La figlia dei draghi. Морган Райс
il dovere di agire?
“Credo che dobbiamo farlo,” rispose Devin e allungò le mani verso gli altri. “Se questo può aiutare il regno, allora dobbiamo almeno provarci. Mi aiuterete?”
Sir Halfin fu il primo ad allungarsi, mettendo la sua mano sopra a quella di Devin. “Lo farò. Se non lo facessi, che Cavaliere dello Sperone sarei?”
Sir Twell impiegò un momento di più, ma poi unì la sua mano alle loro. “Molto bene,” disse. “Lo giuro; ma ho un’altra domanda: come faremo a trovare questi frammenti?”
“Devin avvertirà il metallo stellare quando è vicino,” rispose il Maestro Grey. “Ma oltre a questo…” Estrasse ciò che sembrava una mappa e la dispiegò. Mostrava il regno, mostrava i frammenti che aveva sottolineato e c’era anche qualcos’altro… almeno uno di essi si stava muovendo.
“Magia,” disse Devin meravigliato. Nonostante avesse visto tutto ciò che lo stregone riusciva a fare, quella cosa riusciva sempre a stupirlo.
“La mappa localizzerà i frammenti,” disse il mago. “Con questa, dovreste riuscire ad avvicinarvi. Immagino che quello in movimento sia attualmente nelle mani di un mercante, che lo reputa un ciondolo da vendere.”
“Allora lo porterò indietro,” promise Devin. “Insieme a tutti gli altri.”
“Andate subito,” disse il Maestro Grey, posando una mano sulla spalla di Devin. “Potrebbe non restare molto tempo, per nessuno di noi.”
“D’accordo,” rispose Devin, ma poi pensò per un momento. “C’è solo una cosa che devo fare prima.”
Quando Devin raggiunse gli alloggi di Lenore, aveva il cuore in gola. Non era sicuro che gli fosse neanche concesso di vederla, di restare solo con lei per parlarle, o… o cosa? Esprimere tutto ciò che provava? Dirle tutto nonostante adesso fosse una donna sposata?
Devin non lo sapeva. Non sapeva cosa dire o quanto lontano potesse spingersi. Sapeva solo che doveva fare qualcosa. Quindi era andato fino alle sue stanze e già quel gesto di per sé era strano. Non avrebbe dovuto essere negli alloggi di Finnal adesso che era sua moglie?
Restò ancora più sorpreso quando fu un’altra principessa ad aprire la porta, con una lancia in mano come potesse trafiggerlo.
“Chi sei?” domandò la Principessa Erin. “Cosa vuoi?”
“Va tutto bene, Erin,” gridò la voce di Lenore da dietro di lei. “È Devin, un amico di Rodry. Lascialo entrare.”
La Principessa Erin tornò a squadrarlo, come si aspettasse che Devin potesse all’improvviso estrarre un coltello e attaccare, ma poi arretrò.
“Immagino che sei un amico di Rodry, puoi passare.”
Devin non aveva mai visto l’interno delle stanze oltre la porta e, per un momento, quell’ambiente lo fece ritrarre. Seta blu si gonfiava in prossimità delle finestre di una zona giorno, mentre su uno dei divani, Lenore sedeva leggendo e una figura vestita da monaco sostava in piedi un poco più in là, apparentemente focalizzata su niente. Agli occhi di Devin, Lenore appariva più bella che mai; la delicata fragilità dei suoi tratti esibiva un nuovo tipo di determinazione dopo il rapimento, i suoi capelli quasi corvini erano raccolti indietro in un’acconciatura semplice, che in qualche modo le donava ancora più di quelle che in passato avevano richiesto sforzi estremi da parte delle domestiche, e i suoi occhi… Devin sentiva di poter restare immobile a fissarli per sempre.
“Devin,” disse, porgendogli una mano. Lo tirò a sedersi accanto a lei. “Mi fa piacere vederti. Non pensavo che saresti venuto qui.”
“Ho forse sbagliato a venire?” chiese Devin con un broncio. “Io… non vorrei causarvi dei problemi.”
Sapeva che non era normale che un giovanotto di bassa estrazione sociale come lui visitasse una principessa nei suoi alloggi. Non voleva fare niente che potesse portare alla disapprovazione per Lenore.
“No, sono felice che tu sia qui,” rispose lei, e il cuore di Devin saltò un battito. “Io… speravo che saresti venuto, ma pensavo che con tutto quello che hai da fare per il Maestro Grey, non avessi tempo. Pensavo che ti fossi dimenticato di me.”
“Non potrei mai scordarmi di voi,” rispose Devin, e poi rifletté su quelle parole. “Sono solo… Sono solo stato molto impegnato.”
“Deve essere strano lavorare per uno stregone,” replicò Lenore. “La spada che hai forgiato era bellissima, comunque. Sono sicura che Rodry l’avrebbe…”
Ingoiò l’ultima parola e Devin annuì, perché nonostante Rodry non fosse stato suo fratello, riusciva comunque a comprendere il dolore della sua perdita. “Grazie,” disse, perché se c’era una persona che voleva apprezzasse qualcosa che aveva fatto, quella era Lenore. “In realtà, questo è in parte il perché sono qui. Io… Il Maestro Grey mi sta inviando a fare un altro lavoro per lui. Non posso dire di cosa si tratta, ma starò via almeno per un poco.”
Era sconforto quello che Devin scorgeva adesso nei suoi occhi, o stava solo immaginando che lei provasse tutto ciò che sentiva lui al pensiero di non potersi vedere?
“Questo è… un peccato,” disse Lenore. “Mi fa sempre piacere averti nei pressi. Io… Io apprezzo averti qui.”
“Io apprezzo stare qui,” replicò Devin. “Ma credo di dover fare questa cosa e, prima di andarmene, volevo… Beh, volevo darvi una cosa.” Realizzò come suonava tutto ciò. “Voglio dire, perché il regalo nuziale che vi ho fatto ha finito per essere un regalo nuziale per vostro marito.”
“Mio marito, sì,” affermò Lenore come se, per un momento, si fosse quasi dimenticata di Finnal.
Devin colse la sua occasione ed estrasse un piccolo frammento di metallo stellare che era avanzato dalla forgiatura. Lo aveva lavorato, cercando di rafforzare la sua abilità nel processo, dandogli la forma di una serie di sfere a gabbia che si incastravano l’una nell’altra, ciascuna muovendosi liberamente dentro la successiva. Al centro, aveva incastonato un pezzo di vetro colorato, cosicché ogni movimento delle sfere del metallo stellare attorno a esso, cambiava il modo in cui la luce lo colpiva.
“Non è molto,” disse Devin. “Di certo non è comparabile a una spada, ma…”
“È bellissimo,” rispose Lenore, tenendolo nel palmo della mano. “Lo amo.”
Ed io amo voi, voleva dire Devin, ma non lo fece, non poteva. Non con una principessa; una principessa sposata, oltretutto.
“Lo terrò vicino per ricordo mentre sarai via,” aggiunse Lenore. “Lo custodirò con cura.”
“Questo è… Sono molto felice,” replicò Devin. Perché doveva essere così difficile trovare le parole attorno a lei? “Dovrei andare. Gli altri mi stanno aspettando.”
Prese fugace la mano di Lenore, cercando di definire se fosse appropriato o meno baciarla. Forse no; quindi si alzò e si diresse alla porta.
“Devin,” gridò Lenore prima che la raggiungesse. Lui si voltò, speranzoso. “Io… Mi mancherai mentre starai via.”
“Grazie, anche voi mi mancherete,” rispose e poi si precipitò fuori dalla stanza, maledicendosi a oltranza per non essere riuscito a dire l’unica cosa importante.
Di certo, qualsiasi cosa fosse successa là fuori cercando di raccogliere i frammenti… doveva essere più facile di questo?
CAPITOLO SETTIMO
Intrappolato in una tomba con un drago da una parte e gli Invisibili dall’altra, Renard si era trovato in situazioni più scomode. Non gliene veniva in mente neanche una, ma era certo che dovessero esservene.
In teoria, certo, poteva rendere l’intera questione molto semplice: poteva aspettare che il drago se ne andasse e poi uscire per incontrare gli Invisibili. Tutto ciò che doveva fare, era porgere loro l’amuleto che anche adesso drenava le sue forze come un foro sul fondo di un serbatoio.
Non poteva farlo, però. Al contrario,