Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi

Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi - Francesco Domenico Guerrazzi


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che deva farsi in così grave e solenne circostanza.»

      Il Monitore, il processo verbale della Seduta, non notano che d'ora in poi il Popolo interrompesse. La storia della Seduta raccolta dagli stenografi, e compilata dai segretarii presenti, deve preferirsi a reminiscenze talora inesatte, qualche volta sleali.

      Questi Documenti diranno come il Popolo due sole volte disapprovasse il signor Viviani, Deputato di molto seguito, e tutti gli oratori, compreso il signor Corsini, applaudisse. Io non apersi più bocca; assai e troppo l'avevo aperta per mettere in compromesso la mia sicurezza; e quando avessi voluto, non lo avrei potuto, tanto mi sentiva rifinito di forze.

      Il Deputato Socci fa la proposta che venga eletto un Governo Provvisorio, nel modo che domanda il Popolo di Firenze. Il Deputato Trinci censura il Popolo per avere preoccupato il voto della Camera venendo a proclamare il Governo Provvisorio, ma conforta a rispettarlo: ambedue questi Deputati dichiarano il Paese senza Governo, la necessità di crearlo, l'ordine pubblico gravemente minacciato. Il Deputato Corsini conviene della gravissima condizione del Paese, e della necessità di supplire al suo Governo con un Governo Provvisorio; aderisce con intero e libero suffragio alla elezione degli uomini distinti che si vorrebbero nominare, solo desidera aggiungervi il Gonfaloniere di Firenze, e Ferdinando Zannetti. Trinci replica che gli eletti potranno aggiungersi coloro che meglio penseranno, non volendo imbarazzare con nomi la libertà che intendeva lasciare pienissima, come pienissima era la sua fiducia, ai tre membri del Governo Provvisorio. Il Deputato Cioni rigidamente pone la quistione che si voleva lasciare velata: Ai termini delle Leggi costituzionali, mancato un Potere, gli altri cessano. Noi non siamo rappresentanti, ma potremo votare come semplici cittadini. Un Governo di 3 o di 5 è cosa indifferente, purchè questo Governo assuma sopra di sè il Governo di tutto il Paese, e pensi a convocare i Comizj, affinchè un'Assemblea nazionale provvegga a' destini del Paese. Viviani combatte il Cioni, e sostiene la mia opinione, che i Deputati rappresentano tutta Toscana, non il solo Popolo di Firenze, il quale non può presumere di rappresentare Toscana intera; però conviene che, mancato un Potere, cessino gli altri; solo restringe la rappresentanza dei Deputati alla facoltà d'istituire un Governo Provvisorio. Insiste su la necessità che i Deputati concorrano col voto a confermare il Governo Provvisorio, affinchè le Provincie lo accettino, e non rimproverino i loro Deputati, reduci a casa senza avervi cooperato. «Non dire questo (egli professava) per amore alla Deputazione perpetua, ma perchè ognuno deve, con freddo coraggio, eseguire il mandato del Paese, e non disertarne la causa, anche sotto lo impero della forza. Quando il Governo sarà consolidato col voto indipendente di tutti noi, io sono il primo a dire che la Camera è sciolta, e che ognuno deve tornare alla vita privata.»

      Chi pone fine alla discussione? forse il Popolo? No: il Monitore non lo dice; dice, all'opposto, che la proposizione di troncarla venne dal Trinci, il quale, per amore del Popolo e per la imponenza dei casi, vuole si scenda a deliberare. «Il Governo Provvisorio scioglierà la Camera, se lo reputerà convenevole, e allora lo scioglimento sarà legale; non s'imbarazzino le sue attribuzioni; la Camera ha dato ai tre individui, che vogliamo al Governo Provvisorio, segni non dubbii di fiducia: riposiamoci nelle loro braccia

      Zannetti aderisce a Trinci, e invoca solleciti provvedimenti. «Urge, egli dice, una circostanza che non bisogna nasconderci. Il Popolo, in piazza, attende vedere i membri del Governo Provvisorio. Il Popolo non si frena; però questi tre componenti il Governo Provvisorio, approvati dalla Camera, discendano a mostrarsi al Popolo, e gli dicano: Popolo, unione, rispetto alla proprietà, rispetto agli uomini

      Tre Deputati insistono per la immediata votazione. Il Corsini aderisce anch'egli. Allora soltanto, il Popolo, plaudente, grida: ai voti, ai voti. — Però quattro Deputati energicamente insistono a dichiarare che ogni Potere è sciolto, che non sono più rappresentanti, e tali diventeranno quando eletti dal Suffragio Universale; — tre votano come cittadini, uno ricusò votare. Segue la votazione; nessun voto è contrario. Io taccio sempre, e, prima di accorgermene, vengo preso, aggirato, passato di braccia in braccia, fino in piazza, rovesciato a terra, e in pericolo di essere calpestato dalla folla delirante, se molti, con furia di spinte e di gomiti, non mi salvavano. Il Monitore dell'8 febbraio, narrando il fatto, dice che fummo portati, e dichiara la verità.

      Ora, può egli ritenersi in coscienza che io col Niccolini e co' suoi compagni mi fossi indettato? È egli vero o no che la Seduta dell'8 febbraio ebbe due periodi, procellosissimo il primo, per mia virtù composto, il secondo tranquillo? I miei conati furono diretti a esporre i miei Colleghi alla violenza, o non piuttosto a confortarli e metterli in condizione di opporsi alla furia irrompente del Popolo? Alla discussione pose termine il tumulto, o veramente il consiglio gravissimo di non lasciare il Popolo senza freno, ed il timore, ch'egli, riputandosi sciolto da qualunque governo, non precipitasse in enormezze contro le proprietà e le vite dei cittadini? Chi dirà che i Deputati furono costretti a votare, se molti ebbero facoltà di uscire, dei quali taluno tornava e tale altro no? Chi dirà i Deputati costretti a votare, se la volontà del Popolo era che non votassero, e dalla sala partissero? Chi dirà i Deputati costretti, se alcuni protestarono votare come semplici cittadini, e tali altri si astennero? Chi si assume il tristo diritto di deturpare, alla faccia del mondo, nomi chiarissimi e strascinarli nel fango come di uomini senza fede, sostenendo che mentirono quando ultronei dichiararono di dare il voto con intero e libero suffragio, e non volere disertare la causa pubblica neanche sotto lo impero della forza, e intendere far prova di freddo coraggio? Come può con pudore affermarsi che le attribuzioni del Governo Provvisorio dall'Assemblea s'intendessero limitate, quando non si volle appunto con limiti importuni imbarazzarlo, quando gli concessero libertà pienissima, quando di riporsi affatto nelle sue braccia protestarono? Come, che non gli si commettesse di consultare il Paese col suffragio universale, quando si legge che politicamente fu eletto appunto per questo? — Quanti foste presenti allora, benevoli o malevoli, venite e attestate con la mano sul cuore, se, il Paese stava o no in procinto di sobbissare: attestate s'era pericolo raccattare il Potere caduto in piazza, e se fu merito contenere le turbe furibonde! Attestate se pochi cenciosi fanciulli vi spaventarono, oppure moltitudini imperversanti e diverse! Dite, onesti colleghi: è vero o no, che temendo la ultima ora venuta della società, mi prendeste a mezza vita e mi gettaste in piazza dicendomi: «salvaci o muori?»

      Havvi tale che suppone tutti i miei sforzi tendessero a circondare la violenza popolana con sembianze di legalità. Questa supposizione, comecchè ispirata da sensi a me punto benigni, è vera. Il Popolo era padrone quel giorno; ora, se da lui solo muoveva la elezione del Governo Provvisorio, questo avrebbe dovuto, per necessità, eseguire in tutto e per tutto il plebiscito decretato sotto le Loggie dell'Orgagna, e la rivoluzione si compiva. All'opposto, il Governo Provvisorio, appoggiandosi ad altra origine, e sopra un altro mandato fondandosi, non ristretto al Popolo fiorentino, ma esteso a tutta Toscana, rappresentata dai suoi Deputati, creava lo impedimento giuridico di sottostare al plebiscito. Più tardi vedremo i pubblicisti della rivoluzione sostenere acremente questo tema, e il Governo, opponendogli sempre la doppia origine e il mandato della Rappresentanza Nazionale, dichiarare che niente dovesse innovarsi senza il consenso di tutto il Paese. — La Costituente salvò la Toscana dalla Repubblica, o, a meglio dire, dalla Demagogia.

       Ogni altro concetto a chiara prova è assurdo, e dimostra stupido e bieco ingegno tanto in cui lo esprime quanto in chi lo crede, o piuttosto finge di crederlo. Invero, dove non fosse stato pel fine poi oltre avvertito, da quando in qua la rivoluzione, che consiste nel sovvertimento delle forme legali, implora il battesimo della legalità? La rivoluzione nasce dalla forza, e in quella si appoggia. Se la forza si mantiene per essa, dura, e si costituisce una legalità nuova; o la forza l'abbandona, e allora, che le giovano non solo le forme più o meno legali di cui seppe circondarsi, ma le promesse eziandio, le convenzioni e i trattati? La rivoluzione dal conservare tutte o parte le istituzioni che ha osteggiato, tutti o parte gli ufficiali del Governo caduto, non ricava forza; all'opposto debolezza, e questo è facile ad intendersi.

      Il Decreto del 10 giugno 1850 affermava che io mi condussi ad arringare: osservai, ch'egli era il bel sollazzo davvero buttarsi là, per le angustie di scale lunghissime, in mezzo alla folla imperversata, la quale, se nemica, ti opprime per odio; se


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