Il Testimone Silenzioso. Блейк Пирс

Il Testimone Silenzioso - Блейк Пирс


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      “Ci siamo quasi.”

      Jenn fu sorpresa dall'enorme cambiamento nel quartiere circostante. Erano sparite tutte le bianche case maestose con le loro recinzioni curate e ordinate. Si trovarono a percorrere una strada composta da negozi di dimensioni modeste, che includevano ristoranti vegani, negozi di alimenti biologici e un negozio dell’usato.

      Poi, attraversarono un quartiere caratterizzato da case di dimensioni inferiori, di aspetto alquanto decadente ma nondimeno piuttosto affascinante. Gli abitanti apparivano molto diversi ra loro: c’erano giovani bohemién di diverse razze e vecchi hippy, che sembrava vivessero lì dagli anni ’60.

      Jenn si sentì immediatamente più a suo agio lì di quanto non si fosse sentita nell’area esclusiva popolata da un nucleo omogeneo di bianchi che avevano appena lasciato. Eppure, questo era un piccolo quartiere, e Jenn immaginava che si stesse rimpicciolendo rapidamente.

      La gentrifricazione sta avanzando, pensò un po’ tristemente.

      Brennan parcheggiò di fronte ad un vecchio condominio in mattoni. Accompagnò Jenn ed i suoi colleghi fino alla porta d’ingresso. Lì, Riley lanciò a Jenn un’occhiata, comunicandole così che ora avrebbe potuto prendere il comando.

      Jenn guardò Bill, che annuendo le indicò di proseguire.

      Lei deglutì, ansiosa, poi suonò il pulsante collegato all’appartamento di Duane Scoville.

      Inizialmente, nessuno rispose. Jenn si chiese se l’uomo non fosse in casa. Suonò di nuovo e sentì una voce borbottante al citofono.

      “Chi è?”

      La voce durò solo un paio di secondi. Ma a Jenn parve di sentire della musica in sottofondo.

      Jenn insisté: “Siamo dell’FBI. Vorremmo parlare con lei.”

      “A che proposito?”

      Jenn si sentì leggermente stupita dalla domanda. E, stavolta, fu sicura di aver sentito della musica.

      Riprese: “Ecco … si tratta dell’omicidio della sua ex-moglie.”

      “Ne ho già parlato con la polizia. Ero fuori città quando è successo.”

      Si sentì nuovamente della musica che, stavolta, a Jenn sembrò misteriosamente familiare.

      Brennan s’intromise: “Sono il Capo della Polizia, Brennan. Ho parlato con lei prima. Gli agenti vorrebbero farle ancora delle altre domande.”

      Ci fu silenzio, poi il pulsante suonò e la porta scattò. Jenn la aprì, ed entrò insieme ai colleghi.

      Pensò …

      A quanto pare non siamo esattamente i benvenuti.

      Jenn si chiese come mai.

      Decise che lo avrebbe scoperto.

      CAPITOLO SEI

      Jenn seguì il Capo Brennan all’interno dell’edificio e su per le scale fino al secondo piano. Riley e Bill tennero loro dietro lungo il corridoio fino all’appartamento di Duane Scoville.

      Le orecchie di Jenn si drizzarono, appena sentì il suono proveniente da una stanza vicina.

      Di nuovo quella musica.

      Stavolta, era sicura di averla già sentita, ma doveva essere accaduto tanto tempo prima, e non era certa di ricordare dove o quando. Si trattava di musica classica, una melodia lenta, dolce e incredibilmente triste.

      Arrivarono all’appartamento di Scoville, e il Capo Brennan picchiò sulla porta.

      Una voce gridò: “Avanti.”

      Quando entrarono, Jenn rimase stupita dall’aspetto dell’appartamento. Quel posto era un vero caos, c’erano lattine di birra e confezioni vuote di cibo sparsi ovunque.

      Si vedevano almeno dieci chitarre, alcune collocate in espositori, altre in teche aperte e altre ancora sparse in giro. Alcune erano acustiche, altre invece elettriche. C’erano anche amplificatori, casse e diverse attrezzature elettroniche in bella vista.

      Lo stesso Duane Scoville era seduto su un pouf malconcio. Aveva lunghi capelli e barba e indossava un paio di jeans tinti, un simbolo della pace su un laccio intorno al collo e un paio di “occhiali della nonna” dalla cornice rotonda.

      Jenn dovette soffocare una risatina. Sembrava che Scoville avesse vent’anni, ma stava facendo del proprio meglio per tenere un look da hippy tipico degli anni ’60. La decorazione della stanza includeva gocce di vetro, tappezzeria dozzinale, finti tappetini persiani, candele accese e disordine generale. Alcuni dei poster sulla parete rappresentavano immagini psichedeliche, altri promuovevano gruppi rock ed artisti che erano stati popolari, molto prima che Jenn nascesse.

      C’era un forte odore d’incenso nell’aria e …

      Qualcos’altro, Jenn comprese.

      Duane Scoville se ne stava seduto guardando nel vuoto con gli occhi appannati, come se non fosse arrivato nessuno. Era ovviamente piuttosto fumato, sebbene Jenn non vedesse alcuna traccia di droghe da nessuna parte.

      Il Capo Brennan gli disse: “Duane, questi sono gli Agenti dell’FBI Paige, Jeffreys e Roston. Come ho appena detto, hanno altre domande per lei.”

      Duane non reagì, e non offrì alcun posto dove sedersi ai visitatori, all’interno della piccola stanza.

      Jenn era perplessa, ricordando quanto fosse stata ordinata in modo immacolato la piccola casa della vittima. Riusciva a malapena a credere che Robin Scoville avesse mai conosciuto quest’uomo, men che meno che fosse stata sposata con lui.

      E poi, c’era la musica …

      Invece dei Doors, Jefferson Airplane o Jimi Hendrix o altro di più appropriato a quell’ambiente, Duane stava ascoltando della delicata musica da camera barocca, caratterizzata da un quintetto di fiati, come una sorta di canto di uccelli di alta intensità.

      Riconoscendo improvvisamente il pezzo, Jenn si rivolse a Duane: “E’ Vivaldi, non è vero? Il lento di un breve concerto.”

      Continuando a non rivolgere lo sguardo a Jenn o ai suoi compagni, Duane ribattè: “Come lo sa?”

      Jenn fu colpita dalla domanda. Ricordava perfettamente dove aveva già sentito quella melodia.

      Era stato a casa di zia Cora, dov’era cresciuta come figlia adottiva.

      Zia Cora teneva sempre della musica classica di sottofondo, mentre insegnava ai suoi ragazzi come diventare dei maestri del crimine.

      Jenn rabbrividì leggermente. Trovò inquietante e sconfortante sentire di nuovo quella melodia dopo lunghi anni. Le riportava alla mente ricordi strani e spiacevoli dei giorni che Jenn aveva provato così tanto a confinare nel passato.

      Ma sapeva che non doveva lasciare che ciò la distraesse.

      Concentrati sul lavoro, Jenn s’impose fermamente.

      Invece di rispondere alla domanda di Duane, disse …

      “Non mi sembra il tipo di persona che ascolta Vivaldi, Duane.”

      Duane finalmente la guardò e incontrò il suo sguardo.

      L’uomo rispose in tono monotono: “Perché no?”

      Jenn non rispose. Gli studi che aveva fatto all’accademia e le esperienze che aveva fatto sul campo, insieme a Riley e Bill, le suggerivano che avrebbe ottenuto qualcosa, inducendolo a guardarla. Ora avevano almeno una connessione provvisoria. Jenn decise di aspettare che fosse Duane a parlare, come passo successivo.

      Ma l’uomo non disse alcunché.

      Il movimento, lento e triste, giunse alla fine, e cominciò un movimento incredibilmente veloce.

      Duane cliccò sul lettore, così che lo stesso movimento lento riprendesse a suonare.

      Poi,


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