Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio. Dawn Brower
avevano condiviso, e se ne pentiva. Era stata carina quando si erano incontrati, ma poi era emersa la vera lei quando si era resa conto che Sullivan non voleva altro da lei.
Dani scosse il capo. “Solo tu avresti assegnato una posizione di tale autorità ad una delle tue ex. Spero che quella relazione abbia avuto luogo prima che lei lavorasse qui, o mi vengono i brividi a pensare alle possibili azioni legali”.
“È stato tanto tempo fa” rispose lui con un ghigno. “Fra l’altro, che senso avrebbe avere un avvocato in famiglia se non mi può aiutare a sviare una cosa o due?” non riuscii a non pungolarla. Crescendo aveva mancato l’opportunità di farlo, e si stava rifacendo del tempo perso.
Dani inarcò un sopracciglio e disse, “provaci, e vedrai quanto correrò velocemente in tuo soccorso. Ho cose più importanti di cui occuparmi piuttosto che giocare all’arbitro fra te ed una delle tue ragazzine”.
“Ex ragazzine” disse con fare inorridito. “Adesso è una professionista”.
“Potrei dire cose abbastanza derogatorie riguardo alla sua professionalità, ma eviterò”. Fece l’occhiolino. “Sono sicura che all’epoca avrai apprezzato le sue abilità”.
“Non spettegolo” rispose lui. Era qualcosa che si era sempre tenuto per sé. Non parlava dei propri incontri o avventure. Non doveva. Le donne svolgevano quella parte al posto suo. Erano molto più che disposte a sparlare delle sue prodezze, e lui non sembrava avere un motivo per impedirglielo. “Tu d’altro canto non hai cuore”. Gli era veramente mancato non avere sua sorella quando era un bambino.
“Esatto” rispose lei. “L’ho dato a Res anni fa. Se vuoi un po’ di compassione, forse dovrei chiamarlo”.
Il futuro marito di Dani a volte provava molto più che un po’ di compassione. “È agitato per il matrimonio?”
“È inquietantemente calmo. Non capisco”. Sorrise Dani. “Mi mantiene equilibrata. A proposito del matrimonio…” si mordicchiò il labbro. “Lana dovrebbe essere una delle damigelle. Dovrò passare a trovarla per vedere se si sente ancora di presenziare. Il giorno del matrimonio arriverà prima che ce ne reneremo conto”.
Il suo umore si fece più triste all’idea di perderla. Si sarebbe rifiutato di lasciare che trascurasse sé stessa. Prima di tutto doveva aiutarla ad eliminare le persone sgradevoli dalla propria vita—come Jessica Sousa. L’arpia di sua sorella era la ragione per la quale Lana era quasi morta.
“Senza dubbio hai ragione” commentò Dani. “Mi fermerò all’ospedale e vedrò come sta. Avrai molto lavoro da fare. Volevo controllare che stessi bene”. Si interruppe e lo fissò un momento prima di proseguire. “Forse prenderai in giro molte persone, ma riconosco l’espressione di una persona innamorata di qualcuno che pensano di non riuscire ad avere. La vera ragione per la quale vedo ciò che gli altri non vedono è perché è la stessa espressione che rivolgevo a Ren. Non fare il mio stesso errore, sprecando il tempo che hai con lei”.
Con ciò uscì in silenzio dal suo ufficio. La sua testimonianza gli diede molto su cui pensare. Chi stava prendendo in giro? Non aveva pensato a nient’altro dopo l’incidente di Lana. L’aveva respinta per anni. Avrebbe dovuto inseguirla e cercare di dimostrarle che lei era tutto ciò che aveva importanza per lui. Adesso era forse troppo tardi. La domanda era se sarebbe stato abbastanza coraggioso per scoprirlo.
CAPITOLO QUATTRO
Lana appoggiò la testa sul cuscino e sospirò. Essere una paziente non era mai stato il suo forte. Non poteva dire di odiare l’ospedale, considerando la professione che aveva scelto, ma stava iniziando a non piacerle seriamente. Se non l’avessero dimessa presto avrebbe iniziato una rivolta presso la postazione delle infermiere, avanzando richieste veramente irragionevoli. Non era colpa loro se si trovava nella situazione in cui versava, ad ogni modo avrebbero potuto chiudere un occhio ed aiutare una collega infermiera.
Si voltò e portò le gambe oltre il bordo del letto. Forse se si fosse preparata per andarsene, avrebbero colto l’indizio. Diamine, chi stava prendendo in giro? Non sarebbe successo niente più velocemente del normale solamente perché lei lo voleva. Era assolutamente consapevole di come funzionava l’ospedale. Tra l’altro Jessica non le aveva ancora portato un cambio di vestiti con il quale tornare a casa, e Lana non aveva intenzione di indossare il camice da ospedale nel mondo esterno. Presto si sarebbe dimenticata delle settimane trascorse in ospedale in convalescenza. Tristemente doveva ancora prendersi del tempo per terminare la convalescenza a casa. Forse le avrebbero permesso di tornare a lavorare qualche settimana più tardi, ma anche allora avrebbe svolto dei compiti leggeri.
Lana abbassò lo sguardo sui suoi piedi. Le calze dell’ospedale facevano schifo. Avevano gli spigoli ruvidi e le sfregavano la pelle, ma la base antiscivolo l’aiutava quando camminava. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era scivolare e ritardare la sua convalescenza di qualche altro giorno. Una fitta le attraversò il petto come una lama nella pelle. Prese un respiro che esalò lentamente. L’effetto degli antidolorifici stavano iniziando a scemare, ed avrebbe avuto bisogno di un’altra dose per non ricadere in una situazione poco piacevole. Le avevano tolto la flebo dandole le pillole quel giorno, e le mancava il succo delle felicità—non che se ne fosse iniettato di più della dose raccomandata. Il senso del regolatore era di dosare la quantità di cui il paziente necessitava, ma era bello averlo sempre pronto quando serviva.
“Sembra che sia arrivata al momento giusto” disse Jessica entrando nella stanza. “Ho paura e pensare che cosa stessi programmando”.
“Niente di che” Lana alzò la testa per portare lo sguardo sul suo. “Pensavo che potremmo fermarci al centro della comunità ed iscriverci alla maratona di domani”. Schioccò le dita. “No, non è abbastanza rischioso. Che cosa dici di rapinare una banca?”
Jessica ridacchiò e posò una borsa sul bordo del letto di Lana. “Se me l’avessi chiesto qualche settimana fa avrei potuto aiutarti a programmarla nei dettagli. Fortunatamente i miei soldi stanno ritornando lentamente dove devono stare—sui miei conti. Ci vorrà però un po’ per chiarire tutta quella confusione. Mia sorella ci ha finalmente fornito i dettagli su come risalire al tutto”.
“Bene”. Era così. Veramente. Lana era grata che Jessica stesse comprendendo la propria vita. Aveva avuto molti problemi fra cui destreggiarsi, e la sua salute vi aveva infierito. Lana non poteva non chiedersi se la sua stessa vita non sarebbe stata così incasinata se avesse trovato un modo per non legarsi a Jessica. Scosse il capo allontanando gli spiacevoli pensieri. Non era colpa di Jessica se si trovava in convalescenza da ferite quasi fatali. Imogen aveva esagerato, cercando di farla pagare a Jessica per cose sulle quali non aveva il controllo.
Sì, Jessica era stata una persona terribile ad un certo punto, ma stava cercando di cambiare. La versione egoista di sé era rimasta nel passato.
“Come procede il caso contro tua sorella?” Parte di lei non voleva sapere, ma la masochista in lei aveva dovuto chiedere. Sullivan aveva voluto che Imogen camminasse sui carboni ardenti ed anche di più. Il suo istinto invece era stato quello di fare il contrario di ciò che avrebbe suggerito lui. Se non fosse stato per desiderio adamante di Sullivan di farla pagare ad Imogen, forse non avrebbe desiderato restare dalla parte della Stronza Psicopatica. Sperava di poter tenere a freno la loro attitudine negativa in modo che Jessica non potesse scoprire quanto odiasse veramente la sua ritrovata sorella.
“Lei è…” Jessica si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo da Lana. “Mi rendo conto che ha fatto cose orribili, e tali decisioni non hanno ferito solamente me. Mi sento malissimo riguardo al mio rapporto con Imogen, o nella mancanza dello stesso, perché ti ha causato questo dolore. Se potessi ritornare indietro lo farei”.
Lana raddrizzò la schiena. “Tu non hai fatto in modo che ci tamponasse mentre ti stavo accompagnando in ospedale. Ha fatto tutto da sola. Per quanto ne so tu non hai niente di cui scusarti, ed è insultante che ritenga di doverlo fare. È Imogen a dover fare ammenda, e non ho intenzione di mentirti”. Si alzò in piedi e si diresse vero Jessica. Lana alzò il volto della ragazza in modo che la guardasse negli occhi. “Non mi piace Imogen, e non mi è mai piaciuta. Indorare la pillola non è mai stato qualcosa che so fare, ma se credi che lei