Il Gioco Di Casper. Charley Brindley

Il Gioco Di Casper - Charley Brindley


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La ragazzina fissò il suo cellulare, a bocca aperta.

      “Boom, Boom,” disse Bell. “Sembra che la tua Carrier Eisenhower abbia appena incontrato la sua fine, la sua fine.”

      “Porca miseria!” disse Millie.

      “Bada a come parli, ragazzina,” disse qualcuno.

      Alzarono lo sguardo dai cellulari per vedere Jennifer avvicinarsi al tavolo.

      “Oh, bene,” disse Bell a Millie. “Ora finalmente mi libererò di te.”

      “Mamma, mi ha affondato le mie migliori astronavi.”

      “Oh, poverina.” Bell le sventolò i pugni davanti agli occhi. “L’ammiraglio Millie Bligh sta per mettersi a piangere.”

      La dodicenne premette un bottone sul cellulare. Io posso anche mettermi a piangere, ma una delle tue navi sta andando a fondo. Dì al tuo Submarine Styx di guardarsi le spalle.”

      ‘BLAST, BANG, CRASH,’ si sentì dagli altoparlanti del telefono di lui. “Maledizione. Questa ragazzina non dovrebbe essere a scuola?” Bell alzò lo sguardo dal telefono per sorridere a Millie.

      “Sto facendo scuola di guerra navale a te,” disse lei.

      “Questa sembrava più una lotta tra due ombelichi,” disse Bell.

      “Grazie per aver badato alla mia bambina, Bell,” disse Jennifer. “La signora Stratford è dovuta andare a una visita di controllo stamattina. È tornata ora.”

      “Ha.” Millie rise. “Ci si potrebbe chiedere chi abbia badato a chi.”

      Millie Fischer

      “Bene, è finita,” disse Bell. “La tua nave dei rifornimenti Marilyn Gotham sta andando a fondo.”

      Jennifer si sedette accanto a Bell. “Ti ho mai ringraziato per il mio posto di lavoro in cucina?”

      Bell guardò i suoi occhi castani contornati da piccolo rughe, poi le sue labbra piegate in un sorriso. “Non penso,” sussurrò.

      “Bè, dovrò trovare un modo per dimostrarti il mio apprezzamento.”

      “Non vedo l’ora.”

      “Penso che mi metterò a vomitare,” disse Millie.

      “Per favore,” disse Bell senza guardarla, “non sul tavolo o sulla borsa.”

      “La porto a casa,” disse Jennifer, “poi tornerò per l’evento di stasera.”

      “Ti piace essere un’assistente pasticcere?” chiese Bell.

      “Lo adoro, e Maxine, il sous chef, dice che potrò lavorare come pasticcere tra pochi mesi.”

      “Dopo,” disse Millie, “avrà il tuo lavoro. Ding, dong, Bell, whose odor we hate to smell (il cui odore odiamo annusare).”

      “Oh, quanto adoriamo Millie, che vorrei fosse morsa da un collie.”

      “Un collie?”

      Bell si strinse nelle spalle. “Fa rima.”

      “A malapena.”

      Jennifer diede un colpetto sulla spalla di Bell e si alzò dal tavolo. “Pronta per andare a casa, piccola?”

      Millie prese il telefono, si alzò dal tavolo, poi si avvicinò per baciare Bell sulla guancia.

      “Tieni le tue zampacce lontano dalle mie navi,” disse lui.

      “E tu tieni lontano gli occhi da mia madre.” Ghignò. “Ciao ciao, Mister Bell, and watch out for an incoming shell (e guardati le spalle da un incombente conchiglia).”

      Dopo che le due se ne furono andate, aprì il suo iPad per lavorare sul progetto Ashton.

      Cinque minuti dopo, il suo telefono tornò a farsi sentire. ‘BOOM! BOOM! BOOM!’

      “Porca merda. Tutte e tre le mie navi?”

* * * * *

      “Sei arrivata presto oggi,” disse Bell.

      “Semplicemente non riuscivo a stare lontano da te,” la bella biondina si sedette accanto a lui. “Wow, che bella casa.”

      “Sì, Gigi, ma non è ancora una casa. Solo schizzi a matita e cianografie.” Si allungò per toccarle i capelli. “Bel cambiamento. Mi piacciono le ciocche più scure sotto.”

      “Grazie.” Si sistemò i lunghi ricci dietro le spalle. “Le porte del garage che si aprono di lato rendono più grande il retro della casa. Quanti metri quadri di spazio calpestabile sono?”

      “Circa settantacinque.”

      “Cucina a isola. Carina.”

      “Certo, ma il cablaggio è un po’ complicato.”

      “Fallo passare dalla lastra. Si può far correre una conduttura in PVC quando sistemerete l’impianto idraulico e i tubi di scarico nel calcestruzzo.”

      “Buona idea,” disse Bell. “Come fai a sapere delle condutture in PVC?”

      “Ho fatto un semestre di idraulica.”

      Nadia si avvicinò al tavolo. “Che cosa posso portarle, Gigi?”

      “Solo succo d’arancia, Nadia. Troppo presto per la roba forte.”

      “Okay. Posso sostituire la tua soda con una fresca, Bell?”

      “Certo, grazie.”

      Nadia se ne andò per preparare i drink.

      “Per chi stai progettando questa casa?” chiese Gigi.

      “Uhm, un cliente.”

      “Davvero? Allora sei architetto nel tempo libero?”

      “Libero da cosa?”

      “Essere il conduttore del gioco per il Ringmaster, immagino. Cos’altro sei?”

      Nadia portò loro i drink, e Gigi le diede venti dollari.

      “Li tenga,” disse Gigi. “Sta risparmiando per la retta, vero?”

      “Al momento in realtà sto risparmiando per laConEd prima che mi stacchino la luce.”

      “Buona idea,” disse Gigi. “Se le dessero una paga decente, potrebbe risparmiare per l’università.”

      Nadia guardò Bell. “Sono felice che mi paghino diciotto dollari l’ora, più le mance.”

      “Hmm, non male. Chi è il manager? Forse potrei trovare un lavoro part time.”

      “Il dovere mi chiama.” Nadia corse verso un tavolo vicino.

      “Pensi che potrei trovare lavoro part time, Bell?” chiese Gigi.

      “No. Troppo qualificata.”

      “Lo prendo come un complimento.”

      “E infatti lo era.”

      “Vedo che il vaso di Blinker è già pieno.”

      “Settemila, finora. Giochi stasera?”

      “Diavolo, certo. Ho già guadagnato quindicimila dollari con il tuo gioco. Potrei anche vincerne altri. Mi piacerebbe ritirarmi dagli affari.”

* * * * *

      Leticia portò le buste alle nove.

      “Ehi, vecchio,” disse. “Come va?”

      “Bene,” disse, “finché non mi hai chiamato vecchio.’”

      Leticia lo abbracciò e appoggiò la testa sulla sua spalla. “‘Vecchio’ non sempre significa ‘vecchio.’”

      “Questo mi fa stare meglio, o quasi.”

      “Quante stasera?” chiese Gigi quando si avvicinò al tavolo di Bell.

      Leticia si stucco da Bell. “Pensavo che avesse lasciato la città.”

      “L’ho fatto,


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