Cuori Infuriati. Amy Blankenship

Cuori Infuriati - Amy Blankenship


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«Che cosa volevi dire, Kyoko? Torna subito qui, accidenti!».

      Toya sospirò, sapendo che lei non poteva sentirlo. Non aveva mai pensato che qualcuno del suo mondo avrebbe potuto rivendicarla come compagna. Gli vennero i brividi solo a pensarci. No, stava mentendo. Doveva essere una bugia e, se non lo era, sapeva come risolvere il problema. Si sarebbe sbarazzato del ragazzo. No, poi Kyoko lo avrebbe odiato a vita. Non lo avrebbe mai perdonato se avesse ferito un essere umano.

      «Un essere umano non potrebbe mai proteggerti.» Toya ringhiò per la frustrazione, poi avvertì una presenza e guardò verso la statua vergine. La placida sagoma di Kyou si materializzò nella radura di fronte a lui. “Dannazione! Ci mancava anche lui.”.

      «La sacerdotessa è scappata via da te ed è tornata nel suo mondo.». Il suo tono privo di emozioni era più una dichiarazione che una domanda.

      «Non sono affari tuoi, Kyou, quindi perché non vai a baciare qualcun’altra e lasci in pace Kyoko?». Sebbene fossero fratelli, entrambi guardiani di Kyoko e del Cuore di Cristallo Protettore, Toya ancora non si fidava di lui… soprattutto riguardo Kyoko. «Lei è mia, capito? Lasciala stare.».

      «Tu dici?» il tono di Kyou era quasi annoiato. «Lei è pura e non ha alcun compagno. Non è tua.». Il vento iniziò a soffiare attraverso la radura e Kyou scomparve, lasciando Toya con un senso di vuoto mentre osservava una delle piume dorate di Kyou posarsi sulle mani tese della statua e poi svanire.

      Toya si appoggiò alla statua vergine e scivolò giù lentamente finché non si sedette… in attesa. I minuti si trasformarono in ore e Toya sbatté le palpebre verso il cielo. Quand’era tramontato il sole? Sapeva che gli altri stavano per arrivare, sentiva il loro profumo nell’aria. Rimase lì, aspettando che arrivassero.

      Suki spinse Shinbe nella radura sussurrando: «Vai a parlare con lui. Magari gli sarà di aiuto. Ci accamperemo qui, d’accordo?», e gli diede un’altra gomitata.

      Shinbe sapeva che, probabilmente, Toya non era di buon umore. Non lo era mai quando Kyoko tornava nel suo mondo, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei e Suki. In quel momento, una delle due voleva che lui scoprisse cosa stava succedendo, e vedere se riusciva a dire qualcosa di utile.

      Facendo un respiro profondo, si avvicinò in silenzio, sperando in cuor suo che Toya dormisse. «Che vuoi, Shinbe?» disse Toya, cogliendolo di sorpresa.

      Shinbe gli si avvicinò e gli si sedette accanto. «Allora, è ancora arrabbiata?».

      L’altro lo guardò e rispose sarcasticamente: «Che cosa te lo fa pensare?».

      Shinbe indicò con il bastone il solco che Toya aveva lasciato nel terreno. «Be’, questo è recente, no?». Non poté fare a meno di sorridere della propria battuta. L’altro lo guardò e lui smise di ridere, poi sospirò, «Sei riuscito a parlarle?».

      Toya strinse le spalle, «Non mi ha lasciato dire una parola. Era troppo arrabbiata per ascoltarmi. Adesso se n’è andata e io ho una brutta sensazione. Abbiamo bisogno di lei qui.». Nella sua mente aggiunse in silenzio: “ ho bisogno di lei qui.”.

      Shinbe annuì, «Forse sarebbe utile che tu andassi da lei. Dopotutto, sei l’unico tra noi che può farlo. E, la prossima volta, non cercare di spiegare le cose. Di’ solo che ti dispiace, okay?». Si alzò e fece alcuni passi prima di fermarsi e aggiungere: «Se ti darà la possibilità di spiegare, assicurati di dirle che la ami. Dopotutto… lei non ha il potere di leggere la mente.».

      Toya aspettò che Shinbe fosse lontano prima di alzarsi e sospirare per calmare i nervi. Guardando il volto della statua vergine, si chiese se la sosia antenata di Kyoko fosse stata così difficile da gestire come la sua discendente. Per scoprire quel segreto avrebbe dovuto chiederlo a Hyakuhei e la cosa era fuori discussione.

      Toccando le mani della fanciulla, fu inghiottito dalla luce blu e scomparve. Saltare attraverso la barriera del tempo gli dava sempre i brividi. Gli sembrava di annegare… ma senza acqua.

      Gli altri guardiani si lamentavano spesso perché era l’unico in grado di farlo, ma lui era giunto alla sua conclusione… l’incantesimo addomesticante. Quel che è giusto è giusto. Lui era l’unico su cui Kyoko potesse usare l’incantesimo, perciò era l’unico che poteva seguirla nel suo mondo e riportarla indietro.

      “Che cosa sto facendo? Mi lancerà quel maledetto incantesimo, se vede che l’ho seguita.”. Toya percorse la piccola rampa di scale e sbucò fuori dal tempietto nel giardino di Kyoko. Non era mai stato molto bravo ad ascoltare quella vocina nella propria testa, quindi perché iniziare ora? La notte era tranquilla e fredda, aiutandolo a concentrarsi per il confronto.

      Guardando casa di Kyoko e non vedendo nessuna luce accesa, decise di girare intorno finché non trovò la finestra della sua camera. Non era la prima volta che sceglieva quell’entrata. Inoltre, sarebbe stata proprio una fortuna imbattersi nel suo stravagante nonno…

      Arrampicandosi velocemente sull’albero fuori dalla camera di Kyoko, Toya sorrise quando vide che la finestra era socchiusa e la luce era spenta. Poggiò le mani sulla finestra e in silenzio la aprì completamente, rabbrividendo quando emise uno scricchiolio leggero.

      Entrando nella stanza, strisciò sul suo letto. Era coperta a metà, con una mano sotto il mento, sdraiata su un fianco con i capelli spettinati sul cuscino bianco. Si sedette piano sul bordo del letto e si chinò su di lei, osservandola mentre respirava.

      Amava guardarla dormire. Essendo un guardiano, non dormiva come gli umani quindi aveva molte occasioni per sedersi a guardarla a sua insaputa. I suoi pensieri tornarono al bacio… a entrambi i baci.

      Per come la vedeva lui, era stato se stesso anche quando si era trasformato… entrambi i suoi lati erano parte di lui. E, anche se lei era sotto incantesimo… era comunque se stessa. E poi… era stato solo un bacio. I suoi occhi dorati brillarono d’argento al ricordo di quel bacio appassionato, portandolo a indietreggiare quando riaffiorò di nuovo il desiderio.

      Forse Kyoko non si era resa conto che lui non avrebbe mai potuto smettere, non quando era lei a volere un bacio da lui. Ciò che lo faceva soffrire davvero era che nessuno dei due baci era stato reale. Grugnì, cercando di scacciare quel pensiero. Per lui, erano stati reali.

      Quando arrivarono le prime luci dell’alba, Toya uscì dalla finestra e si sedette su un ramo dell’albero… in attesa.

      Kyoko si svegliò stiracchiandosi e aprì gli occhi. Sentì subito che qualcosa non andava. Sedendosi e guardando in giro per la stanza, si accigliò sentendo un punto caldo sotto la sua mano. Notò subito il segno che qualcuno era stato lì… accanto a lei. Non poté fare a meno di sorridere. Toya era stato lì.

      Capitolo 5 “Presenze indesiderate”

      Kyoko si vestì in fretta per andare a scuola. Essendo tornata, ci sarebbe andata sicuramente. Aveva già perso tanto tempo e poi, le mancavano i suoi amici. Si spazzolò i capelli finché non brillarono e promise a se stessa che non avrebbe pensato a cosa accadeva nell’altro mondo, si sarebbe goduta quella giornata così com’era… normale. Poggiò la spazzola sul mobile e andò al piano di sotto, in sala da pranzo.

      Il nonno la guardò sorpreso, «Kyoko, sei a casa? Andrai a scuola oggi? Altrimenti ho già pensato a una buona scusa, se ne hai bisogno.» e le sorrise.

      La sua famiglia era abituata al fatto che lei fosse la sacerdotessa designata dai loro antenati tanto tempo fa. Il tempio della vergine dietro la casa apparteneva alla loro famiglia dall’antichità e lo custodivano al segreto.

      Kyoko gemette, «Grazie nonno, ma voglio andare quindi tienila per la prossima volta, va bene?». Sapeva che il nonno stava solo cercando di darle una mano ma alcune delle malattie che si era inventato come scusa per la scuola e gli amici erano davvero esagerate.

      Tama sorrise sapendo che, spesso, il nonno rendeva difficile per Kyoko farsi vedere a scuola, soprattutto dopo aver detto che aveva una malattia contagiosa sconosciuta. Tossì con la mano per nascondere la propria risata, poi prese un pezzo di pane tostato dal piatto e si diresse verso la porta.

      «Credo che dovrai conservare la scusa della gravidanza per la prossima


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