore ferito…

      “Dio, non riesco a credere che Shane sia stato tanto stronzo,” iniziò Nina.

      Keira scosse la testa. “Non è così.”

      L’amica le lanciò un’occhiata impassibile. “Come fa a non essere così? Ti ha fatta innamorare di lui, e poi una settimana prima del vostro ritrovo ti molla?”

      “Beh, se la metti così,” disse Keira. “Ma credimi, non è così che è andata. Suo padre si è ammalato. Si è trovato, non lo so, a riconsiderare la nostra


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