Minotauro. Sergio Ochoa
vita.
Ma
negli
ultimi
tempi
quell’inattività gli pesa e non di rado gli piacerebbe partecipare ancora a qualche operazione, ma sa che i suoi superiori ormai non si fidano più del suo stato di salute. Non è stato ancora licenziato per via delle sue amicizie al Distretto ( che sono sempre di meno) e per il fatto che accetta volentieri di lavorare anche durante le ferie e di fare straordinari non pagati.
Da tempo nessuno viene più a disturbarlo in questo suo esilio volontario, tanto che i rumori esterni che talvolta riescono a filtrare nel seminterrato si trasformano in un grido interiore di accusa che lo stizzisce, gli aggrava il peso della sua prematura vecchiaia e della disistima degli altri, e lo fa sentire ancora più solo. Ormai vive con sospetto anche un mormorio sommesso e uno sguardo di sfuggita.
L’isolamento forzato, che prima gli dava conforto, ora gli crea solo ansia, lo confonde, lo innervosisce al punto da farlo litigare con i suoi colleghi per un nonnulla. E’ irritabile e irascibile, sempre sulla difensiva.
E poi si arriva alla goccia che fa traboccare il vaso: una strisciata sul parafango della sua auto. Roberto fa irruzione al Comando come 33
Minotauro, Crimine o Martirio?
una furia, urlando rabbioso che bisogna trovare l’autore di quello scempio! E continua a
urlare
come
un
ossesso
finché,
tempestando di pugni la scrivania del Comandante, mentre tutti lo guardano come se fosse matto, fa cadere la brocca di vetro sul pavimento, che esplode in mille frantumi.
Quello strepito arriva fino alle orecchie del Comandante, che lascia ciò che sta facendo per vedere che cos’è successo. Quando si rende conto dell’accaduto, subito ordina ai sottoposti di pulire quel macello e grida a Velarde di seguirlo nell’altro ufficio.
“Velarde ... Velarde ... Capitano Velarde!”
urla.
“Sì, signore!” esclama Velarde uscendo lentamente dal suo stato di pazzia.
“Venite con me!” grida ancora il Capitano.
Pieno di vergogna e cercando di ricordare quello che è successo Velarde scruta uno per uno i volti dei suoi colleghi, che lo fissano ancora
stupiti
per
il
suo
assurdo
comportamento: il poliziotto più esperto e famoso del Dipartimento è uscito di senno, si è messo a urlare come un ossesso e ha offerto di sé un’immagine assolutamente 34
Minotauro, Crimine o Martirio?
deprecabile! Velarde si vergogna come un bambino, vorrebbe persino scoppiare a piangere, proprio come un moccioso che ha fatto i capricci!
All'interno sente la solita vocina dentro di sé che si prende gioco di lui: “Bravo, bella figura! Hai dimostrato a tutti chi sei e quanto vali! Ora finalmente si sono accorti di te, anche il Capitano! Bravissimo…. Stupido cazzone!”
Velarde non rimane sorpreso da quella vocina. Anzi, fa un sorriso sardonico e, con quell’espressione da stronzo, segue il Comandante nel suo ufficio per ricevere la sua bella( e meritata) lavata di testa.
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Minotauro, Crimine o Martirio?
CAPITOLO SETTIMO
Secondo sogno
Una volta a casa Jorge, sfinito fisicamente e mentalmente, crollò sul letto e si addormentò di colpo, tanto da non avere avuto neanche il tempo di togliersi le scarpe.
Rimase
ore
nella
stessa
posizione,
completamente immerso in un sonno pesante, finché, a un certo punto, il suo corpo cominciò a tremare e lui fece un sogno, dove gli sembrò di stare seduto a un tavolo a bere del vino. Stava partecipando a un grande banchetto e, chiudendo gli occhi, fece una bella sorsata dal suo bicchiere. Quando li riaprì, si trovò davanti la bionda del primo sogno che, seduta di fronte a lui, lo fissava:
” Ti ho detto che ci saremmo rivisti!” esclamò lei.
Jorge iniziò ad agitarsi nel sonno e a menare calci e pugni alla trapunta che gli dava d’impaccio e ai cuscini che gli tappavano la bocca. Ma non si svegliò. Nella sua mente combatteva ancora con il ricordo della figuraccia della mattina, ma continuò a sognare la bionda che ora non era più 36
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davanti a lui, ma seduta a un altro tavolo, che lo fissava con un’espressione cordiale.
Lui invece era ancora al suo posto, con la bottiglia di vino e due calici davanti a sé.
Sembrava che ci fosse una certa e familiarità tra loro. Jorge bevve un altro sorso dal suo bicchiere e guardò meglio il viso della donna, come si fa abitualmente quando stai a tavola per i fatti tuoi e vedi delle amiche che fanno baldoria e offri loro un calice…come gli era capitato qualche giorno prima, in effetti, anche se in questo caso c’erano delle differenze perché la donna laggiù era una signora di una certa età…forse un po’ più vecchia di lui ma ancora piacente.
Più la guardava, più sentiva di averla vista da bambino…e in effetti la ricordava proprio così, con quella camicetta bianca di canapa e quel medaglione antico intorno al collo, e perfino con quella giacchetta rosso porpora, di una tonalità molto simile ai riflessi che faceva il vino nel suo calice. I capelli era gonfi e voluminosi ma ben pettinati ed emanavano uno strano splendore, quasi ipnotico. Jorge non aveva mai visto una donna così vistosamente ossigenata e questa volta, sia per la sua età, sia per la situazione, scoprì in 37
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lei una sensualità che prima non aveva notato.
Sembrava che la donna si fosse accorta degli sguardi insistenti di Jorge e che non solo non le dessero fastidio, ma anzi ne fosse lusingata. Lei si alzò e andò al suo tavolo, prese la bottiglia di vino che, malgrado lui ne avesse bevuto già, era sempre piena, e ne versò un po’ nei due calici. Lui parlò, e la sua voce gli arrivò troppo forte alle orecchie, quasi fosse un’eco profonda in quella bella sala da ricevimento dove in realtà c’erano loro due soli.
“Salve! Beh, grazie.” esclamò, un po’ ruvido.
"Non ti disturbare a ringraziarmi, Jorge, bevi un altro sorso e poi parlami di te: dimmi, che fai nella vita? Ti trovi bene qui, nella capitale? E che ne dici del vino? Sai, è il mio vitigno preferito…” esclamò la donna, con confidenza.
“Sì, tutto bene. Sono molti anni che mi sono trasferito qui a Chihuahua e non ho alcuna intenzione di tornare a Ciudad Juárez Tu, invece, che fai qui?”
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“Ah, bella domanda, Jorge! Sei uno che va per le spicce! Bene, allora ti risponderò senza preamboli: sono venuta qui perché ho bisogno di un piccolo favore da parte tua…Niente di particolare, una piccola cosa, e sono sicura che non avrai alcun problema ad accontentarmi. E’ un favore che richiede una certa dirittura morale, e chi meglio di te?
Per dirla in breve, sono una collezionista…e anche tu, in un certo senso lo sei, non è vero, Jorge? - disse la signora, sorridendo maliziosa - Mi scuserai, ma non ho potuto fare a meno di