Mare Di Amarezze. Charley Brindley
nello zaino a tracolla.
Prija non era al solito posto.
Scrutai la strada in lungo e in largo: niente.
A un tratto vidi Prija uscire da una porticina dell’edificio e sistemarsi la gonna. Era in compagnia di un ometto basso e grasso.
“Sassone!” esclamò una voce alle mie spalle. Mi voltai.
“Siskit! Che piacere vederti!”
Mi abbracciò. “Che fai? Controlli Prija?”
“Ehmmm…sì, fino a poco fa.”
“Anch’io lo faccio, ogni tanto. Ho sempre paura che qualcuno le metta le mani addosso.”
”E’ già successo?”
“Sì, molte volte.”
“Perché lo fa?”
Siskit fece un cenno di saluto a Prija dall’altro lato della strada. Lei rispose con un cenno del capo.
Mi sta guardando?
Provai il forte impulso di salutarla, ma rimasi fermo con la mano avvinghiata allo zaino.
Se n’è accorta che prima la stavo guardando?
Tutti i soldi che guadagna li dà alla famiglia. Nostro padre è malato di cancro, e nostra madre è costretta sulla sedia a rotelle.”
“Oh, no. Che tipo di cancro?”
“Polmoni.”
“E’ in chemio?”
Mi guardò. “Che cos’è?”
“Ehmm…delle sostanze chimiche che ti danno per endovena.” Feci il gesto dell’ago ficcato nel braccio. “A volte te lo danno con le pillole.”
“Ah, sì. Dovrebbe farlo. Ma costa 300.000 bath al mese.”
“Allora fa la radio?”
“Sono sei mesi che la fa. Ha perso tutti i capelli, ormai.”
“Mi dispiace molto.”
“Non dire a Prija che te l’ho detto.”
“Ok.”
Arrivò un messaggio al suo telefono. Lei lo lesse e sorrise. Mi guardò.
“Allora, promesso?”
“Promesso. Ma non lo sa nessuno?”
“Solo un’altra persona. Comunque, Prija sta arrivando.”
Vidi Prija che dall’altra parte della strada aspettava che una moto passasse, prima di dirigersi verso di noi.
“Devo andare. Mi raggiungi più tardi al solito caffè?”
“Certo. Ma perché te ne vai’”
Dovetti scappare per non farmi sommergere dalle emozioni. Adoravo le mie chiacchierate acide con Prija, ma non volevo assolutamente che lo sapesse. E adoravo i suo viso, così simile a quello della donna scolpita nella mia memoria. E ora, la rivelazione che vendeva il suo corpo per pagare le medicine al padre gravemente malato. Tutto ciò stava mandando in tilt il mio cervello, come un pallone che si gonfiasse fin quasi a scoppiare. Qualcosa stava per cedere.
Se fossi stato un uomo abituato a bere, forse due bicchieri di vodka o di whiskey mi avrebbero rimesso in sesto. O mi avrebbero aiutato a dimenticare.
Odiavo quello che faceva Prija, ma nel contempo l’ammiravo. L’amore è così potente da condurre all’auto-distruzione? E io, se fossi stato al suo posto, avrei fatto come lei? No so se avrei la forza di fare un sacrificio simile, tale da cambiarmi la vita. Lei è disposta a sacrificare la sua giovane vita per il bene della sua famiglia.
Cosa avrei potuto dirle, la prossima volta che ci saremmo visti? Ogni mia accusa sarebbe crollata ai piedi di una sedia a rotelle e un vecchio morente. E i suoi genitori sapevano quello che faceva per loro? Probabilmente no. E cosa dire degli ubriachi e dei molestatori che le mettevano le mani addosso? Ogni sera, lei metteva in pericolo non solo la sua salute, ma la sua stessa vita.
La conosco da meno di una settimana e mi sento già immischiato nella sua vita. Devo andarmene da Bangkok, subito! Posso scrivere ovunque. Magari, me ne ritorno in Amazzonia. Nella foresta pluviale, lontano dal caos e dalla gente. Via dal cancro e dalle puttane. Lì, nel silenzio della jungla e senza distrazioni, l’unica cosa che mi serve è un collegamento satellitare, una bottiglia di repellente per insetti, e potrò starmene in pace finché ne avrò voglia.
Alle tre del mattino riuscii ad impossessarmi di un tavolo e ordinai qualcosa da mangiare, in modo che la cameriera non mi pregasse di andarmene subito. Se Siskit mi avesse raggiunto, avremmo potuto mangiare insieme.
Non passò molto prima che la sua dolce voce mi suonasse alle orecchie. Ceh bella ragazza, e che sorella affettuosa nei confronti di Prija!
“Sono contenta che mi hai aspettato.” disse, sedendosi.
Salutò Ringy. “Che vuoi da bere?” le chiesi, spingendo verso di lei il piatto con la cena. “Ti ho preso qualcosa da mangiare.”
“Ce l’hai ancora quella aranciata frizzante?” chiese a Ringy, in thailandese.
“Certo. Se volete, vi porto la bottiglia grande. Aranciata anche per lei, signore?”
“Sì, grazie.”
“Che fame!” esclamò Siskit.
Chiacchierammo del più e del meno in thailandese. Ero felice che sapessi parlarlo di nuovo.
Spinse il piatto verso di me. Feci un boccone anch’io.
“Che lavoro fai?” mi chiese.
“Medico e scrittore.”
“Davvero? E cosa scrivi?”
“Un po’ di tutto. Libri di avventura, storia, romanzi…”
“Qualcuno dei tuoi libri è stato tradotto in thailandese?”
“No. Esistono solo in Inglese.”
“E quanti ne hai scritti?”
“Sedici. E altri quattro sono in lavorazione.” Spinsi il piatto verso di lei. “Ma ora basta parlare di me. Ti piace i tuo lavoro al reparto spedizioni?”
“Sì, mi piace, ma non vedo l’ora di tornare al mio villaggio a Pattani.”
Smisi di masticare e la fissai.
“Mi manca la mia famiglia.” Spinse il patto verso di me. “Che c’è?”
Io ingoiai e bevvi un sorso d’acqua. “Pattani, giù al sud?”
“Sì. Lo conosci?”
“Allora sei musulmana.”
“Certo. Anche Prija lo è. Veniamo da un piccolo villaggio.”
“Ma non vi coprite i capelli.”
“Non siamo praticanti. Non ci inginocchiamo nemmeno le 5 volte al giorno per pregare verso la Mecca. Lo facciamo solo quando siamo al villaggio. Sai, per non dare scandalo.”
Ora, ero completamente nel pallone. Provincia di Pattani… Da quanto tempo non sentivo più queste parole? Sarei dovuto andare lì, appena tornato in Thailandia.
“Che dottore sei?”
“Scusa?”
“Che tipo di dottore sei?”
“Oh…uno qualunque.”
“Hai detto che sei già venuto a Bangkok, tempo fa.” Fece un boccone di riso al curry.
“Sì.” Sollevai il bicchiere vuoto verso Ringy.
Non voglio rispondere a queste domande. Ma non voglio essere scortese con questa ragazza. Non c’è motivo.
“Circa cinquant’anni fa.”
“E dopo tanto tempo, ricordi ancora la nostra lingua!”
“Quando sono arrivato, due