Fiore di leggende. Anonymous

Fiore di leggende - Anonymous


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vi cadde Gherardino e Marco.

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      Ciascun ronzino pel fiume fuggiva,

       e' cavalier' l'un l'altro non vedea.

       Cosí ciascun tornando inver' la riva,

       la sua disaventura ognun piangea.

       Ed in quel tanto una donna appariva

       in una navicella, e si dicea:

       —Deh, come ti sta bene ogni mal c'hai,

       Bel Gherardin, po' che voluto l'hai!—

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      E nella nave Bel Gherardin chiama, e medicollo, ch'avea sconcio il braccio, e disse:—Io son scrocchia della dama; per lo suo amor ti fo quel ch'io ti faccio: però che soe ch'ella cotanto t'ama, sí ti volli cavar di questo laccio.— Ad una ròcca, che era in mar, menolli; dentro v'entrâr cosí fangosi e molli.

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      La dama si partie; e quel valletto riman con Marco Bel malinconoso; e riguardandosi l'un l'altro il petto, e Gherardin veggendosi fangoso, uscí fuori ed entrò in uno barchetto sol per lavarsi dov'era terroso. E come la nave fue di lui carca, una fortuna menò via la barca.

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      E la donzella fu tanto maestra, che gli fe' pace far colla scrocchia; poi si partine valorosa e destra, ed entrò in mare e fu presso alla ròcca e chiamò Marco, ch'era alla finestra, a maggior boce che l'uscíe di bocca: perché Bel Gherardin non v'avea scorto, fra suo cuor disse:—Questi fia morto!—

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      Quando ella ne la ròcca fue entrata,

       trovoe Marco far sí gran lamento.

       Ella diceva:—Oh lassa isventurata!

       ov'è lo mio signor, che io nollo sento?

       Or ben si crederá la Bianca Fata,

       ch'io l'abbia fatto questo a tradimento!

       Dimmi che n'è, o io m'uccideraggio.—

       Ed e' rispuose:—Ed io vel conteraggio.

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      Vedendosi fangoso, come adviso —disse il donzel, battendosi la gota,— e' si volea lavar suo' mani e viso, che si n'era cotanto pien di mota. Guardandol io da la finestra a fiso, entrar lo vidi in una barca vota; e come vi fu dentro, in fede mia, una fortuna venne, e menòl via.—

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      Disse la dama:—Non ci diam piú ira, e mise Marco Bello entro la nave; e, navicando, tanto fiso il mira, ch'Amor nel cor ne le mise una chiave; sicché, parlando, per amor sospira. E, ragionando, per lo mar soave, la barchetta in una isola percosse, sicché la dama tutta si riscosse.

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      E Marco Bello, che di ciò s'avvide, che la donzella avíe avuta paura, co' lei insieme forte se ne ride, e dice:—Or, donna mia, te rassicura, ch'io t'imprometto, ch'amor mi conquide, se io non godo tuo gentil figura.— E poi discese in terra quel donzello, ed appiccò la nave a un albuscello.

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      E la donzella del legno discese, che forse voglia di lui n'hae maggiore, e contra a lui niente si contese: in su l'erbette sopra al bianco fiore Marco Bello di lei diletto prese molte volte, baciandola d'amore. E poi andaron nella navicella per ritornare alla Bianca donzella.

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      La fata, che gli aspetta con letizia, e lo Bel Gherardin co' lor non vede, nello suo cuor sí n'ebbe gran tristizia, e che fie morto veramente crede: ma, pur udendo che sanza malizia l'aqua sí 'l n'ha menato, si die' fede che fosse vivo, cosí fatto stando; e stette insin che fu compiuto l'anno.

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      E lo Bel Gherardin, per la fortuna, al porto d'Allessandria fu arrivato, lá dove molta gente si raguna. In quella notte il mare fue crucciato: non si vedea, tanto era l'aria bruna. In quella terra cosí era usato, che, se v'arriva niuno cristiano, si egl'era imprigionato dal Soldano.

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      In quella notte fûr presi e legati, e fûr menati davanti al signore, e comandò che sieno imprigionati tutti i cristian per maggior disinore. Cosí ne fur nella prigion serrati tutti i cristian ciaschedun a furore. Gherardino dall'un canto si stava, e mai nel viso non si rallegrava.

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      E quando venne terza, la mattina, una che dava mangiare a' prigioni, che per usanza mandava la Reina di quel che mangiava ella e i suoi baroni, e lo Bel Gherardin per cenno inchina: —Dimmi chi se', e vo' che mi perdoni.— Et e' rispuose molto volentieri: —Io sono un damicel che fu pres'ieri.—

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      E la donzella a casa fu redita, e disse a la reina di costui: —Madonna mia, in tempo di mie vita non viddi un bel donzel come colui!— E come ella ebbe la parola udita, subitamente innamoròe di lui, e fecelo venire a sé davanti, ed e' s'inginocchiò con be' sembianti.

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      Ed ella, raguardandol nel visaggio, sí 'l domandò:—Sapresti tu servire?— et e' rispuose:—Molto di vantaggio, di coppa e di coltel me' ch'altro sire.— Ed ella, lo veggendo tanto saggio, si 'l dimandòe, se vuole ubbidire. Ed e' rispuose:—Molto volontiere farò, madonna, ciò che v'è in piacere.—

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      Cosí fu Gherardin suo servidore, che di tale arte era molto sottile: e quel signor gli puose molto amore, che quasi tutti gli altri tenne a vile. E la reina ne 'nfiammò nel core, perché ella il vedea tanto gentile. Ella li disse:—Il tuo amor mi bisogna!— Egli rispuose con molta vergogna:

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      —Io v'addomando e cheggio perdonanza, ch'i' non farei tal fallo al signor mio.— Ed ella il prese con molta baldanza, dicendo:—Se non fai quel ch'io disio, io griderò, che non è mia usanza, e farotti morire, in fé di Dio.— E in quel punto gli gittò il braccio in collo; e cosí il prese per forza e baciollo.

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      Ed e', veggendo che non può stornare che egli non faccia il suo comandamento, fra suo cuor disse:—E' mi convien pur fare, ed io ne vo' fornire il suo talento.— E sí la prese sanza piú indugiare; del gran disio, ch'è pieno d'alimento, al suo voler di quelle rose colse, e poscia per piú volte se ne tolse.

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      Istando Gherardino in tale stato, la Fata bianca fa di lui cercare. Quando ella vede che non l'ha trovato, disse:—Al postutto io mi vo' maritare, perch'ella vede che l'anno è passato, che per sua donna la dovíe sposare. Allor per tutto il mondo il bando manda; gli amici priega ed i servi comanda,

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      da parte de la Fata, che si mostra, ch'ogni prode uomo e di grande ardimento de l'arme s'apparecchie e facci giostra, e per combatter vada al torniamento. E chi avrae l'onor di quella giostra, la sposerae con grande adornamento; siccome "re signore" fia chiamato, a la donzella insieme incoronato.

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      Quando il soldano udí quel bando andare per Alessandria, mosse con sua gente, e lo Bel Gherardin volle menare. E' non volea, per essere ubidente. Quando fu ito, incominciò a parlare a la reina molto umilemente: —Datemi la parola, alta reina, ch'io vada a quello stormo domattina.—

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      Disse la dama:—Avresti tanto ardire che tu ti dipartissi e me lasciassi? Ma volentier vi ti lascerei ire, se io ne credessi che tu a me tornassi.— Ed e' rispuose:—Dama, a lo ver dire, non potrebbe stornar ch'io non v'andassi, che io credo sposar quella fanciulla: di ritornar non v'imprometto nulla.—

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      Quando ella vide ch'elli n'era acconcio d'andare a quello stormo sanza fallo, sí gli rispuose, portandoli broncio: —Sanza te, mai non avrò buono stallo. Ma ben che la tua andata mi sia sconcio, io pur ti donerò arme e cavallo; ma tu mi giurerai, se Dio ti vaglia, d'uccidere il soldan nella battaglia.

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