La figlia dei draghi. Морган Райс

La figlia dei draghi - Морган Райс


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verso la piscina d’acqua. Non poteva fermarsi; doveva guardare.

      L’essere che rispose a quel suo sguardo fisso era del tutto diverso da ciò che era stata, ma non era quella cosa rotta e deformata che aveva tanto temuto di diventare. Nerra poté solo guardarlo per lunghi secondi, incapace di dargli un senso; orrore, shock e un totale fascino si battevano per la supremazia dentro di lei.

      La sua pelle era squamosa, i suoi occhi gialli come quelli di un serpente, i suoi tratti dispiegati in qualcosa di più draconico, eppure c’era un’innegabile simmetria e bellezza in quei lineamenti. Nerra avrebbe del tutto rifiutato quell’immagine, eppure, guardandola, c’era qualcosa che le ricordava lei stessa. Persino la memoria dei suoi capelli era lì, in ciocche frondose che somigliavano alla cresta di una lucertola. Il suo corpo era altrettanto squamoso e più muscoloso adesso, capace di muoversi sinuoso grazie al riassetto delle sue articolazioni, eppure non aveva l’aspetto di un mostro.

      “Certo che sono un mostro!” disse forte e la sua voce era l’unica parte di lei che non sembrava cambiata. Quello rese tutto peggiore in qualche modo, invece che migliore. Come poteva quella parte di lei essere rimasta invariata, quando tutto il resto si era trasformato? Un pensiero la raggiunse: nessuno della sua famiglia l’avrebbe adesso riconosciuta, aveva perso tutto. La rabbia le si scatenò dentro, repentina, improvvisa e totale; afferrò un pezzo di muro del tempio e lo fece a pezzi a mani nude. Fu solo allora che comprese quanto fosse forte nelle sue nuove sembianze.

      La rabbia era ancora lì, e Nerra poteva sentirla battersi per emergere in superficie, per avere la meglio, come chi si trasformava al villaggio lasciava spazio a una creatura irrazionale. Nerra si ribellò a essa, allo shock, al dolore profondo di quella trasformazione, relegando tutto nelle periferie del suo essere e rifiutandosi di diventare qualcosa di simile. Si sporse dal lato della pozza, fissando giù nell’acqua, costringendosi a osservare quella versione mutata della sua persona, finché pensò che poteva sopportarlo.

      La fontana non l’aveva uccisa, non l’aveva curata, l’aveva cambiata. Era stata come un catalizzatore per la trasformazione connessa alla malattia, ma l’aveva portata direttamente oltre alle creature malfatte che di solito creava, per renderla qualcosa di lucente e flessibile, dall’aspetto umano e di lucertola, tutto in una volta.

      Nerra non sapeva cosa fare con quel pensiero, non sapeva come superare lo shock di chi era, di com’era diventata. Non lo comprendeva, non sapeva quale avrebbe dovuto essere la sua mossa successiva. Aveva bisogno di capire cosa stava succedendo e cosa le era successo, ma c’era un solo posto dove avrebbe potuto trovare le risposte ed era lo stesso dove avrebbero potuto ucciderla per com’era ora.

      Procedendo a passo lungo sulla superficie del vulcano, Nerra si mise in cammino di nuovo verso il villaggio.

      CAPITOLO QUINTO

      Pedinare Finnal e la sua gente era abbastanza semplice per Erin; dopotutto, in quanto principessa, poteva andare ovunque nel castello e, in quanto cavaliere, nessuno la guardava due volte se lo faceva in compagnia della sua lancia corta, con la punta ancora coperta dalla custodia a farla sembrare un bastone.

      Cosa avrebbero visto davvero se avessero guardato nella sua direzione? Una ragazzina più bassa delle sue sorelle, ricoperta da un’armatura di catene e lastre, con i capelli scuri tagliati corti per evitare che le offuschino la vista nella lotta e i tratti intrisi di determinazione. Non avrebbero potuto carpire le sue intenzioni, non avrebbero potuto immaginare la parte in cui, prima o poi, avrebbe trafitto il cuore di Finnal con la sua lancia. Le persone non volevano guardare le principesse e pensare che potessero fare una cosa del genere.

      Le persone erano stupide.

      Per ora, Erin lo stava solo pedinando; si muoveva fra la folla del castello, passando dalle coppie di cavalieri alle schiere di domestici, mentre Finnal attraversava il cortile per accedere alla grande sala. C’erano delle tende in cortile al momento, all’ombra delle imponenti mura, con i soldati accampati lì come in attesa di nuovi ordini. Alcuni erano seduti attorno a fuochi cottura all’aria aperta e Finnal si fermò con essi, per fare battute e ridere. A qualcuno, allungò delle monete, forse per comprare la loro lealtà.

      Erin non poteva comprendere cosa vi avesse mai visto sua sorella. Oh, era stato abbastanza carino prima delle nozze, sempre elegante e aggraziato, con gli zigomi alti e un sorriso smagliante. Portava indumenti scuri dai bordi dorati, i migliori per attirare le attenzioni altrui sul suo splendore; e senz’altro, ogni volta che passava, tutti attorno a lui gli rispondevano come se il sole in persona fosse appena uscito dalle nuvole. Tuttavia, Lenore si meritava di più; si meritava qualcuno che la amasse davvero.

      Di certo non meritava qualcuno che cercasse di tenerla ostaggio nelle nozze, mettendole delinquenti alle calcagna ogni volta in cui si fosse azzardata a uscire dalle mura del castello. Finnal avrebbe pagato per quel gesto, e l’avrebbe fatto amaramente.

      Erin sorrise quando lo vide deviare verso le stalle, prima di proseguire nella grande sala. Con così tante persone al castello, era difficile in quel momento trovare un luogo adatto a un’imboscata, ma Erin era certa che lì vi fosse. Conosceva il posto con esattezza.

      Abbandonando i suoi tentativi di essere un’ombra silenziosa alle sue spalle, Erin attraversò a corsa il cortile, fino all’angolo appena precedente Finnal. Passò dal retro e, correndo su una rampa di scalini in pietra, si ritrovò al livello più basso delle mura; scivolò oltre a una guardia che guardava le isole della città, muovendosi con passo felpato prima di lanciarsi giù, sul tetto delle stalle.

      Si era nascosta lì tantissime volte quando era piccola, in parte perché era il posto perfetto dove accucciarsi per evitare le lezioni di galateo che sua madre voleva seguisse e in parte perché era il punto da cui era possibile vegliare sulle stalle. Erin l’aveva usato per spiare le battute di caccia o i cavalieri che si preparavano per uscire nel regno, provando sempre gelosia che loro potessero fare tutto ciò, mentre lei no. Si fermò lì e osservò, afferrando l’impugnatura della sua lancia.

      Voleva farlo davvero? Il nervosismo la raggiunse mentre aspettava perché, nonostante avesse ucciso prima, non l’aveva mai fatto a sangue freddo. Voleva davvero abbattere il marito di sua sorella e lasciarlo morto nelle stalle?

      La risposta a ciò era semplice: se non lei, chi doveva farlo? Oh, Lenore aveva parlato delle sue domestiche in azione, per cercare informazioni che avrebbero convinto le persone a liberarsi di Finnal in modo più pulito, ma quali erano le chance di portare a termine quel piano? Anche se avessero ottenuto le informazioni che avrebbero potuto persuadere la maggior parte della gente, Vars avrebbe acconsentito ad annullare il matrimonio? Era stato lui, in primo luogo, a pressare affinché le nozze venissero celebrate il prima possibile.

      Forse appena loro padre si fosse svegliato, ma questo era più veloce, più pulito e… beh, Finnal se lo meritava. Nessuno poteva minacciare sua sorella.

      Aspettò, finché non sentì delle voci lì sotto.

      “… il baio più grande,” disse Finnal, da qualche parte in basso.

      “Ma signore, quel cavallo appartiene al Principe Rodry.”

      “Ed io desidero onorare la sua memoria mettendolo a servizio di sua sorella,” rispose Finnal e comparve in basso; la sua testa era visibile, con la sua cascata di riccioli. “Ricordati che io sono suo marito e che le terre che adesso possiedo includono… Uhm, da dove hai detto che proviene la tua famiglia?”

      La minaccia era lì, appena sotto la superficie, e tutto ciò non fece altro che accrescere la rabbia di Erin. Quell’uomo si era rivelato crudele da quando aveva ottenuto potere; era una serpe dalla pelle graziosa. Oltre a ciò, stava cercando di derubare il suo defunto fratello adesso, mentre minacciava sua sorella. Erin non poteva permettere che tutto ciò accadesse.

      “Magari potrei parlare con il responsabile delle stalle,” disse lo stalliere con cui stava parlando.

      “Mi sembra un’idea eccellente,” replicò Finnal. “Io aspetterò qui.”

      Lo stalliere non intendeva che l’avrebbe fatto subito chiaramente, ma con Finnal in attesa, non aveva scelta. C’era solo un vantaggio in tutto ciò: significava che Finnal sarebbe rimasto solo nelle stalle,


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