Minotauro. Sergio Ochoa
per le spalle con entrambe le mani, esclamando con voce dura e roca: "Ragazzo, quando sarai pronto mi sognerai e io ti dirò cosa fare" ...” Jorge si svegliò di soprassalto, mentre la porta della sua stanza sbatteva con fragore, fracassando uno dei suoi cristalli da collezione.
Si tirò su, guardandosi intorno confuso ...
Sudava freddo e mentre ansimava e guardava la piccola lampada sul comodino che tremolava mentre fuori il vento continuava a fischiare, non poté fare a meno di pensare alla spada di Damocle.
La mattina dopo si lavò e si vestì di fretta, uscì di casa senza fare colazione - come faceva quasi ogni giorno - percorse un paio di isolati fino a Paseo Bolívar e salì su un taxi per andare nel suo ufficio, che si trova nella parte alta della città: c'erano alcuni files a cui voleva dare un’occhiata.
Il suo lavoro come consulente tecnico del Congresso di Stato includeva, tra le altre 7
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cose, la revisione delle proproste dei deputati locali, in modo che la loro ambizione di distinguersi per farsi rieleggere sfornando progetti, programmi, riforme e altre boiate del genere
non
s’infrangesse
davanti
a
contraddizioni e incoerenze logistiche o costituzionali. O magari su entrambi i fronti, che era l’errore che, a quanto pare, facevano tutti. Anzi, ad ogni nuova legislatura, gli ignoranti aumentavano.
C'erano un sacco di aspetti da vagliare e su cui documentarsi, come codici, regolamenti e vademecum, ma quella mattina non era concentrato appieno sul suo lavoro. Non riusciva a scrollarsi di dosso il sogno della notte prima: era stato un incubo, una premonizione o un vecchio ricordo? Qualcosa che apparteneva al suo passato e che aveva ormai
dimenticato?
Ricordava
bene
l'immagine della donna, come se l’avesse scolpita nella sua mente…ma era reale?
L’aveva già incontrata da qualche parte...ma dove e quando? Esisteva davvero?
I ricordi dell'infanzia erano abbastanza confusi: una volta adulto si accorgeva di averne rimossi parecchi, preferendo ricordare solo quelli felici, come il suo primo amore, i bagordi con gli amici e il suo arrivo nella 8
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Capitale, quando aveva abbandonato la sua amata Ciudad Juárez per diventare un Chihuahuita. Anche ora si sentiva uno straniero ammalato di nostalgia per il suo paese, sebbene completamente integrato con la nuova realtà.
Anche lui, come molti altri forestieri, era stato accolto e trattato meravigliosamente bene dalla capitale dello stato di Chihuahua, non solo per il carattere gioviale degli abitanti ma anche per suoi meriti personali, essendosi dimostrato uno dei migliori studenti dell’Accademia. In parte i suoi successi gli avevano alienato le simpatie di alcuni compagni di corso, già pupilli del rettore. In particolare era inviso agli studenti più anziani, quelli per cui una cattedra rappresenta più un debito nei confronti del proprio partito politico ai quali devono obbedienza da sempre, e un’ emblema del proprio status, piuttosto che il frutto di una passione personale..
Chiaramente, non era così per tutti e fu facile a Jorge riconoscere e distinguere chi credeva davvero nel proprio lavoro e chi no. Anche se non
amava
frequentare
qualcuno
in
particolare, e con nessuno aveva stretto una profonda amicizia. Ai colleghi di Accademia 9
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che venivano da fuori, come lui, piaceva la sua capacità di dialogo e di oratoria.
Amavano la sua compagnia, e Jorge ne frequentò parecchi , di diversi semestri e tutti allievi dalle grandi capacità. Era diventato famoso tra loro come narratore e critico di molti libri. Ma oltre a ciò, continuava a condurre una vita solitaria.
Sprofondato nei suoi pensieri non si accorse del tempo che passava e tornò alla realtà solo quando fu scosso dal brusio dei colleghi degli altri uffici che uscivano per fare pausa pranzo. Allora si rese conto che non aveva ancora mangiato niente, quella mattina, nemmeno uno di quegli squisiti burritos di machaca con uovo che Donna Rosy vendeva nella sua rosticceria, a pochi passi da lì.
Quando Jorge non era nel suo ufficio, si sentiva come un pesce fuor d’acqua nel Palazzo del Governo; gli era sempre sembrato assurdo che l'ufficio del Governatore e quello del Congresso di Stato si trovassero nello stesso edificio, comunque non poteva fare altro che costringersi ad abituarsi.
Tentò di immergersi di nuovo nel suo lavoro, ma il sogno era ancora nella sua mente e non 10
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intendeva abbandonarlo: cercò di ricordarsi se l’aveva fatto già altre volte e poi se n’era dimenticato. Magari un altro paio, o forse tre? E chi cavolo era quella donna bionda?
Qualche vecchia maestra della scuola elementare? Qualche vicina di casa?
Capì che era inutile continuare a fingere di lavorare e che doveva rilassarsi in qualche modo. Inoltre era già giovedì, quindi una breve visita alla cantina centenaria “La Antigua Paz” per un paio di "jaiboles" gli avrebbe fatto bene. In fondo, si trovava a un paio d’isolati dal suo ufficio, il che era un gran bel vantaggio...
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CAPITOLO TERZO
Il Papà di Marianna
Mariana aveva perso suo padre all’età di diciassette anni, e ci aveva messo un bel po’, per elaborare questa perdita. La morte del padre le aveva permesso in parte di riorganizzare meglio la sua vita, ma per lo più gliel’aveva completamente sconvolta.
Sì, per gli altri, per tutti gli altri, si era trattato di una grave perdita dal punto di vista sociale e collettivo. Mariana era consapevole del ruolo che svolgeva suo padre.
Adesso, grazie al suo lavoro da psicologa, stava ricostruendo i frammenti della sua vita.
Suo padre le aveva lasciato abbastanza soldi per garantirle un futuro tranquillo, ma anche di dipendenza: benché l’Ingegnere Salgado fosse un uomo colto, era anche decisamente maschilista ed era sempre stato convinto che il posto della donna fosse a casa e che toccasse all’uomo di famiglia lavorare e procurare il pane.. Non solo: che la superiorità del maschio non potesse essere messa in discussione, soprattutto da una femmina, com’era appunto lei.
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Poco prima della morte del patriarca della famiglia Salgado, i litigi erano all’ordine del giorno e si gridava sempre, anche nei fine settimana, quando la famiglia era solita cenare in lussuosi ristoranti, o andava al lago, o partecipava a eventi sociali di rilievo, che ne accrescessero l’immagine pubblica.
Mariana era sempre in contrasto con suo padre e con ciò che egli rappresentava, accusandolo continuamente di predicare bene e razzolare male, dato che aveva anche avuto un paio di figli illegittimi. Quella donna che, da piccola, amava stare sempre con lui per andare a mangiarsi un gelato o farsi comprare dei bei libri da leggere, crescendo era diventata una figlia ribelle, sempre al centro delle liti tra i suoi genitori, fastidiosamente lagnosa e contestatrice, che si sentiva disprezzata perché non era nata maschio.
“ Senti, Marianita, te l’ho già detto e non intendo ripeterlo: stasera devi uscire con noi!”
“Uffa, mamma!