Gli albori della vita Italiana. Autori vari

Gli albori della vita Italiana - Autori vari


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Se ne parlava dappertutto, nei crocchi degli sfaccendati, come ai domino serali dei professori dell'Istituto Superiore, ai five o'clock tea delle più fashionables forestiere, come ai pranzi spirituali delle duchesse. Gli scolari chiedevano alla capitale o in provincia una tessera di giornalista per esservi ammessi; i giornalisti soli si dolevano di non poter essere, almeno una seconda volta, scolari.

      Il primo marzo alle 3 pomeridiane precise, Olindo Guerrini saliva trepidando sulla cattedra improvvisata nella sala Ginori e sedutosi per leggere il suo Preludio, onde iniziavasi la serie delle Letture, si guardò intorno con occhi spauriti. Gli s'affollava da presso e lo stringea d'ogni parte una folla di ascoltatrici e d'ascoltatori curiosi, un pubblico da dar soggezione ai più esperti e da far subito desiderare a qualunque oratore di poter lì per li scomparire. Davvero meriterebbe uno studio particolare l'uditorio di quella sala, composto com'era di quanto ha Firenze di più culto ed eletto. Abbozzare qualche ritratto sarebbe indiscretezza; dirò soltanto che c'eran signore d'ogni età, d'ogni classe, d'ogni nazione, giovinette studiose che non perdevano una sillaba di quanto sentivano, gentildonne rinomate per genialità di studi e per eleganza di non studiati pensieri, donne ammirate per opere d'ingegno e per amore alle arti, volti sbiancati dagli anni ma cari e venerandi, volti rosei e sorridenti nella primavera della vita e ne' trionfi mondani, volti eburnei di fanciulle dallo spirito arguto, chiome nere con qualche filo d'argento, chiome sfidanti l'ala del corvo, o rutilanti come l'oro liquefatto o bionde come le spighe mature; occhi stellanti fatali ai poeti, e poeti co' baffi appuntati, e senatori veleggianti nel mare dei sogni entro le punte d'un solino, e giovinotti azzimati col fiore all'occhiello, e scolari, e artisti, e ufficiali, e barbe e occhiali di professori....

      Le conferenze ebbero sempre questi giudici che non disertarono il campo. Conosco signore che si fecero scrupolo di mancare una sola volta; altre che vennero da lontano per assistervi; altre e moltissime che rimasero col desiderio, e scrivevan lettere alle amiche per aver compiuti ragguagli. Ma dei singoli oratori non parlo: l'opera che tutti insieme questi valenti ingegni hanno compiuto è una splendida pagina della nostra storia, da essi rimessa in luce. Gli Albori che si distinguevano a mala pena di mezzo alle oscurità delle origini, son ora rischiarati dalle indagini e dalla dottrina d'uomini per i quali il sapere è professione; ed ora il bel volume edito dai Treves appagherà il desiderio di quanti non poteron ascoltare questi artisti della parola.

      Io non farò che enumerarli. Al Guerrini, nel cui volto tutti cercavano i lineamenti ideali di Lorenzo Stecchetti, successe l'onorevole Romualdo Bonfadini che svolse la prima parte del tema Le Origini dei Comuni Italiani. Parlar di Milano fu per lui facile assunto, e più facile ancora incatenare gli uditori con parola fluida ed ornata. Alto della persona, con una voce baritonale, col gesto largo e l'aspetto d'un padre nobile, riaffermò la riputazione ormai assodata di parlatore valente. Venezia e le repubbliche marinare era la seconda parte del tema sulle Origini dei Comuni e toccò a Pompeo Gherardo Molmenti, che la trattò con finezza d'artista e con quella signorile eleganza ch'egli sa mettere in ogni cosa. La terza parte: Firenze, fu il trionfo del Villari che, come pensatore profondo, come oratore appassionato ed efficace, ebbe un de' maggiori successi di che possa andar lieto. Salito sulla cattedra, riuscì subito ad affascinare il pubblico con la vivezza del dire improvviso e la chiarezza del ragionamento. Il Villari non è un dicitore studiato: la sua eloquenza è tutta cose, e prorompe dalla profondità del sentimento, dalla convinzione della verità di quanto afferma. Lo chiamerei un oratore all'inglese, perchè appunto sdegna i piccoli artifizi della rettorica e, come il suo grande maestro De Sanctis, fa consistere tutta l'arte nella sincerità e nell'onestà del pensiero.

      Le Origini del comune di Firenze, che posson credersi un soggetto arido e freddo, appena tollerabile per un erudito, furono per lui tema di splendide considerazioni storiche, dalle quali assurse a concetti nobilissimi sulla società umana e sulla moralità sociale. Gli uditori scaldati a quell'onda di vivide e calde parole, salutaron con applausi entusiastici l'illustre autore del Savonarola, del Machiavelli e delle Lettere Meridionali che avea trovato in quell'ora, dinanzi a così eletta adunanza, le note più squillanti e più umane della sua eloquenza d'artista.

      Alle Origini dei Comuni successero le Origini della Monarchia in Piemonte ed a Napoli. Dovea parlare del Piemonte Giuseppe Giacosa; ma, impeditone da malattia, fu sostituito egregiamente dal Bonfadini che ebbe un'altra volta liete e cordiali accoglienze. Di Napoli lesse più tardi, quando fu rimesso in salute, Ruggiero Bonghi che svolse il tema al solito con molta e soda dottrina.

      Le origini del Papato e del Comune di Roma dettero modo ad Arturo Graf, al poeta di Medusa, all'autore del Diavolo, professore nell'Università di Torino, di mostrare com'egli sappia accoppiare una straordinaria cognizione dei fatti con una non comune facilità d'esposizione. Pio Rajna, la cui dottrina di filologo è pari soltanto alla nobile rigidità del carattere, parlò delle Origini della lingua Italiana con autorità di scienziato e con garbo di artista, rendendo accessibili le più difficili ed intricate questioni. A Francesco Schupfer le Università Italiane ed il Diritto dettero agio di esporre molte nuove e sapienti vedute intorno al grave e importante argomento. Il professor Felice Tocco, parlando da maestro degli Ordini religiosi e dell'eresia, confermò la sua fama di pensatore originale e profondo e di geniale espositore.

      Le due letture che seguirono, quella del professore Adolfo Bartoli sulle Origini della Letteratura Italiana e quella di Enrico Panzacchi, furono, con l'altra del Villari, giudicate bellissime fra le più belle di questa serie. Il Bartoli lesse, con limpida dizione, alcune splendide pagine che compendiano mirabilmente quant'egli ha scritto in molti e pensati volumi. Il Panzacchi con una calda improvvisazione trattò delle Origini dell'arte nuova, e il poeta bolognese non fu mai come quel giorno ispirato ed eloquente. Quando ebbe finito gli fu fatta una vera ovazione, e le signore lo circondarono come volessero rapirlo.

      Una bella lettura del prof. Giacomo Barzellotti sulla Filosofia e le scienze nel periodo delle origini, in cui con forma chiara ed artistica si spiegano i più astrusi problemi onde le menti umane erano allora affaticate, e un meraviglioso Epilogo di tutte le dodici letture, nel quale Ernesto Masi dimostrò d'essere ad un tempo pensatore profondo e dicitore elegante, chiusero la Prima serie dedicata agli Albori, il 19 di aprile.

      Quel giorno un cartoncino stampato con tutti i lenocinii dell'arte e distribuito alle ascoltatrici e agli uditori plaudenti, annunziava per l'anno venturo una nuova serie di letture sulla Vita Italiana nei secoli XIII e XIV. Il roseo manifesto porta anche la firma del marchese Carlo Ginori chiamato, per le sue benemerenze, a far parte della Società promotrice di pubbliche letture.

      Così andò, e — lasciatemelo dire — andò proprio bene!

      Guido Biagi.

       Indice

      DI

       OLINDO GUERRINI

      Quando, egregie signore e signori, quando l'autore ha compiuto l'opera, allora comincia a pensare alla prefazione. Così il signore Iddio, dopo aver creato dal nulla l'Universo, pensò alla prefazione — all'uomo — e lo creò ultimo, a propria imagine e somiglianza. Ma il pubblico, che non è iniziato ai misteri della tecnica d'arte, e ignora, per fortuna sua, con quali artifizi si costruiscono un libro o un dramma musicale, crede ingenuamente che l'opera sia stata pensata ed eseguita in quella stessa successione di tempi e di idee in cui la trova disposta. Crede cioè che l'autore abbia cominciato dal principio e finito colla fine; e che la prefazione o il preludio, che stanno sul limitare del libro o del dramma, sieno stati i primi, in ordine cronologico, ad esser composti.

      E il buon pubblico erra. Che se, del resto, ragionasse soltanto per analogia, si convincerebbe subito che una gran parte delle faccende di questo mondo, contro ogni canone apparente di logica, non cominciano dal principio. Sembra un paradosso, ma è un fatto di tutti i giorni. Quante spese, per esempio, fatte prima d'avere i denari! Tutta la teoria del credito è fondata appunto su questa facoltà particolare dell'uomo di poter cominciare dalla fine. Quanti dottori esercitano la professione


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